Venceslao, Verona, Merli, 1708

 ATTO TERZO
 
 Steccato.
 
 SCENA PRIMA
 
 FLORO, poi LUCINDA con seguito
 
 FLORO
 Questi, se pur non erro,
 è il loco in cui Lucinda
595con l’amante nemico
 il suo destin de’ cimentar; quel core
 che ti serve fedel diffendi, o amore.
 
    Sì caro amor,
 proteggi un regio cor
600ch’è tutto fedeltà.
 
    Se nol diffendi,
 guarda che offendi
 la tua divinità.
 
 Eccola appunto. (Si ritira in disparte)
 LUCINDA
605Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 da l’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
 se mai su l’are vostre
610vittime elette i’ fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi e in questa
 fatal temuta arena
615finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO con seguito e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
 a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
620Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
 Giudice e re tu stesso
625l’ora assegnasti e ’l campo. Ed or paventi?
 VENCESLAO
 Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
 l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO con seguito e li sudetti
 
 CASIMIRO
630E vita ed innocenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura. (Venceslao va a sedere nell’alto dello steccato)
 O tu, che ancor non veggio (Casimiro sta confuso)
 qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
635possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
 Dimmi, di’, Casimiro.
 Tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
640t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
 Sposa non l’abbracciasti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
645l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
 torna, torna ad abbracciarmi.
 Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé risospigne Lucinda)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore,
650brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 A l’armi, a l’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque a l’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
 Sieguasi il tuo furor. (Siegue l’abbattimento, in cui Casimiro gitta con un colpo di mano a Lucinda la spada)
 CASIMIRO
 Se’ vinto; ed è ’l tuo torto
655chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 FLORO
 Perverse stelle.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile. Aggiugni a la tua gloria
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
 l’averla vinta. Resta
660la morte sua. Che badi?
 CASIMIRO
 Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
 Questo de’ tuoi delitti
 sarà ’l minor, l’aver Lucinda uccisa
 doppo averla tradita;
665e sia poca fierezza,
 doppo tolto l’onor, torle la vita.
 FLORO
 Or che dirà?
 VENCESLAO
                          Che sento? Ella è Lucinda? (Il re si leva dal suo posto e si affretta a scender nello steccato)
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi. Un mentitore è desso.
 Mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
670Non se’ Lucinda, no. Confuso e vinto,
 pien di scorno e di duolo
 rimanti. (Il padre viene e a lui m’involo).
 
 SCENA IV
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 (Fugge la mia presenza
 il colpevole figlio).
675Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, reina.
 LUCINDA
 A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota,
 nel più profondo orrore,
680seppellir la mia pena e ’l mio rossore?
 VENCESLAO
 Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
 Ne la ragion confida,
685ne l’amor nostro e rasserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
 Men da la tua virtù, giusto regnante,
 non attendea Lucinda.
 VENCESLAO
 
    Nel seren di quel sembiante
690riso e gioia brillerà.
 
    E saprà di un incostante
 trionfar la tua beltà.
 
 SCENA V
 
 FLORO e LUCINDA
 
 FLORO
 Reina, non temer; il ciel talora
 mostra torbido il volto e poi s’indora.
 
695   Vorresti piangere,
 no no, non lagrimar,
 aspetta un poco.
 
    Chi sa che il nume arcier
 con l’aure del piacer
700non tempri il foco.
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
 né disperiam, teneri affetti. L’alma
 del tuo piacer riempi,
 speranza adulatrice,
705e vieni il dolor mio
 di letargo a coprir, se non di obblio.
 
    Più fedele e più amoroso
 il mio sposo abbraccerò.
 
    Ei dirà: «Mia cara vita,
710ti ho tradita e ti amerò».
 
 SCENA VI
 
 ALESSANDRO
 
 ALESSANDRO
 Già sorgon l’ombre ed io,
 ad onta della notte,
 vo ad abbracciar il mio bel sol; ma oh dio!
 sento nell’alma un misto
715di gioia e di dolor. Che fia, mio core?
 L’arcano non apprendo;
 confusi affetti miei, io non v’intendo.
 
    Silenzio, timori,
 turbar mi volete
720la pace del cor.
 
    Via tosto tacete
 o a l’armi vi sfida
 l’eroico mio amor.
 
 Notte. Stanza di Casimiro con tavolino.
 
 SCENA VII
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
 La notte avanza; e ’l prence
725non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
 e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
730O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
 (Ancor non vien).
 VENCESLAO
                                   Gismondo,
 chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
735(Temo anch’io l’ire di un amor feroce).
 
 SCENA VIII
 
 VENCESLAO, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 E pur cresce nel seno (Si asside al tavolino)
 e l’affanno e ’l timor. Qual notte è questa
 in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
 Cor di re, cor di padre,
740qual acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa ne le vene il sangue?
 Il supplizio de’ rei
 prova quest’alma; e in che vi offesi, o dei? (Appoggiandosi al tavolino si cuopre gli occhi con la mano. Entra Casimiro con istile insanguinato)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta,
745già la vitima cadé.
 
    Voi dovreste esser più liete
 ma nol siete;
 e ’l mio cor non sa perché. (Casimiro, in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre, alzando gli occhi, vede il figliuolo)
 
 VENCESLAO
 Sparite, o de la mente
750torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (O stelle).
 VENCESLAO
 Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti? E qual facesti?
 Che orror, che turbamento
755ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
 Signor...
 VENCESLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... Una ne l’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo;
760nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
 Gran timido è un gran reo.
 Errasti, o figlio, e gravemente errasti.
 Ragion mi rendi ah! di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                    Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
765le più attroci vendette,
 questo (il dirò) del mio rivale è sangue;
 sangue è di Ernando.
 VENCESLAO
                                          O dei! (Si leva)
 Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VENCESLAO
770Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
 Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO e li sudetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni (Venceslao gli va incontro e lo abbraccia)
 qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
775(Vive il rival? Voi m’ingannate, o lumi?
 O tu man mi tradisti?)
 VENCESLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VENCESLAO
                                                               Ah duce,
 io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
780Io morto? Ho vita, ho spirto
 ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
 Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             (O ferro!
 In qual seno t’immersi?
785Qual misero svenai? Cieli perversi!)
 
 SCENA X
 
 ERENICE e li sudetti
 
 ERENICE
 Signor, che il tuo potere (A’ piedi di Venceslao)
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
 principessa dolente,
790chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua. Lagrime chiedo e sangue.
 VENCESLAO
 Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che ’l tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben ti è noto. (Si leva)
 VENCESLAO
                                                 A’ tuo’ grand’avi
795quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar. Ma ’l foco
 fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro.
800Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
 strinse le destre; e fu segreto il nodo
 per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 Mio rivale il germano?
 ERENICE
805Io questa notte i primi
 maritali suoi baci
 coglier dovea; l’ora vicina e d’ombre
 sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, su le mie soglie e quasi
810sugli occhi miei trafitto... Aimè!... Perdona (Piange)
 VENCESLAO
 Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
 (Misero prence!)
 CASIMIRO
                                  (O cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?)
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice!
 VENCESLAO
815S’agita al tribunal de la vendetta
 la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è ’l reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
 avrai cor da punirlo?
 VENCESLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
820vi perderà. Già data,
 data ho l’inesorabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
 Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
 tel dica il guardo; hai l’uccisor presente. (Additando Casimiro che sta confuso)
825Quel ferro ancor fumante (Casimiro si lascia cader lo stile di mano)
 de la strage fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
 (Già cedo al nuovo affanno). (Si cuopre gli occhi col fazzoleto)
 CASIMIRO
                                                       (O destra! O ferro!)
 ERNANDO
 (Miserabile padre!)
 ERENICE
830Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
 degno di lui. Se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a vuotar ch’hai ne le vene.
 L’uccisor di un fratello
835esserlo può di un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me. Ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 VENCESLAO
 Parla. Le tue discolpe (A Casimiro)
840giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fosse innocente il braccio.
 Son reo, son fratricida.
 Non ho discolpe, il mio supplizio è giusto.
845Io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
 Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 de la commun vendetta.
 ERENICE
850Destra real, ti baccio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Ricordati che padre
 tu se’ ma tutto amor
 del figlio esangue.
 
855   Contenta alor morrò
 che ’l ferro apporterò
 del barbaro uccisor
 tinto nel sangue.
 
 SCENA XI
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ERNANDO, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
 Reo convinto, la spada
860deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada?
 VENCESLAO
                      Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re. Già ’l core (Depone la spada sul tavolino)
 dispongo a sofferir mali più attroci.
 ERNANDO
 (Qual raggio a noi volgeste, astri feroci?)
 VENCESLAO
865Gismondo, olà.
 GISMONDO
                               Sire, i tuo’ cenni attendo.
 VENCESLAO
 Custodirai ne la vicina torre
 prigione il prence.
 GISMONDO
                                     Eseguirò fedele.
 VENCESLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
 orché deggio lasciarti,
870già sento in me la sua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re;
 volea dir mio genitor.
 
    Ma poi tacqui il dolce nome
875che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO, ERNANDO, LUCINDA nel fine da donna
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
880Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvare il figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno.
 Il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
885È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro. (Lucinda sopraggiunge)
 LUCINDA
                                    (O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VENCESLAO
 (Lungi, o teneri affetti).
890Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XIII
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re. Di Casimiro il capo
 con l’amor mio da le tue leggi esento;
895è re di Lituania.
 Tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
900Regina, in far la colpa
 re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
 lo trova reo; lo trova
905vittima del suo fallo,
 suddito de le leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Più misera Lucinda!
910Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive,
 questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi? (Piange)
 VENCESLAO
 (De la real promessa
915or mi sovvien; che ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                (O dei! Che pensa?)
 VENCESLAO
 (Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
920per mia cagion?)
 LUCINDA
                                  (Spenta è per me pietade?)
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
 A l’onor tuo sodisferassi. Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
925Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio; e fa’ che sciolto
 sia là condotto ove la gioia ha in uso
 di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah, sire,
 a l’amor mio permetti
930che nunzia io sia del lieto avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
 Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
 ne la torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
935persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 
    Sì sì, godi ch’il dolce tuo sposo...
 
 LUCINDA
 
 Sì sì, godo ch’il dolce mio sposo...
 
 VENCESLAO, LUCINDA
 
940Potrai lieta
                        nel seno abbracciar.
 Potrò lieta
 
 LUCINDA
 
    Quella fé, ch’ei mi diede amoroso,
 mi sapesti tu giusto serbar.
 
 VENCESLAO
 
    Quella fede, che diedi pietoso,
 giusto ancora saprò conservar.
 
 Fine dell’atto terzo