Scipione nelle Spagne, Vienna, van Ghelen, 1722

 SCENA III
 
 MARZIO e detti
 
 MARZIO
600Un disperato amore
 mi trasse, o duce, oltra il dover ne l’ira.
 È ver. Perdona. Avea perduto Elvira.
 SCIPIONE
 Questa sola discolpa
 tolse molto al tuo error, molto al mio sdegno.
605Or discolpa maggior n’è il tuo rimorso.
 MARZIO
 Cardenio mi oltraggiò. Più non n’esigo
 la vendetta e ’l riparo.
 Godo che sciolto e’ vada;
 e un fratello di Elvira ancor mi è caro.
 SCIPIONE
610In Marzio or sì ravviso un cor romano.
 MARZIO
 Ma non Marzio in Scipion. Benché sì chiara
 la fama tua sta d’atre nebbie involta.
 SCIPIONE
 Come? Di che son reo?
 MARZIO
                                             Soffrilo; e ascolta.
 CARDENIO
 Che ardir!
 LUCEIO
                       Che sofferenza!
 MARZIO
615Sofonisba è ’l tuo amore, Elvira il mio.
 Questa è mia spoglia; e tuo possesso è quella.
 Sono pari gli affetti,
 pari le leggi. E pur mi è tolta Elvira,
 perché con l’amor mio la disonoro.
620Ma in tuo poter, benché tu n’arda amante,
 Sofonisba ritieni.
 So che puro è ’l tuo foco e che non entra
 in petto di Scipion vile disio.
 Ma non così ne parla
625l’ignaro vulgo, i più sublimi avvezzo
 nobili affetti a misurar dai suoi.
 Se giusto sei, se l’onor tuo ti è caro,
 se quel di Sofonisba,
 giudica col rigore,
630con cui giudichi gli altri, anche te stesso.
 O di un caro possesso
 priva il tuo amore o ancor l’altrui consola.
 O con tua pena o a mio favor risolvi.
 O rendi Elvira o Sofonisba assolvi.
 SCIPIONE
635Olà, qui Sofonisba.
 CARDENIO
 (Che sarà mai?)
 LUCEIO
                                 (Di te si tratta, o core).
 MARZIO
 Pianga, se il mio non gode, anche il suo amore.
 SCIPIONE
 
    Povero core,
 s’ha da penar.
 
640   Ma nel tuo stesso
 più fier dolore
 che sei mio core
 tu dei mostrar.