Scipione nelle Spagne, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 ELVIRA e i detti
 
 ELVIRA
 Invitto eccelso duce, a’ tuoi trionfi
 altro fregio non manca
 che il ben usarli. Ispana son. Mi diede
 pari al natal spiriti illustri il cielo.
30L’esser tua prigioniera
 non è l’affanno mio. Stretto anche il piede,
 anche reciso il crine,
 seguirò Scipio e soffrirollo in pace;
 ma che sovra la mia
35sacra onestà, la militar licenza
 mediti nuove palme,
 questa, è questa, o signor, mia pena e tema.
 Ah! Tu mi sii custode,
 tu difensor. Se l’umil voto e giusto
40o ti irrita o ti offende,
 sappi che a me rimane
 dall’armi illeso e dal poter di Roma
 un magnanimo core,
 cor che a difender basta,
45anche a costo di sangue, il proprio onore.
 SCIPIONE
 (In sen di donna ha cor di eroe). Qual fia,
 Marzio, costei che ha tutta
 la beltà del suo sesso e tutta insieme
 la fortezza del nostro?
 MARZIO
                                          In lei tu scorgi,
50signor, la bella Elvira,
 a Cardenio germana,
 che in fertil suolo agl’Illergeti impera.
 Nella vinta Cartago
 mio fu l’onor del suo servaggio. (Ah! Ch’io
55restai sua preda e tu lo sai, cor mio).
 SCIPIONE
 Regal vergine, Elvira,
 bando al nobil timor. Roma ha per legge
 di onorar la virtù, non di oltraggiarla.
 Marzio, a te qui l’affido,
60anzi alla tua virtude. Essa tra noi
 ospite sia, non schiava. Amisi in lei
 il cor più che il sembiante;
 e la rara beltade a noi soggetti
 vegga, al par de’ nemici, anche gli affetti.
 ELVIRA
65Ben degno sei della tua fama...