Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 Altezza,
    la libertà, ch’io mi prendo di mettere il nome glorioso di vostra altezza in fronte a questo mio dramatico componimento, non nasce dal desiderio di offerirvi una cosa ch’io giudico per più capi troppo inferiore al vostro merito, anzi al mio rispetto medesimo, ma dall’ambizione di vedermi pubblicamente onorato dal patrocinio di un principe così grande che non solo è un ornamento del regno, dov’egli è nato, ma ancora di tutta l’Europa, dove la sua fama si è sparsa. Infatti, che non debbo io sperare dall’autorità di un nome sì illustre che in pochi anni è divenuto l’oggetto dell’amore di più monarchi e della stima di più nazioni? La Polonia, la Germania, l’imperio tutto vi riconoscono, di comun consenso, non solo erede della vostra nobilissima casa, ma ancora delle virtù de’ vostri gloriosi antenati, e confessano che, come ne sostenete il decoro con la magnificenza del vivere, così ne mantennero la gloria anche con l’imitazione dell’opere; talché, se ora siete formato su l’idea di quelli che vi precedettero, un giorno ancora sarete l’esemplare di quelli che da presso vi seguiranno. So bene che il pubblico ora da me attenderebbe ch’io divulgassi alcune di quelle eccellenti prerogative che vi ha guadagnato l’universale venerazione; ma io altro non posso se non rapportarmi a ciò che ne hanno detto e che ne dicono di continuo e l’istorie e le penne degli stranieri, cioè a dire le voci di coloro che sono stati i testimoni dimestici delle vostre azioni e che, meglio di me, conoscono e l’eccellenze della vostr’anima e quelle del vostro ingegno. In tal maniera io mi dispenso da un obbligo, il cui adempimento, come, per la vostra moderazione, sarebbe poco soffribile, così, per la mia insufficienza, sarebbe troppo pericoloso e dove la difficoltà dell’impegno né a voi gran piacere né a me gran lode darebbe. Resta egli adunque che io torni a ripetere che non altro motivo mi ha spinto a dedicarvi il mio drama, fuorché l’onore della vostra gloriosa protezione, dalla quale resti illustrato il mio componimento e ’l mio nome e che prevenga gli animi a mio vantaggio; talché pensino esser meno imperfetta la mia fatica, da che la veggono dal vostro gradimento sì ben difesa, e più difficilmente s’inducano a credere ch’io l’abbia malamente disegnata e distesa, da che ho saputo sì saviamente offerirla. Se in questo ho la temerità di aspirare alla vostra approvazione, sappiate che, come voi avete quella di tutti, così non v’ha persona che non desideri di ottenere la vostra. Sono lontano da meritarla; ma comunque a me ne succeda, spero almeno che dalla vostra bontà non mi sarà negata la grazia di potermi pubblicare al mondo, per tutto il corso della mia vita, qual sono di vostra altezza umilissimo, divotissimo, ossequiosissimo servidore.
 
    N.N.