Venceslao, Verona, Merli, 1708

 ATTO QUARTO
 
 Viale di verdura contiguo agli appartamenti di Erenice con urna sepolcrale nel mezzo.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
945Urna, che del mio sposo
 chiuder dovrai le ceneri adorate,
 in que’ pallidi marmi
 non ben mi piaci. Ancora
 ti manca il più bel fregio. Il cor ti manca
950di Casimiro. Io vel porrò. Lo attendi
 da un amor disperato.
 Tinto poi di quell’ostro,
 il tuo pallido orror sarà più grato.
 
 SCENA II
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERNANDO
 Principessa, a te viene
955un amico, un amante
 ad unir le sue pene al tuo dolore.
 ERENICE
 Di vendetta si parli e non di amore.
 ERNANDO
 Vendetta, sì, vendetta
 anch’io voglio, anch’io giuro.
 ERENICE
960Quanto mi piace l’odio tuo!
 ERNANDO
                                                    Lo irrita
 amor nel tuo dolore.
 ERENICE
 E pur ritorni a ragionar di amore.
 ERNANDO
 Amor che non offende
 né la tua fé né l’amistà di Ernando
965non può irritarti.
 ERENICE
                                  E s’egli è tal, l’accetto.
 ERNANDO
 Tale sì lo protesto.
 ERENICE
 Ti ricevo or compagno
 nel mio furore.
 ERNANDO
                               Andiamo. Io più di un seno
 ti additerò dove infierire.
 ERENICE
                                                 Andiamo.
970Ma tua sola mercede
 fia ch’Erenice a l’amor tuo dà fede.
 ERNANDO
 
    Sarà gloria a la costanza
 il dover senza mercede,
 idol mio, per te languir.
 
975   Toglie il merito a la fede
 la speranza del gioir.
 
 Torre che serve di prigione corrispondente al palazzo reale.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO solo incatenato
 
 CASIMIRO
 Ove siete? Che fate,
 spirti di Casimiro? Io di re figlio,
 io di più regni erede,
980io tra’ marmi ristretto? Io ceppi al piede?
 Vuole il padre ch’io mora, ahi! Che farò?
 Ch’io mora? È tanto grave il mio delitto?
 Ah sì! Per me cadde il fratel. Ma cadde
 senza colpa del core.
985Volea morto il rival, ne ha colpa amore.
 
    Ombre squalide, furie di amor,
 su venite, tormentate,
 lacerate questo cor.
 
    Date morte... Ah no! Fermate
990e lasciate
 tanto solo a me di vita
 che dir possa lagrimando:
  «Cara sposa fedele, io ti ho tradita».
 
 SCENA IV
 
 GISMONDO, LUCINDA e CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
995Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
1000leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
 nunzia de la mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
1005di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
 sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 Desta pietà.
 LUCINDA
                         (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
1010tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
1015di tua pietade io sono;
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo. Del primo
1020tuo pianto io son contenta.
 Godo di perdonarti
 e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 GISMONDO
 Prenci, non più dimore. Il re vi attende.
 
    Parlo lieto e vedo amore
1025già sul ciglio a trionfar.
 
    Né più forza avrà il dolore
 vostre gioie a fulminar.
 
 LUCINDA
 Partiam. Dal regio labro
 l’alto destin ne intenderai.
 CASIMIRO
                                                   Già scordo
1030vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon. Temer non dei.
 CASIMIRO
 
    Stringi...
 
 LUCINDA
 
                       Abbraccia...
 
 A DUE
 
                                               Questo petto.
 
 CASIMIRO
 
 Mio conforto.
 
 LUCINDA
 
                            Mio diletto.
 
 A DUE
 
 E saprai che sia goder.
 
1035   Senti, senti questo core;
 come immenso è in lui l’amore,
 sommo ancora è ’l suo piacer.
 
 Sala di regie nozze.
 
 SCENA V
 
 FLORO solo
 
 FLORO
 Godrà infine Lucinda, in riso il pianto
 tramutò amica sorte,
1040mel dicono pur questi
 apparati di nozze e non di morte.
 
    Vezzegi il giubilo,
 ridan gli amori,
 già il duol sparì;
 
1045   cacciato il nubilo
 dal dio de’ cori,
 è lieto il dì.
 
 SCENA VI
 
 VENCESLAO con guardie, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
 Nozze più strane e meno attese e quando,
 Polonia, udisti? Onor le chiede, impegno
1050le stringe; e questa reggia
 ne serve a l’apparato e le festeggia.
 Ma...
 GISMONDO
             Si avvanza a’ tuoi cenni
 la regal copia.
 VENCESLAO
                            Venga.
 Tu ciò che imposi ad affrettar t’invia.
1055Al principio de l’opra
 ben corrisponda il fin.
 GISMONDO
                                           Strane vicende,
 vi figura il pensiero e non v’intende.
 
 SCENA VII
 
 CASIMIRO, LUCINDA, VINCISLAO
 
 CASIMIRO
 De’ più illustri sponsali
 questa è la reggia.
 LUCINDA
                                    E qui ti attende il padre.
 VENCESLAO
1060Figlio, in onta a tue colpe
 son padre ancora. Alor che morte attendi,
 agl’imenei t’invito e ti presento
 in Lucinda una sposa.
 Tutt’altro oggi attendevi
1065fuorché un tal dono. Abbilo a grado. Il chiede
 tuo dover, mio comando e più sua fede.
 LUCINDA
 (Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh come
 è possibile, o padre,
 che sì tosto si cangi
1070la sorte mia? Dovea morire...
 VENCESLAO
                                                       Eh lascia
 la memoria funesta.
 Pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più de la vita
 m’è ’l dono tuo. Lo accetto,
1075non perché tu ma perché amor lo impone;
 e a la bella Lucinda
 non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VENCESLAO
                                         Or questa gemma (Dà un anello a Casimiro che poi con esso sposa Lucinda)
 confermi a lei la marital tua fede.
 CASIMIRO
1080Ma più di questa gemma
 te la confermi il core.
 LUCINDA
 Mio tesoro.
 CASIMIRO
                        Mio ben.
 A DUE
                                           Mio dolce amore.
 VENCESLAO
 Sposi, sì casti amplessi
 lasciar si denno in libertà.
 CASIMIRO
                                                  Due volte
1085mi fosti padre.
 LUCINDA
                              E vita
 ti deggio anch’io.
 VENCESLAO
                                  Regina,
 a l’onor tuo si è sodisfatto?
 LUCINDA
                                                   Appieno.
 VENCESLAO
 Se’ paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
 tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
1090Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
 La fé serbasti.
 VENCESLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
 qui far mi resta, orché la fé serbai.
 Ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VENCESLAO
 Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai.
 
 SCENA VIII
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
1095Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
1100ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
1105che far? Che dir poss’io? Veggo i miei mali
 e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
1110a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
1115amor, sangue, ragione.
 Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empirò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
1120   E se teco io non vivrò,
 teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio;
 il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
1125Crudel, se’ sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi t’uccide.
 Nieghi il nome di sposo a chi t’adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro, io meco
1130porterollo agli Elisi, ombra costante;
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur; ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra, a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
1135Ma sappi, io pur morrò,
 dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi?
 Tu impallidisci? Il mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
 mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
1140Sì, vivi, il dono è questo
 che ti chiedo in morendo. Vanne, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior. Vanne, cor mio,
 che il tuo dolor soffrir non posso.
 LUCINDA, CASIMIRO
                                                              Addio.
 LUCINDA
 
1145   Pria ch’io parta, o caro sposo,
 prendi almen l’ultimo amplesso,
 dimmi ancor: «Lucinda, addio».
 
    Già il mio cor, tutto pietoso,
 verrà sempre teco appresso
1150a ridirti il dolor mio.
 
 SCENA IX
 
 CASIMIRO
 
 CASIMIRO
 Correte pur lagrime amare a fiumi,
 tolto da me la sposa
 ha l’ultimo congedo,
 più non la rivedrò? Barbare stelle!
1155Ma se più la rimiro, andrò men forte
 con fasto del dolor in grembo a morte.
 
    Mi fan guerra dentro al core
 la costanza e la pietà.
 
    L’una vuol ch’in grembo a morte
1160sia più forte;
 l’altra grida che all’amore
 la fortezza è crudeltà.
 
 Fine dell’atto quarto