Scipione nelle Spagne, Vienna, van Ghelen, 1722

 SCENA XI
 
 ELVIRA e MARZIO
 
 MARZIO
325Offese non minaccio. Amor richieggo.
 ELVIRA
 Per un’alma pudica
 amante impuro è l’offensor più rio.
 MARZIO
 Intendo, Elvira, intendo.
 Spiace in Marzio l’amante,
330piacia lo sposo; e d’imeneo la face
 in me purghi le fiamme, in te le accenda.
 ELVIRA
 Io nata al trono, a vil tribuno io sposa?
 MARZIO
 Che vil? Basta che Roma
 patria mi sia, perché al mio sangue a fronte
335scemin gli ostri reali anche di prezzo.
 Tribuno in campo e cavaliere in Roma,
 con offrirti il mio nodo,
 più di quel ch’io ne tragga, a te do fregio.
 ELVIRA
 Ed un tal fregio, o cavalier tribuno,
340abbiasi fortunata
 più degna sposa. Elvira schiava, Elvira
 nata in cielo stranier tanto non merta.
 MARZIO
 La scelta mia ti onora; e qui di Marzio
 l’amor ti è gloria ed il voler ti è legge.
 ELVIRA
345Ma tal gloria non curo,
 tal legge non pavento. Amante e sposo
 e ti abborro del pari e ti rifiuto.
 MARZIO
 Troppo ti abusi, ingrata,
 di mia bontà. Son vincitor. Sei mia.
350Ho poter. Ho ragion. Posso, se voglio.
 Basta. Pochi momenti
 ti lascio in libertà. L’utile indugio
 sia consiglio al voler, freno a l’orgoglio.
 Già dissi. Tu risolvi. E posso e voglio.
 
355   Impari a temermi
 chi amarmi non sa.
 
    Disprezzo impunito
 superbia si fa;
 e affetto schernito
360diventa viltà.