Venceslao, Venezia, Buonarrigo, 1723

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Loco per steccato.
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
550Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 da l’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
 se mai su l’are vostre
555vittime elette i’ fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi; e in questa
 fatal temuta arena
560finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO con seguito e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
 a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
565Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
 Giudice e re tu stesso
570l’ora assegnasti e ’l campo. Ed or paventi?
 VENCESLAO
 Pugnisi pur. Ne mirerò l’evento
 con intrepido sguardo.
 Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
575e se ora temo, temo
 l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO con seguito e li suddetti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura. (Venceslao va a sedere nell’alto dello steccato)
 
 SCENA IV
 
 LUCINDA, CASIMIRO, VENCESLAO poi nell’alto dello steccato
 
 LUCINDA
580O tu, che ancor non veggio (Casimiro sta confuso)
 qual ti deggia chiamar, nemico o amico;
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
585Dimmi, di’, Casimiro.
 Tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
 Sposa non l’abbracciasti? E dir tu ’l puoi?
590Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
 torna, torna ad abbracciarmi.
595Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé risospigne Lucinda)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore,
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 A l’armi, a l’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque a l’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
600Sieguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                        Se’ tu quel forte
 campion che a darmi morte
 sin dal ciel lituan teco traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono; e meco
 ho la ragion de l’armi,
605meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuoi spergiuri.
 Su, strigni il ferro; e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue
610temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
 Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, a l’armi.
 Ben saprà questo acciaro
615a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 Io volgerò contro costei la spada? (In atto di partire è rattenuto da Lucinda)
 LUCINDA
 No no, da questo campo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre a l’occaso il sole
 e in braccio d’Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
620Che fai? Che miri? Ommai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
 Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
625Tolgasi questo inciampo all’amor mio. (Siegue l’abbattimento, in cui Casimiro gitta con un colpo di mano a Lucinda la spada)
 Se’ vinto; ed è ’l tuo torto
 chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile. Aggiugni a la tua gloria
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
630l’averla vinta. Resta
 la morte sua. Che badi?
 CASIMIRO
 Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
 Questo de’ tuoi delitti
 sarà ’l minor, l’aver Lucinda uccisa
635dopo averla tradita;
 e sia poca fierezza,
 dopo tolto l’onor, torle la vita.
 VENCESLAO
 Che sento? Ella è Lucinda? (Il re si leva dal suo posto e si affretta a scender nello steccato)
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi. Un mentitore è desso.
640Mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
 Questa non è Lucinda. In tali spoglie
 non si ascondon regine;
 non se’ Lucinda, no. Confuso e vinto,
 pien di scorno e di duolo
645rimanti. (Il padre viene e a lui m’involo).
 
 SCENA V
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Fugge la mia presenza
 il colpevole figlio.
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, regina.
 LUCINDA
650A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota,
 nel più profondo orrore,
 seppellir la mia pena e ’l mio rossore?
 VENCESLAO
 Il poter di monarca,
655l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
 Ne la ragion confida,
 ne l’amor nostro e rasserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
660Men da la tua virtù, giusto regnante,
 non attendea Lucinda.
 VENCESLAO
 
    Nel seren di quel sembiante
 riso e gioia brillerà.
 
    E saprà di un incostante
665trionfar la tua beltà.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
 né disperiam, teneri affetti. L’alma
 del tuo piacer riempi,
 speranza adulatrice;
670e vieni il dolor mio
 di letargo a coprir, se non d’obblio.
 
   Del caro sposo
 nel biondo crine,
 il dio bendato,
675di face armato,
 al varco attende
 e gode alfine
 di saettar.
 
    Quest’alma intanto
680di sua ferita
 se ne compiace
 e la sua pace
 trova nel duolo
 che più l’invita
685a sospirar.
 
 SCENA VII
 
 Notte. Stanza con tavolino.
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
 La notte avanza; e ’l prence
 non viene ancora. Ei solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
690e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
                                                       Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
 O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GISMONDO
 Ancor non vien.
 VENCESLAO
                                Gismondo,
695chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
 (Temo anch’io l’ire d’un amor feroce).
 
 SCENA VIII
 
 VENCESLAO, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 E pur cresce nel seno (Si asside al tavolino)
 e l’affanno e ’l timor. Qual notte è questa
700in cui sognansi orrori ad occhi aperti;
 cor di re, cor di padre,
 quale acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa ne le vene il sangue?
 Il supplizio de’ rei
705prova quest’alma; e in che vi offessi, o dei? (Appoggiandosi al tavolino, si cuopre gli occhi con la mano. Entra Casimiro con istile insanguinato)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta,
 già la vittima cadé. (Casimiro, in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
 
 VENCESLAO
 Sparite, o de la mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (O stelle).
 VENCESLAO
710Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti? E qual facesti?
 Che orror? Che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
715Signor...
 VENCESLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... Una ne l’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo,
 nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
720Gran timido è un gran reo.
 Errasti, o figlio, e gravemente errasti.
 Ragion mi rendi. Ahi! Quel sangue...
 CASIMIRO
                                                                     Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più atroci vendette...
725Questo (il dirò) del mio rivale è sangue.
 Sangue è di Ernando.
 VENCESLAO
                                          O dei! (Si leva)
 Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VENCESLAO
 Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
730Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO e li suddetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni (Venceslao gli va incontro e lo abbraccia)
 qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 (Vive il rivale? Voi m’ingannate, o lumi?
735O tu man mi tradisti?)
 VENCESLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VENCESLAO
                                                               Ah! Duce,
 io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
740ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
 Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             O ferro!
 In qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai! Cieli perversi!
 
 SCENA X
 
 ERENICE e li suddetti
 
 ERENICE
745Signor, che il tuo poter (A’ piedi di Venceslao)
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor de le leggi,
 scudo de l’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
750principessa dolente,
 chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua. Lagrime chiedo e sangue.
 Ti vo’ giudice e padre. Ah! Rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror de l’empio
755di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VENCESLAO
 Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che ’l tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben ti è noto. (Si leva)
 VENCESLAO
                                                 A’ tuo’ grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
760Senza offenderti, o sire,
 amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VENCESLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar. Ma ’l fuoco
765fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro.
 Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
 strinse le destre; e fu segreto il nodo
770per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 Mio rivale il germano?
 ERENICE
 Io questa notte i primi
 maritali suoi baci
 coglier dovea; l’ora vicina e d’ombre
775sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, su le mie soglie e quasi
 sugli occhi miei trafitto... Aimè!... Perdona.
 VENCESLAO
 Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
 Misero prence!
 CASIMIRO
                               O cieco
780furor, dove mi hai tratto? Io fratricida?
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
 ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VENCESLAO
 S’agita al tribunal de la vendetta
785la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è ’l reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia
 avrai cor da punirlo?
 VENCESLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà. Già data,
790data ho l’inesorabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
 Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
 tel dica il guardo; hai l’uccisor presente.
 Quell’orror, quel pallore, (Additando Casimiro che sta confuso)
795quegli occhi a terra fisi,
 lo stupor de le membra,
 il silenzio del labbro e più di tutto
 quel ferro ancor fumante (Casimiro si lascia cader lo stile di mano)
 de la strage fraterna a te già grida
800che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
 Già cedo al nuovo affanno.
 CASIMIRO
                                                   O destra! O ferro!
 ERNANDO
 Miserabile padre!
 ERENICE
 Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
 degno di lui. Se nol punisci, o sire,
805avido ancor di sangue
 verrà quello a votar ch’hai ne le vene.
 L’uccisor di un fratello
 esserlo può di un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
810di te, di me. Ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
 numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VENCESLAO
 Parla, le tue discolpe (A Casimiro)
815giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fosse innocente il braccio.
 Son reo, son fratricida.
 Non ho discolpe, il mio supplizio è giusto.
820Io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
 Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 de la comun vendetta.
 ERENICE
825Destra real, ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Grida il sangue e la ferita
 del tuo figlio e del mio sposo.
 Tempo è ormai di vendicarmi;
 
830   deh assicura il suo riposo
 e soltanto io resti in vita
 quanto basti a consolarmi.
 
 SCENA XI
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ERNANDO, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
 Reo convinto, la spada
 deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
835La spada?
 VENCESLAO
                      Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re. Già ’l core (Depone la spada sul tavolino)
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
 Qual raggio a noi volgeste, astri feroci?
 VENCESLAO
 Gismondo, olà.
 GISMONDO
                               Sire, i tuoi cenni attendo.
 VENCESLAO
840Custodirai ne la vicina torre
 prigione il prence.
 GISMONDO
                                     Eseguirò fedele.
 VENCESLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
 or che deggio lasciarti,
 già sento in me la sua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
845   Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re;
 volea dir mio genitor.
 
    Ma poi tacqui il dolce nome
 che più aggrava il mio delitto
850e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO, ERNANDO, LUCINDA nel fine da donna
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
 Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
 Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
855Un padre re può ben salvare il figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno.
 Il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
860se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro. (Lucinda sopraggiugne)
 LUCINDA
                                    O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo.
 VENCESLAO
 Lungi, o teneri affetti,
 tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
865nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XIII
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re, di Casimiro il capo
 con l’amor mio da le tue leggi esento.
 È re di Lituania.
870Tal lo dichiaro; e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
 Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
875re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
 lo trova reo; lo trova
 vittima del suo fallo,
880suddito de le leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda!
885Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
 O dal figlio e dal padre, (Piagne)
890o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 De la real promessa (Tra sé)
 or mi sovvien; che ella si adempia è giusto.
 Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora.
 ERNANDO
                                              O dei! Che pensa?
 VENCESLAO
895Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?
 LUCINDA
                                 Spenta è per me pietade?
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
 A l’onor tuo soddisferassi. Ernando.
 ERNANDO
900Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Or vanne
 al colpevole figlio; e fa’ che sciolto
 sia là condotto ove la gioia ha in uso
905di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah, sire,
 a l’amor mio permetti
 che nunzia io sia del lieto avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
 Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
910ne la torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina.
 Sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
 Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 
 SCENA XIV
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
915Di così strani casi
 il fin qual fia? Sarà pietoso o giusto
 il real genitore?
 Temo ancor la pietà di quel gran core.
 Ma tu che pensi, Ernando? Vendicarti?
920Vendicare il tuo amico ed Erenice?
 No no, più generoso
 ti voglio, Ernando. A preservar si attenda
 l’erede a la corona, il figlio al padre.
 A l’ombra di Alessandro
925diam lagrime, non sangue. Andiam gli sdegni
 a placar di Erenice.
 In sì nobili sensi
 l’alma s’impieghi e a l’amor suo non pensi.
 
    Speranze più liete,
930lontane da me.
 
    In alma costante
 offender potete
 la gloria di amante,
 di amico la fé.
 
 Fine dell’atto terzo