Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA X
 
 POLIFONTE e suddetti
 
 POLIFONTE
 Dato dal ciel ricuserai lo sposo?
 ARGIA
 Il mio sposo è già scelto. Amor v’applaude;
365il genitor lo approva e Argia l’adora.
 POLIFONTE
 Ma tel contrasta il fato.
 ARGIA
                                            E chi l’intende?
 POLIFONTE
 Chiaro ei parlò.
 ARGIA
                                L’umano intendimento,
 dove il ciel parli, è tenebroso e cieco.
 POLIFONTE
 Più cieco egli è dove l’appanni amore.
 MEROPE
370Pel caro figlio ella piagato ha il core. (A parte)
 ARGIA
 Sì, Epitide a te figlio, a te sovrano (A Merope e poi a Polifonte)
 è la face onde avvampo.
 Non v’è re, non v’è nume
 sopra la libertà del voler mio.
375Dillo amor, dillo orgoglio.
 Sono Argia. Son regina. Amo chi voglio.
 
    Arder voglio a quella face
 che mi strugge e che mi piace;
 e a mio gusto, a mio talento
380amar posso e disamar.
 
    Su quel libero volere
 che ne l’alme il cielo imprime,
 il destin non ha potere
 che lo sforzi a non amar.