Costantino (Pariati), Venezia, Rossetti, 1711

 Serenissima altezza,
    sarebbe per me senza scusa, serenissimo principe, il pensiero di consacrar a vostra altezza il presente drama, se io non potessi rispondere che, quanto doveva spaventarmi la sublimità della vostra gloriosa grandezza, altretanto mi ha rincorato la clemenza del vostro magnanimo cuore, Questa virtù, la quale, con tutte l’altre degne di un grand’eroe, risplende così per tempo e ben ravvisata da tutto il mondo in voi, o serenissimo principe, assolve questa mia brama dalla taccia di temeraria; e mi lascia il modo di poter vantarmi che ciò sia un coraggio inspiratomi dalla benignità generosa di vostra altezza serenissima, piuttosto che un ardimento suggeritomi dalla mia ambizione. Egli è certo che sarà approvata da ognuno questa mia discolpa, quando l’altezza vostra ne dia l’essempio con accordarmene l’uso, dissimulando per un solo momento quant’ella sia grande e le proporzioni dovute al suo merito, per poter meglio sofferire la mia bassezza e non isdegnare la viltà di questo dono. Invito l’altezza vostra serenissima a proteggere con i fregi del suo nome quello di Costantino imperadore, il quale in questo componimento le comparisce sotto gli occhi; e mi giova lo sperarne il vantaggio se voi, o serenissimo principe, mi concedete il raccordarvi che gli eroi famosi del vostro real sangue ebbero mille volte la gloria di veder, dal loro braccio formidabile e dal loro invitto valore, assicurata la fortuna degl’imperi e stabilita la salvezza de’ cesari. Un solo sguardo benigno, che vostra altezza serenissima si degni di fermare su le mie imperfezioni, sarà un raggio di luce sovrana, dal quale riceverà tanto di gloria questo drama quanto di onore a me ridonda dal professarmi, con tutta la più ossequiosa venerazione, di vostra altezza serenissima umilissimo, devotissimo e ossequiosissimo servitore.
 
    Pietro Pariati