Scipione nelle Spagne, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XII
 
 ELVIRA e poi CARDENIO con ferro in mano
 
 ELVIRA
 Iniquo! A tal eccesso
 misera io son che temer posso un’ira?
 Un’ira che m’insulta e non mi uccide?
 Oimè! Chi mi divide
365l’alma dal sen? Dov’è un acciar? Chi, o dio,
 chi per pietà mi toglie
 all’empia brama, al barbaro comando?
 CARDENIO
 Di Elvira il core e di Cardenio il brando.
 ELVIRA
 O dio! Tu qui, germano?
 CARDENIO
370Io testimon qui giunsi
 di tua virtude; e qui ti reco, o cara,
 un rio soccorso, una pietà crudele.
 ELVIRA
 Crudeltà che mi salva
 da peggior mal. Su, vieni
375e l’onorata spada in sen m’immergi.
 CARDENIO
 Ed avrò cor?
 ELVIRA
                          Poi fuggi
 l’ire feroci. Il vecchio padre abbracci
 in te quel che gli resta
 pegno di amor. Gli sia
380grata la morte e la memoria mia.
 CARDENIO
 Oimè! Perché dell’empio
 prima non tinsi entro il rio sangue il ferro?
 Ah! La sua morte a’ ceppi
 non ti togliea. Nell’ostil campo ancora
385potea far nuovi amanti il tuo bel viso;
 né tutto era il tuo scampo un Marzio ucciso.
 ELVIRA
 Sol mio scampo è il morir. Destra fraterna
 caro mel rende e in te ne bacio il ferro
 che dee la strada al cor pudico aprirsi,
390ove del mio Luceio impresso è il nome.
 Questa, deh!, mi perdona
 colpa innocente, un amor casto e degno;
 amor che verrà meco anco agli Elisi.
 CARDENIO
 (Lagrime non uscite).
 ELVIRA
395Or che più tardi? Accresce ogni dimora
 il rischio mio, perché è tuo rischio ancora.
 CARDENIO
 Faccia la tua virtude
 core alla mia. Quella mi regga e quella
 m’insegni ad esser forte.
 ELVIRA
400Ecco il sen. N’esca l’alma,
 sinché è candida e pura.
 Morir per l’onestà non è sciagura.
 CARDENIO
 (Barbaro onor!) Già ti compiaccio e il nudo
 ferro t’immergo in sen.