Scipione nelle Spagne, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VIII
 
 ELVIRA e CARDENIO
 
 ELVIRA
 Tersandro?
 CARDENIO
                        Ei da Scipione
 mi ottenne libertà. Per lui mi è dato
745posseder Sofonisba. Ella è mia sposa.
 ELVIRA
 E Tersandro assentì?
 CARDENIO
                                         Vi applause e tacque.
 ELVIRA
 (Risorgete, o speranze).
 CARDENIO
 Ma di Tersandro al nome,
 ond’è che impallidisci e ne sospiri?
 ELVIRA
750Più di quel che ne pensi alto è l’arcano.
 CARDENIO
 Segui e m’apri il tuo cor.
 ELVIRA
                                                L’amo, o germano.
 CARDENIO
 Che? Tu di regal tralcio
 germe sublime, in bassi affetti?...
 ELVIRA
                                                               Affrena
 i non giusti rimproveri. Non amo
755Tersandro in esso. Amo in Tersandro altrui.
 Amo nel finto il vero.
 Dirollo infine; amo Luceio in lui.
 CARDENIO
 Come? Luceio?
 ELVIRA
                               Il tuo rival, l’eccelso
 de’ Celtiberi prence, è desso, è desso.
 CARDENIO
760Morto non è? Son di stupore oppresso.
 ELVIRA
 Vive l’invitto. Io ben più volte il vidi;
 e mi costò il vederlo
 riposo e libertà.
 CARDENIO
                                Giovami e il lodo.
 Vanne e per me tutto confida e spera.
 ELVIRA
765Speme che è mio conforto, o falsa o vera.
 
    Sia bugiarda o sia verace,
 sempre piace
 una speme che lusinga.
 
    A disio, che è tormentoso,
770ella è tregua od è riposo,
 rechi il bene o pur lo finga.