Scipione nelle Spagne, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XVIII
 
 MARZIO e i sopraddetti
 
 LUCEIO
 Amante?...
 MARZIO
                       (Ecco l’ingrata. (Si ferma in disparte)
1035Seco è Tersandro. Attenderò ch’ei parta).
 ELVIRA
 Già dall’incaute labbra
 mi uscì l’arcano e ritrattar nol posso.
 T’amo.
 MARZIO
                (Che sento?)
 ELVIRA
                                          Ed all’amor pudico
 fan coraggio e discolpa
1040l’alto tuo merto ed il fraterno assenso.
 LUCEIO
 (Che le dirò?)
 MARZIO
                             (L’odo? La soffro? E taccio?)
 ELVIRA
 Né mercé te ne chieggo. Alla mia fede
 la gloria dell’amarti è assai mercede.
 MARZIO
 (Più resister non posso). Odi la bella
1045inimica d’amor come favella!
 ELVIRA
 (Oimè!)
 MARZIO
                   Ti udì, ti udì quel Marzio, ingrata,
 non dal tuo onor ma dal tuo basso affetto
 vilipeso e negletto.
 Ti udì tradir del tuo natal la gloria.
1050Ti udì posporre a vil soldato e servo
 l’alto imeneo di un cavalier romano.
 E questo è il tuo, questo è l’onore ispano?
 ELVIRA
 Marzio, vile non è ciò che è mio voto.
 In quel Tersandro... (Ove trascorro?)
 MARZIO
                                                                     Segui.
 ELVIRA
1055(Tacciasi e non si esponga
 a periglio il mio ben).
 MARZIO
                                           Non hai difesa,
 o indegna del tuo grado e del mio amore.
 LUCEIO
 Marzio, tu indegno sei, tu mentitore.
 E questo acciar vendicherà le offese (Dando di mano alla spada)
1060di una real donzella.
 MARZIO
 Su, principi da te la mia vendetta; (Facendo lo stesso)
 e nel tuo sangue, uom vile,
 trovi di che arrossir quell’alma ria. (Accennando Elvira)
 LUCEIO
 Non è facil trofeo la morte mia. (Si battono)