Costantino (Pariati), Venezia, Rossetti, 1711

 SCENA VI
 
 LICINIO con seguito e li suddetti
 
 LICINIO
 (Fausta anche qui? Soffri, o Licinio). Eccelso,
 felice Costantino, a’ tuoi vessili
 gloria serve e fortuna. A’ fasti tuoi
 il Gallo debellato
180nuovi titoli aggiunga e in ferma pace
 godano un secol d’oro
 per te i popoli fidi e tu per loro.
 COSTANTINO
 Quando de l’armi nostre il sommo impero
 al valor di Licinio abbiam commesso,
185certi fummo che i passi
 al trionfo ei volgea, più che al cimento.
 Or diasi il premio a l’opra.
 LICINIO
 Signor, quel solo bene,
 che bramar io potea, per me è perduto.
190Tu me l’hai tolto e non men dolgo. Io debbo
 anche co’ mali miei farti beato.
 FAUSTA
 (Fido ma sventurato).
 LICINIO
 Pur se premio dar cerchi a l’opre mie,
 perdona, io stesso il chiederò; ma prima
195al tuo piè si ritorni
 questa d’alto comando illustre insegna
 ch’ora in mia mano è inutil peso e grave. (Porta lo scettro a’ piedi di Costantino che lo riceve da le mani di Licinio)
 FAUSTA
 (Non uscite, o sospiri).
 LICINIO
 Poi lascia, e questo sia
200tutto di mie fatiche il guiderdone,
 che di mia vita io vada
 a terminar gli ultimi e pochi avanzi
 nel più barbaro lido e più rimoto,
 a te, a la terra ed a me stesso ignoto.
 COSTANTINO
205Con noi rimanti al nuovo sol. Dimani
 in te un altro regnante abbia l’impero.
 LICINIO
 Signor, l’altra mercede...
 COSTANTINO
 Questa anch’è poca. Un maggior ben ti serbo.
 A te la man d’augusta
210più illustre il renda e più gradito. Fausta,
 se m’ami pur, se mi sei moglie, il dono
 fa’ che piaccia a Licinio.
 Flavia ancor resti. Opri qual dee ciascuno;
 e ugualmente ubbidito
215sia il fratello, il monarca ed il marito. (Discendono dal trono)
 
    Mia dolce sposa,
 su la tua fede
 tutto riposa
 l’amante cor.
 
220   Tu più contento
 puoi sola farlo,
 tu risanarlo
 da un fier tormento,
 da un gran rossor.