Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA III
 
 POLIFONTE e TRASIMEDE uscendo dal tempio con seguito. EPITIDE in disparte. Polifonte va a sedere sul trono
 
 POLIFONTE
 Stanco, popoli, è ’l cielo
 de le lagrime nostre.
 Le vittime ei gradì. Lieti ne diede
 la vampa i segni e fausti
115l’esaminate viscere gli auspici.
 Che più? Placato il nume,
 chiaro parlò! Tu del voler celeste
 leggi qui, Trasimede, il gran rescritto;
 ed intanto respiri
120dal passato spavento un regno afflitto. (Porge a Trasimede la risposta dell’oracolo e Trasimede legge)
 TRASIMEDE
 «Ha Messenia due mostri. Oggi ambo estinti
 cadranno, un per virtude, un per furore;
 restino poscia in sacro nodo avvinti
 l’illustre schiava e ’l pio liberatore».
 POLIFONTE
125Udiste? Or chi ne l’alma
 nutre spirti guerrieri e chi nel braccio
 tiene valor, vada, combatta e vinca.
 La sua virtù rinforzi
 con la voce del nume e col sicuro
130piacer di un premio illustre.
 Che se pur tra’ messeni
 non v’è core sì forte, alma sì ardita,
 v’è Polifonte. Egli esporrà per voi, (Si leva in piedi)
 non re ma cittadino, e sangue e vita. (E discende dal trono)
 EPITIDE
135Ne la sua vita espor non dee chi regna (Epitide si avanza)
 la salvezza comun. L’orride belve
 affronti anima forte,
 non regal braccio; e se a Messenia ardire
 manca e virtude, io, sire,
140giovane qual mi vedi, inerme e solo,
 tanto osar posso. Imponi
 ch’io là sia tratto, ove si pasce il fiero
 cinghial di mille stragi.
 L’abbatterò, non primo
145trofeo de la mia destra.
 E se cadrò, Messenia
 mi darà lode; e fia
 ch’ella di pochi fiori
 a me sparga la tomba e l’ossa onori.
 POLIFONTE
150Giovane, o sia che troppo
 di te presumi o che gli dei tu siegua
 già impietositi, ai vili
 fia stupore il tuo esempio, invidia ai forti.
 Molto a te dee Messenia,
155nulla tu a lei. Straniero
 ai panni, al volto, al favellar tu sembri.
 EPITIDE
 Etolia, Argo, Micene e quanto è Grecia,
 tutto è patria a chi è greco. Io greco sono;
 né per lieve cagion qui trassi il piede.
160Più dir non posso. Alora
 che dal cimento io vincitor ritorni,
 saprai qual sia, perché ne venga e donde.
 POLIFONTE
 Custodi, olà, si scorti
 questo prode in Itome. Ivi, se al vanto
165risponde l’opra, è tuo il trionfo e tuo
 il premio ne sarà.
 EPITIDE
                                   Premio non cerco.
 Cerco un popolo salvo; e meco porto
 le speranze d’un regno.
 TRASIMEDE
                                             Un dì tal vide
 forse la Grecia il giovanetto Alcide.
 EPITIDE
 
170   Furie superbe
 di mostro orrendo,
 vi abbatterò.
 
    E andar mordendo
 i sassi e l’erbe
175vi mirerò. (Parte con due guardie di Polifonte)