Scipione nelle Spagne, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 SOFONISBA e i detti
 
 SOFONISBA
 Eccomi al cenno.
 SCIPIONE
                                  Principessa, al primo
645folgorar de’ tuoi lumi arse quest’alma.
 Crebbe alle tue ripulse,
 qual per onda gran fiamma, il mio bel foco;
 e amai la tua virtù sin con mia pena.
 A vampa sì serena
650oppon livida nube ombre funeste.
 Salvisi il tuo decoro;
 e pera il mio piacer. Già da quest’ora
 libera ti dichiaro; e poiché sorte
 al tuo Luceio amato
655invida ti rapì (soffri, alma mia)
 tuo sposo...
 LUCEIO
                        (Ahi! Che dirà?)
 SCIPIONE
                                                         Cardenio sia.
 SOFONISBA
 Cardenio?
 LUCEIO
                       (O me infelice!)
 CARDENIO
                                                       (O me beato!)
 MARZIO
 (Generoso ei sarà ma sventurato).
 SCIPIONE
 Tersandro, di’. Fia questo
660un oprar con virtù? Biasmi od applaudi?
 LUCEIO
 O dio! Che fo? Lodo o condanno? Il primo
 fa torto a Sofonisba e l’altro al giusto.
 SCIPIONE
 Benefico un tuo prence e stai sospeso?
 LUCEIO
 Signor, ti loda assai stupor che tace.
665(Nascesti, o cor, per non aver mai pace).
 SCIPIONE
 E tu, bella, che pensi? Assenti o neghi?
 SOFONISBA
 (Che dir dovrò? Manco alla fé se assento,
 se nego all’onor mio).
 SCIPIONE
                                          Pensosa ancora?
 MARZIO
 Perde in Scipion con pena un che l’adora.
 SOFONISBA
670(Voce che mi trafigge!)
 Scipio, sarò di chi m’impon la sorte.
 (Ma sarò di Luceio o pur di morte).
 SCIPIONE
 E tu, Marzio, in Scipione
 hai che più condannar?
 MARZIO
                                              Marzio ti ammira.
675Ma senti. Ambo infelici,
 tu senza Sofonisba, io senza Elvira.
 
    Se non parto fortunato,
 parto almeno vendicato
 col piacer delle tue pene.
 
680   Pena pur, che peno anch’io,
 io per te senza il cor mio,
 tu per me senza il tuo bene. (Si parte)
 
 CARDENIO
 Quai grazie a te poss’io?
 SCIPIONE
                                               Prence, le devi
 tutte a Tersandro. Addio. (Se qui mi arresto
685con più lunghe dimore,
 vacilla la costanza e vince amore). (Si parte)