Costantino (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 LICINIO e FAUSTA
 
 LICINIO
 Vadasi a Fausta. A lei si sveli... A tempo...
 FAUSTA
370(Qual vista, oh dio!) Parti, Licinio, o parto.
 LICINIO
 Tanto misero sono
 ch’anche al vedermi inorridisci e temi?
 FAUSTA
 Questo incontro innocente, ove siam soli,
 per ambi è colpa. Addio.
 LICINIO
375Non ti arresta il mio amor. So che sei moglie,
 e moglie al mio sovrano.
 Più grande affar vuol ch’io ti vegga e parli.
 FAUSTA
 Qual mai?
 LICINIO
                       Di augusto il rischio.
 V’è chi tenta di torgli impero e vita.
 FAUSTA
380Qual è il fellon? Tu il sai? Vi assenti? O sei
 tu il carnefice vil di Costantino?
 LICINIO
 Basta ch’io taccia e che dal colpo attenda
 la mia vendetta e in un la mia fortuna;
 ma misero esser voglio
385prima che iniquo; e posso
 perder anzi ’l tuo amor che la tua stima.
 FAUSTA
 Scopri dunque fedel l’empia congiura.
 Quai sono i rei? Chi n’è l’autor? Ma augusto
 da te lo sappia e non da Fausta. Andiamo.
 LICINIO
390Fermati. Il compiacerti
 tua disgrazia saria, saria tua pena.
 FAUSTA
 Mia sola pena è dello sposo il rischio.
 LICINIO
 Al par di lui t’è caro il traditore.
 FAUSTA
 Caro a me il traditor? Vorrei dal petto
395trargli il perfido core,
 lacerarlo, sbranarlo e nel mio sdegno
 punirlo di più morti. Invan mel taci
 e pietade per lui m’ispiri invano.
 LICINIO
 Tremane.
 FAUSTA
                     Parla.
 LICINIO
                                  Egli è...
 FAUSTA
                                                  Chi?
 MASSIMIANO
                                                              Massimiano.
 FAUSTA
400Massimiano?
 LICINIO
                            Tuo padre.
 FAUSTA
                                                  A tal delitto
 chi lo può consigliar?
 LICINIO
                                         Desio d’impero.
 FAUSTA
 L’impero è un suo rifiuto.
 LICINIO
 Innocente il depose e reo vi aspira.
 FAUSTA
 Oh colpa! Oh padre!
 LICINIO
                                        Ei mi affidò poc’anzi
405parte del suo pensier, parte mel tacque;
 ma fra poco il saprò.
 FAUSTA
                                        Numi, che intendo!
 LICINIO
 Qual legge io fuggir debba,
 quale, o Fausta, abbracciar tu mi consiglia.
 Pendo dal voler tuo. Sei moglie e figlia.
 FAUSTA
410Oimè! Che far degg’io? Qual da me cerchi
 consiglio o cenno? Il mio dover mi sgrida,
 il mio sangue in me freme.
 Salvar non posso il padre,
 senza tradir lo sposo;
415e se salvo lo sposo, io perdo il padre.
 Ovunque mi rivolga
 son perfida, son rea. Fuggo un delitto
 e un maggiore ne incontro.
 Il non commetter colpa è colpa mia;
420e in me sin l’innocenza è scellerata.
 Moglie infelice! Figlia sventurata!
 LICINIO
 L’impeto affrena al duolo.
 FAUSTA
 Licinio, va’, ten prego. Osserva, intendi
 tutta la trama e a me la scopri. Il cielo
425m’insegnerà come accordar io possa
 la consorte e la figlia.
 LICINIO
 Ubbidirò. Ma dove
 più sicuro esser teco? Ove parlarti?
 FAUSTA
 Scrivimi; e fuga un innocente affetto
430al pari della colpa anche il sospetto.
 LICINIO
 
    Luci amate, perdonate
 se lasciarvi non poss’io
 senza dirvi che vi adoro.
 
    Tor da voi l’ultimo addio,
435egli è un dir che per voi moro.