Scipione nelle Spagne, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA XIX
 
 SCIPIONE e i sopradetti
 
 SCIPIONE
 Che miro? Olà! Cotanto
1070di mia bontà si abusa? (Scipione si mette in mezzo ai due [illeggibile])
 Contra un tribun l’ira si volge e ’l ferro?
 LUCEIO
 Questo ferro è tuo dono;
 né mi credea la prima volta in petto
 roman vibrarlo. A questa
1075necessità mi trasse
 il decoro di Elvira offeso a torto.
 MARZIO
 A torto? Odi e l’ibera
 virtù ammira, o Scipion. Costei, che altera
 ributtò le mie fiamme, a quelle avvampa
1080che le accese nel sen face plebea.
 Vedi, vedi in Tersandro
 il suo amatore, il mio rival. Lo nieghi,
 sel può, l’ingrata. Io qui l’udii né l’ira
 valsi a frenar.
 SCIPIONE
                            Tanta viltà in Elvira?
1085Parla.
 ELVIRA
              (Tacer mi è forza. Amor tiranno!)
 LUCEIO
 Io parlerò. Viva la fama, o duce,
 di vergine real. Viva anche a costo
 del sangue mio, de la mia vita istessa.
 Ama ELvira, il confesso;
1090ma quell’amor, che le riscalda il petto,
 non è indegno di lei. Sa qual si asconde
 nel mentito Tersandro illustre oggetto.
 Sa qual ei nacque e sa ch’ei nacque al trono.
 Sì, lo sa Elvira e seco
1095Marzio il sappia e Scipion. Luceio i’ sono.
 SCIPIONE
 Tu Luceio? Di Roma
 tu ’l fier nemico?
 MARZIO
                                  E se quel sei, fra poco
 ne pagherai la pena.
 ELVIRA
 (Egli l’onor mi difende salva e ’l cor mi svena).
 MARZIO
1100Signor, questo cotesto è ’l vanto
 de l’ispano valor, mentir sé stesso;
 ma se impunito al fianco
 vorrai soffrire il tuo nemico e ’l nostro,
 Roma nol soffrirà. Vanno anco inulte
1105mille e mille del Lazio ombre guerriere
 per lui cadute. Al campo
 vuolmi il mio zelo e la comun vendetta.
 Rompa Tronchisi ogni dimora
 e si acclami colà, Luceio mora. (Parte furioso)