Scipione nelle Spagne, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 SCIPIONE e LUCEIO
 
 SCIPIONE
 La mia gloria e il mio core ecco in periglio.
 Sovvienmi, amico, e tua amistà mi vaglia
855di ragione e di merto.
 LUCEIO
                                           In me costante
 ne troverai la ricordanza e l’opra.
 SCIPIONE
 Privo di Sofonisba
 viver non posso. Il ritenerla è colpa.
 L’allontanarla è morte.
860Solo un nodo pudico essermi puote
 e discolpa e rimedio.
 LUCEIO
 (Che ascolto?)
 SCIPIONE
                             Ah! Per la nostra
 sacra amistà, tu, che l’hai tolta all’onde
 e che caro le sei, perché ti è grata,
865vanne e fa’ ch’io non provi
 l’onta e il rossor di un suo disprezzo.
 LUCEIO
                                                                    Io, duce?
 SCIPIONE
 Sì, confido al tuo zel l’alta mia sorte
 e mi reca, se m’ami, o vita o morte.
 LUCEIO
 (Anche questo, o destin?)
 SCIPIONE
                                                 Di’, che rispondi?
 LUCEIO
870Ubbidirti, o signor.
 SCIPIONE
                                      Caro Tersandro.
 
    Vanne, convinci, prega
 quell’alma ria per me
 e di nimica mia falla mia sposa.
 
    Ma pria con questo amplesso
875prendi il mio core istesso,
 quel cor che tutto in te vive e riposa.