Scipione nelle Spagne, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA VII
 
 1 Scipione 2 Sofonisba 3 Luceio
 In questa scena Luceio sta nel principio più indietro degl’altri due personaggi
 
 SCIPIONE con seguito e detti
 
 SCIPIONE
 Principessa, a’ tuoi lumi
170sì odioso son io che men ti sembra
 grave il morir? Con qual oltraggio un tanto
 dolore io meritai sul nel tuo periglio?
 Perdona, o Sofonisba;
 se in me temi un nemico, hai cor che è ingiusto,
175se in me abborri un amante, hai cor che è ingrato.
 Son Scipio; e benché cinto
 di usbergo il sen, benché di allor la chioma,
 sento che posso amarti
 senza oltraggi oltraggiare o Sofonisba o Roma.
 
    Care labbra, voi taceste;
 ma tacendo ben comprendo
 che per voi parla il rigor.
 
    Voi almeno rispondete,
 luci belle, vive stelle.
 
180   Se la fiamma del cor mio
 fosse impura e fosse abietta,
 nel mio sen la estinguerei.
 
    E se il cor fosse restio,
 in mia pena e in tua vendetta
185anche il cor mi strapperei.
 
 SOFONISBA
 Signor, perdita lieve era a’ tuoi fasti
 quella di un’infelice.
 Volli morir; ma il mio destin ne ha colpa incolpa;
 e fra le mie sciagure
190io non conto, o Scipion, l’esser tua schiava.
 Pur vedi a quali estremi
 mi ha ridotto il terror rigor di avversa un’empia sorte
 che di fierezza accuso
 sin la pietà di chi mi tolse a morte.
 SCIPIONE
195Ma l’amor mio nol lasci
 senza mercé né senza gloria. Vieni,
 qualunque sii, tra queste braccia, amico.
 LUCEIO
 Gli amici di Scipione
 sono gli eroi; né di quel sen gli amplessi,
 merta uom di sangue e più di fama oscuro
200ove palpita un cor tutto grandezza
 merta uom di sangue e più di fama oscuro.
 Baciar quel piè, che preme
 fasci di palme, assai mi fora, o duce.
  A l’opra mia premio non devi. Io tutto dei maggior premio non devi. Tutto
 feci per Sofonisba,
 nulla per te. Lei salva,
205trovo la gloria mia, la mia mercede.
 Chi per te nulla oprò, nulla ti chiede.
 SCIPIONE
 Sensi sì generosi
 non lo additano uom vil. Chi Qual sia, ti è noto,
 il tuo liberator?
 SOFONISBA
                                Guerriero ispano,
210nulla di più...
 LUCEIO
                            Nacqui fra’ boschi. Il mio
 nome è Tersandro; e ’l primo
 ufficio de la destra
 fu romper glebe e maneggiar vincastri.
 Quindi in usbergo e scudo
215cangio marra ed aratro; e di Luceio
 sotto l’insegne a militar mi spinge
 disio di gloria. Il veggo
 cader sul campo e trionfar del nostro
 il destino di Roma.
220Sopraviver mi sembra
 pena e viltà. Volgo a Cartago il piede
 e cerco i tuoi sol per morir da forte.
 Salvo qui Sofonisba;
 ma la salvo a Luceio. In quel bel core
225vive ancora di lui
 e la parte più cara e la migliore.
 SCIPIONE
 Quel magnanimo ardir, che su le labbra
 ti favella, o Tersandro,
 e quel nobile aspetto, in cui ti ammiro,
230smentisce i tuoi natali o gli condanna.
 Qualunque sii, t’apro il mio core. In prezzo
 de la vita serbata a Sofonisba
 la nemistà di Roma io ti perdono,
 ti voglio amico e libertà ti dono.
 SOFONISBA
235(Salvo è Luceio e fortunata io sono).
 LUCEIO
 I doni di Scipione
 son grandi, è ver; ma di Tersandro il core
 è di loro maggiore.
 Il perdono tu m’offri e non lo voglio.
240Volerlo è un atto vile
 e viltà mai non cape in petto ispano.
 La libertà mi rendi e non l’apprezzo.
 Non è mai di conforto,
 a chi oppresso è da mali, un mal di meno.
245L’amistà mi offerisci e non l’accetto.
 Ella non è mai frutto
 di volgar prezzo e di sì pochi instanti.
 So qual tu sei; ma sappi
 che di Luceio un suddito leale
250esser non puote amico al suo rivale.
 SCIPIONE
 (Ardir che m’innamora
 sin con l’offese). Orsù, Tersandro, vieni
 meco in Cartago. In testimon ti voglio
 de l’opre mie, per meritarti amico.
 LUCEIO
255Seguirò il mio destin più che i tuoi passi.
 (Così sarò di Sofonisba al fianco).
 SCIPIONE
 Non difficile impresa
 mi sia quel cor, benché nemico e rio;
 la fierezza del tuo più mi spaventa,
260ingiusta Sofonisba.
 SOFONISBA
                                      Odimi, o duce,
 quando sia che Tersandro
 mi dica: «Ama Scipione, io tel comando»
 il mio cor L’alta il mio cor [illeggibile] cesserà d’esserti ingiusto.
 Nel suo volere il mio voler rimetto.
 SCIPIONE
265Tu mio giudice il rendi ed io l’accetto.
 SOFONISBA
 
    Mai non dirà quel labbro
 ch’io serva al tuo disio
 e manchi al dover mio
 l’alta mia fede.
 
270   Se mi sia legge e gloria
 de l’idol mio diletto
 l’affetto e la memoria
 egli ben vede.