Costantino (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 MASSIMIANO e LEONE
 
 MASSIMIANO
 Caro Leone, ecco vicino il giorno
 del tuo, del mio riposo.
 Morirà Costantino.
 Tua sarà Flavia. Io tornerò sul soglio
40che già fu mio possesso, or mio cordoglio.
 LEONE
 Non si tema, o signor, che il solo indugio.
 Massimo, Saturnin, Pompilio e gli altri
 complici dell’arcano affrettan l’opra.
 MASSIMIANO
 Son tutti fidi?
 LEONE
                             Il sono. E quando ancora
45tra lor vi fosse alma codarda e iniqua,
 nulla si tema. Al sol Leone è noto
 che tu sei capo e guida. A tutti il tacqui;
 e non abbiam nimico altro che il tempo.
 MASSIMIANO
 E tempo non si attenda.
50Sol si attenda Licinio. Egli a noi riede
 dalle Gallie già dome.
 LEONE
 Ma che speriam da lui? Cesare il vuole
 all’impero compagno e sposo a Flavia.
 MASSIMIANO
 Né a Flavia né a regnar Licinio aspira;
55Fausta è il suo amore, ei quel di Fausta; e al loro
 vicendevole affetto applausi anch’io.
 LEONE
 Ma perché poi tradirne i dolci voti?
 E unir l’illustre figlia a Costantino?
 MASSIMIANO
 Un suocero di augusto
60meno è sospetto ed è più forte. Il trono,
 su cui regna la figlia,
 mezzo è del padre. Il resto
 avrò dal valor nostro e da Licinio
 che odierà in Costantino il suo rivale.
65Io più l’irriterò. Se non compagno,
 non mi sarà nimico. A me la cura
 lascia di lui. Gli altri tu tieni in fede;
 me debitor del gran successo avrai.
 LEONE
 Flavia mi basta. Essa è la mia mercede.
 MASSIMIANO
70Non basta a Massimian. Puote l’impero
 più cesari capir.
 LEONE
                                 Servo a te sono.
 MASSIMIANO
 Chiamami amico.
 LEONE
                                    (Avrò con Flavia il trono).
 
    Amor di beltà
 mi rende ardito e forte;
75ma più vigor mi dà l’alta mia fede.
 
    Arbitro di mia sorte,
 nume de’ voti miei,
 mio cesare tu sei,
 se ben non empi ancor l’augusta sede.