Venceslao, Palermo, Cichè, 1708

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Sala.
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Non molto andrà che d’Erenice in seno
 godrà l’amico; io ’l nodo
 strinsi, affrettai; cor ebbi a farlo e ’l lodo.
 Lagrime, non uscite.
 
495   Mio cor piagato,
 il sangue in lagrime
 tu dei versar.
 
 SCENA II
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERENICE
 Ernando, a cercar vengo
 nel piacer de’ tuoi lumi
500una parte del mio.
 Io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno, io vel lasciai,
 perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
 Ripigliati, Erenice,
505ripigliati il tuo core,
 ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
 mi lasci nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
 Che! Un ingiusto divieto
510tanto rispetti? E tanto
 temi ne la mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
 Altro temo, Erenice, altro sospiro.
 ERENICE
 Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
515son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innoccente.
 ERENICE
 Ancor ten priego, aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
 Sia l’ubbidirti, o bella,
 gran parte di discolpa al mio delitto.
520Parli il labro e ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gli occhi miei che il cor ti adora.
 ERENICE
 Tu scherzi o sì amoroso
 a favor di Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
525Chi può mirar quegl’occhi e non amarli?
 Ti amai dal primo istante in cui ti vidi;
 tel dissi ne l’estremo in cui ti perdo,
 quando al tuo cor nulla più manca e quando
 tutto, tutto dispera il cor di Ernando.
 ERENICE
530Dov’è virtù, dove amistade in terra,
 se la tradisce Ernando?
 Mi attendevi tu sposa,
 per più offender l’amico?
 Per più macchiar?... Ma dove,
535dove il furor mi spigne e mi trasporta?
 Non è capace Ernando
 di tal viltà; dar fede
 deggio, più che al suo labbro, al suo gran core;
 fuor che di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
540Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo
 ma da amico e da forte,
 senza disio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
 E m’ami, alfin voi dirmi,
 ma col cor d’Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
545Sì sì, t’amo col suo, col mio ti adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa, io solo
 temo la mia innoccenza.
 Voglio esser reo né posso.
550Deh più credi, Erenice,
 se ’l nieghi a le mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne, ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
    Parto amante e parto amico,
 che non nuoce amor pudico
555a la fede, a l’amistà.
 
    Se nol credi o te n’offendi,
 poco intendi
 la fortezza di quest’alma,
 il poter di tua beltà.
 
 SCENA III
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
560S’è ver che t’ami Ernando,
 mia beltade, io compiango i tuoi trionfi.
 Fuor del mio sposo, ogni altra
 tua vittoria detesto, ogn’altr’onore;
 né ti chiedo trofei dopo il suo core.
 
565   Sì candida e sì bella
 non è la tortorella
 quanto di questo cor
 la fedeltà.
 
    Né mai fiamma rubella
570il chiaro suo candor
 macchiar potrà.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO ed ERENICE
 
 CASIMIRO
 Felice incontro. Arresta,
 bella Erenice, il piede.
 Quel che ti vedi innante
575non è più Casimiro,
 quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è ’l prence e l’erede
 del polonico scettro,
 tuo amator ma pudico e che destina
580te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 de l’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
585Sì, principessa, a quella fiamma, ond’arsi,
 purgai quanto d’impuro avea ne l’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe, io veggio
 ancora in te quell’amator lascivo,
 de l’onor mio nemico,
590non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
 S’errai, fu giovanezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è raggione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella un pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia d’onor mai non si terge; e spesso
595insidia è ’l pentimento.
 CASIMIRO
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro?
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Lasciami pur d’amar,
600che ad altri vuo’ serbar
 l’alma e la fede.
 
    Non è per te il mio cor,
 sei troppo ingannator,
 no, non ti crede.
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO e GILDO
 
 CASIMIRO
605Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
 d’un tal rifiuto.
 GILDO
                               Appunto
 di voi, signore, in traccia or ne venia.
 CASIMIRO
 Che arrechi?
 GILDO
                           Adesso, adesso,
610che caminato ho tanto
 in cercarvi per tutto
 ch’adosso non mi trovo un pelo asciutto.
 CASIMIRO
 Che v’è di nuovo?
 GILDO
                                    Il foco
 che nutrite nel sen per Erenice
615amorzate.
 CASIMIRO
                      L’offerta d’un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GILDO
 E lo sprezza e ne ride
 e sposa gode i desiati amplessi.
 CASIMIRO
 Come? Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
620Quando? Con chi?
 GILDO
                                     Nella ventura notte
 si stringe il nodo ma con chi nol so.
 CASIMIRO
 Così vicina è ancor la mia sciagura?
 E certo il sai?
 GILDO
                            Poc’anzi
 da Tilla, a me germana e di Erenice
625serva fedele, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                   Ah troppo
 intendesti.
 GILDO
                       È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo sì di vendicarmi, iniqua,
 ma nel rival superbo
 te punirò.
 GILDO
                      No no, signor...
 CASIMIRO
                                                    Non più,
630parto col mio furor, tu taci il tutto.
 GILDO
 Do l’ali al piè, straggi prevedo e lutto.
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
 straggi e morte
 implacabile vibrerà.
 
635   Duolmi suol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
 di cader la gloria avrà.
 
 SCENA VI
 
 Anfiteatro.
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
 Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
640da l’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
 se mai su l’are vostre
 vittime elette fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
645gl’innoccenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi; e in questa
 fatal temuta arena
 finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA VII
 
 VENCESLAO con seguito e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Impazienza e sdegno
650ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
 a chi cerca vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
 Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
655Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
 Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo; ed or paventi?
 VENCESLAO
 Pugnisi pur. Non entran nel mio core
660deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
 l’innoccenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA VIII
 
 CASIMIRO con seguito e li suddetti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innoccenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
665Impotente è l’ardire in alma impura. (Venceslao va a sedere nell’alto dello steccato)
 VENCESLAO
 
 SCENA IX
 
 LUCINDA, CASIMIRO, VENCESLAO poi nell’alto dello steccato
 
 LUCINDA
 O tu, che ancor non veggio (Casimiro sta confuso)
 qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
670Dimmi, di’, Casimiro,
 tu non vergasti il foglio? Ignoto il volto
 t’è di Lucinda e ’l nome,
 fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
 Sposa non l’abbracciasti e dir tu ’l poi?
675Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta ragion, già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
 torna, torna ad abbracciarmi.
680Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé rispigne Lucinda)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque a l’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
685Sieguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                        Sei tu quel forte
 campion che a darmi morte
 sin dal ciel lituan l’ire traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono; e meco
 ho la ragion de l’armi,
690meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuoi spergiuri.
 Su, strigni il ferro e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai; più del tuo sangue,
695temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
 Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io, perfido, a l’armi.
 Ben saprà questo acciaro
700a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?) (In atto di partire è trattenuto da Lucinda)
 LUCINDA
 No no, da questo campo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           Corre a l’occaso il sole
 e in braccio ad Erenice Ernando è atteso.
 LUCINDA
705Che fai? Che miri? Ommai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
 Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
710(Tolgasi questo inciampo all’amor mio). (Siegue l’abbattimento, in cui Casimiro getta con un colpo di mano a Lucinda la spada)
 Sei vinto ed è il tuo torto
 chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile, aggiungi a la tua gloria
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
715l’averla vinta. Resta
 la morte sua, che badi?
 CASIMIRO
 Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
 Questo de’ tuoi delitti
 sarà ’l minor, l’aver Lucinda uccisa,
720dopo averla tradita;
 e sia poca fierezza,
 dopo tolto l’onor, torle la vita.
 VENCESLAO
 Che sento? Ella è Lucinda? (Il re si leva dal suo posto e si affretta a scender nello steccato)
 CASIMIRO
 Padre, già ’l dissi. Un mentitore è desso,
725mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
 Questa non è Lucinda, in tali spoglie
 non si ascondon regine.
 Non sei Lucinda, no; confuso e vinto,
 pien di scorno e di duolo
730rimanti. (Il padre viene, a lui m’involo).
 
 SCENA X
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Fugge la mia presenza
 il colpevole figlio.
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, regina.
 LUCINDA
735A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota
 nel più profondo orrore
 sepellir la mia pena, il mio rossore.
 VENCESLAO
 Il poter di monarca,
740l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno;
 ne la ragion confida,
 ne l’amor nostro e rasserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
745Men da la tua virtù, giusto regnante,
 non attendea Lucinda.
 VENCESLAO
 
    Nel seren di quel sembiante
 riso e gioia brillerà.
 
    E saprà d’un incostante
750trionfar la tua beltà.
 
 SCENA XI
 
 LUCINDA sola
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
 né disperiam, teneri affetti. L’alma
 del tuo piacer riempi,
 speranza adulatrice;
755e vieni il dolor mio
 di letargo a coprir, se non di oblio.
 
    Spera ancor l’antico nido
 tortorella innamorata.
 
    Forse amor sia meno infido
760e la sorte men spietata.
 
 SCENA XII
 
 GILDO solo
 
 GILDO
 Al padrone svelai
 per servire a Lucinda
 d’Erenice le nozze,
 mentre al certo credea con questo avviso
765ch’egli affetto cangiasse ed ora temo,
 per questo disinganno,
 che non mi caschi adosso
 qualche grosso malanno.
 
    Se mi discioglio
770da quest’imbroglio,
 che più ci torni
 mai non sarà.
 
    Se mi districo
 da questo intrico,
775che più c’incappi
 è vanità.
 
    Taccole e liti,
 moglie e mariti,
 da me n’andate
780per carità;
 
    lusinghe e ardori,
 vezzi ed amori
 per me non fate
 in verità.
 
 SCENA XIII
 
 Notte. Stanza di Casimiro con tavolino.
 
 GILDO, poi VENCESLAO
 
 GILDO
785Qual timore importuno,
 con larve di martiri,
 mi rende in seno palpitante il core.
 E con fiero dolore,
 togliendomi dal sen l’amica calma,
790spasimi d’agonie dispensa a l’alma.
 Più che avanza la notte,
 più temo che il padrone,
 che tutto furioso,
 torbido e minaccioso,
795da me partì, non facci la frittata,
 onde in questo periglio...
 VENCESLAO
 Gildo, dov’è il mio figlio?
 GILDO
                                                 Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
 O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GILDO
800Ancor non viene?
 VENCESLAO
                                   Gildo,
 chiamisi tosto il duce Ernando.
 GILDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
 (Temo anch’io l’ire d’un amor feroce).
 
 SCENA XIV
 
 VENCESLAO, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 E pur cresce nel seno (Si asside al tavolino)
805e l’affanno e ’l timor. Qual notte è questa
 in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
 Cor di re, cor di padre,
 quale acciar ti trafigge? E qual gran mal
 tutto gelar fa ne le vene il sangue?
810Il supplizio de’ rei
 prova quest’alma; e in che vi offesi, o dei? (Appoggiandosi al tavolino, si cuopre gl’occhi con la mano, entra Casimiro con stile insanguinato)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta,
 già la vittima cadé.
 
    Voi dovreste esser più liete
815ma nol siete;
 e il mio cor non sa perché. (Casimiro in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
 
 VENCESLAO
 Sparite, o de la mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (O stelle).
 VENCESLAO
 Che acciaro è quel? Che sangue
820ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti e qual facesti?
 Che orror, che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
 Signor.
 VENCESLAO
                 Parla.
 CASIMIRO
                              Poc’anzi...
825andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... Una ne l’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo,
 nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
 Gran timido è un gran reo.
830Errasti, o figlio, e gravemente errasti.
 Ragion mi rendi or di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                  Questo...
 Prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più atroci vendette...
 Questo (il dirò) del mio rivale è sangue.
835Sangue è di Ernando.
 VENCESLAO
                                          O dei!
 Ernando è morto!
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VENCESLAO
 Perfido, Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                   E ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
 Di svenarmi in quel core
840ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA XV
 
 ERNANDO e li sudetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni (Venceslao gli va incontro e lo abbraccia)
 qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 Vive il rival! Voi m’ingannate, o lumi?
 (O tu man mi tradisti?)
 VENCESLAO
845Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VENCESLAO
                                                               Ah duce,
 io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
 ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
850Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             O ferro!
 In qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai? Cieli perversi!
 
 SCENA XVI
 
 ERENICE e detti
 
 ERENICE
 Signor, che il tuo potere (A’ piedi di Venceslao)
855fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor de le leggi,
 scudo de l’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
 principessa dolente,
860chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua, lagrime chiedo e sangue.
 Ti vo’ giudice e padre. Ah rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror de l’empio
 di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VENCESLAO
865Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che ’l tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia, ben ti è noto.
 VENCESLAO
                                                A’ tuoi grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempie.
 ERENICE
 Senza offenderti, o sire,
870amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VENCESLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa, ove l’ogetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar ma ’l foco
 fu senso in Casimiro,
875fu virtù in Alessandro.
 Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor che strinse i cori
 strinse le destre; e fu segreto il nodo
 per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
880Mio rivale il germano?
 ERENICE
 Io questa notte i primi
 suoi maritali amplessi
 aver dovea; l’ora vicina e d’ombre
 sparso era il ciel, quand’egli
885ne’ tetti miei trafitto... Aimè, perdona.
 VENCESLAO
 Come? Morto Alessandro? (Piange)
 ERNANDO
 (Misero prence!)
 CASIMIRO
                                  O cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
890ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VENCESLAO
 Si agita il tribunal de la vendetta
 la mia non la tua causa;
 Erenice, ov’è ’l reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
895avrai cor da punirlo?
 VENCESLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure, il capo
 vi perderà; già data,
 data ho l’inesorabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
900Non tel dica Erenice. Il cor tel dica,
 tel dica il guardo; hai l’uccisor presente.
 Quell’orror, quel pallore, (Additando Casimiro che sta confuso)
 quegl’occhi a terra fissi,
 il silenzio del labro e più di tutto
905quel ferro ancor fumante (Casimiro si lascia cader lo stile di mano)
 de la strage fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
 (Già cedo al nuovo affanno). (Si cuopre gl’occhi col fazzoletto)
 CASIMIRO
                                                       (O destra! O ferro!)
 ERNANDO
 (Miserabile padre!)
 ERENICE
910Casimiro l’uccise, ei fece un colpo
 degno di lui; se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a vuotar ch’hai ne le vene.
 L’uccisor d’un fratello
915esserlo può di un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me. Ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
920numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VENCESLAO
 Parla, le tue discolpe (A Casimiro)
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che dal misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fosse innocente il braccio.
925Son reo, son fratricida;
 non ho discolpe, il mio supplizio è giusto.
 Io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
930Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 de la comun vendetta.
 ERENICE
 Destra real, ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Si pensi a vendicarsi,
935chi ha men coraggio in petto
 qui resti a sospirar.
 
    Non più con pianti sparsi,
 l’ombra del mio diletto
 col sangue vuo’ placar.
 
 SCENA XVII
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ERNANDO, poi GILDO
 
 VENCESLAO
940Reo convinto, la spada
 deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada!
 VENCESLAO
                     Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re, già ’l core (Sul tavolino depone la spada)
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
945Qual raggio a noi volgeste, astri feroci?
 VENCESLAO
 Su Gildo, olà.
 GILDO
                            Sire, i tuoi cenni attendo.
 VENCESLAO
 Custodirai ne la vicina torre
 prigione il prence.
 GILDO
                                     Eseguirò fedele.
 VENCESLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
950or che deggio lasciarti,
 già sento in me la sua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re;
 volea dir mio genitor.
 
955   Ma poi tacqui il dolce nome
 che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XVIII
 
 VENCESLAO, ERNANDO, LUCINDA nel fine da donna
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando, un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
960Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
 Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvare il figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
                                                      Io nol condanno.
965Il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro. (Lucinda sopragiunge)
 LUCINDA
                                    O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo.
 VENCESLAO
970(Lungi, o teneri affetti).
 Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XIX
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte...
 Perdona, o re, di Casimiro il capo
975con l’amor mio da le tue leggi esento.
 È re di Lituania,
 tal lo dichiaro; e come re, né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio e a le leggi.
980Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
 Regina, in far la colpa
 re Casimiro ancor non era, egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo inalzi,
985lo trova reo; lo trova
 vittima del suo fallo,
 suddito de le leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
990Venceslao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda!
 Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
995Così l’onor mi rendi?
 O dal figlio e dal padre, (Piange)
 o due volte ingannata alma infelice!
 VENCESLAO
 De la real promessa (Tra sé)
 or mi sovvien; che ella si adempia è giusto.
1000Ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora.
 ERNANDO
                                              O dei! Che pensa?
 VENCESLAO
 Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?
 LUCINDA
                                 Spenta è per me pietade?
 VENCESLAO
1005Regina, il pianto affrena.
 A l’onor tuo sodisferassi. Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro ufficio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VENCESLAO
                                 Andiamo.
1010Al colpevole figlio
 rechiamo gli imenei.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh non temer, regina,
 sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
1015Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 
    Godrà s’audace in campo
 contro gl’urti della sorte
 alma forte
 resisterà.
 
1020   Che di duol funesto lampo
 non atterra un core amante
 che costante pugnerà.
 
 SCENA XX
 
 LUCINDA, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Di così oscuri accenti
 i sensi non comprendo.
 ERNANDO
                                             Ah no, reggina,
1025non temer; de’ diademi
 sempre nel suo dover salda è la fé.
 LUCINDA
 Ma temo ancor.
 ERNANDO
                                D’un padre?
 LUCINDA
                                                         Ah no, d’un re.
 ERNANDO
 Fantasmi di dolori
 non ti turbin le gioie, ecco vicine
1030di Talassio le faci
 che d’imineo fan strepitar le tede.
 Godrai, Lucinda.
 LUCINDA
                                  E pure il cor nol crede.
 ERNANDO
 Così del mio Cupido
 s’avvivasse la vampa
1035nel sen dell’implacabile Erenice.
 LUCINDA
 Goderai forse un dì.
 ERNANDO
                                        Ma il cor non dice.
 
    Già la speme mi parla nel core
 che il dolore dal sen sparirà.
 
    Ma la tema poi dice a quest’alma
1040che la calma mai più tornerà.
 
 Il fine dell’atto secondo