Venceslao, Pesaro, Gavelli, 1724 (Il fratricida innocente)

 ATTO QUINTO
 
 Cortile nella reggia.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERENICE ed ERNANDO con ferro in mano
 
 ERENICE
1185Tutta cinta è dal popolo feroce
 la sarmatica reggia. Ognun la vita
 chiede di Casimiro.
 Teco fra lor passai né fu chi ’l guardo
 torvo a noi non volgesse. Ancor nel petto
1190mi trema il cor.
 ERNANDO
                                Sì tosto
 si avvilisce il tuo sdegno?
 ERENICE
 No no, mora il crudele e pera il regno.
 ERNANDO
 Pera anche il re ma ’l colpo
 esca dalla tua mano.
 ERENICE
1195Io svenar Venceslao?
 ERNANDO
 Sì, quelle son le reggie stanze.
 ERENICE
                                                         Ernando,
 cerco vendetta e non infamia.
 ERNANDO
                                                        Il ferro,
 che dee passar nel sen del figlio, ha prima
 in quel del padre a ripassar. Che importa
1200che tu ’l comandi o ’l vibri?
 ERENICE
 Come? Val tanto adunque
 d’un reo la vita?
 ERNANDO
                                 Parmi
 tutta incendio e tutt’armi
 veder la reggia.
1205Ahi dove andranno, dove
 l’ire a cader? In te cadran, su te,
 misera patria e miserabil re!
 ERENICE
 Ma che dee farsi?
 ERNANDO
                                   Al sol pensarvi io tremo,
 sudo, m’aghiaccio. Io primo offeso, io primo
1210rinunzio alla vendetta e getto il ferro.
 Generosa Erenice,
 nel tuo dolor la tua ragione ascolta.
 Perdona a Casimiro, anzi perdona
 alla patria, al monarca, alla tua gloria.
1215Con sì bella vendetta
 meglio noi placherem l’ombra diletta.
 ERENICE
 Io dar perdono?
 Non so, non posso. Odio e pietade io temo.
 ERNANDO
 S’apre l’uscio real. Vanne ed implora
1220al regio piè...
 ERENICE
                           Vo’ pensar meglio ancora.
 ERNANDO
 
    Piega umil de’ venti all’onte
 gentil pianta la sua fronte
 ma poi torna fastosetta
 fra l’aurette ad ischerzar.
 
1225   Agitata così un’alma
 nel furor perde la calma
 ma poi sorge la vendetta
 bella gloria a dissipar.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO con guardie
 
 VENCESLAO
 A me guidisi il figlio.
1230Giorno, o quanto diverso
 da quel che ti sperai! Giorno fatale!
 Oggi nacqui alla luce;
 oggi moro ne’ figli. Itene e i lieti
 apparati di amor cangiate, amici,
1235in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Venceslao, più genitor non sono.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO con guardie e VENCESLAO
 
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
 incerto fra la vita e fra la morte,
 eccomi...
 VENCESLAO
                    Sorgi. (Anima mia, sta’ forte).
 CASIMIRO
1240Nelle tue mani è ’l mio destin.
 VENCESLAO
                                                         Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VENCESLAO
 Cieco rotasti il ferro
 fra l’ombre.
 CASIMIRO
                         Il ferro strinsi e fui spietato.
 VENCESLAO
1245Alessandro uccidesti.
 CASIMIRO
 Il mio germano uccisi.
 VENCESLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
 E del colpo l’error fu più delitto.
 VENCESLAO
 Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              L’ho ma le taccio, o sire.
1250Se discolpe cercassi, io sarei ingiusto.
 Sarò più reo, perché tu sii più giusto.
 VENCESLAO
 (Vien meno il cor). Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
 Re, padre...
 VENCESLAO
                        E prendi in questo
 l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
1255L’ultimo?
 VENCESLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VENCESLAO
 Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove, signore?
 VENCESLAO
                                                               A morte.
 CASIMIRO
 A morte?
 VENCESLAO
                     Sì, ma vanne
 non reo ma generoso. Un cor vi porta
 degno di re che non imiti il mio.
1260A me sol lascia i pianti, a me i dolori;
 e insegnami costanza allor che mori.
 CASIMIRO
 
    Vado costante a morte,
 conservami tu solo
 la sposa mia fedel.
 
1265   Pensando al tuo gran duolo,
 sento il mio cor men forte,
 più ’l mio destin crudel.
 
 SCENA IV
 
 VENCESLAO, poi ERENICE
 
 VENCESLAO
 Importuno dover, quanto mi costi!
 ERENICE
 Vengo...
 VENCESLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
1270del reo figlio la pena,
 risparmia i voti. A te della vendetta
 debitor più non sono.
 Il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
 E te ne assolve ancora
1275la pietà di Erenice.
 Per me non vegga il regno
 la natura in tumulto,
 la patria in armi, la pietà in esiglio.
 All’ombra di Alessandro
1280basti il mio pianto e ti ridono il figlio.
 VENCESLAO
 No, con la tua pietade io non mi assolvo.
 Se restano impunite,
 passan le colpe in legge;
 e non le teme il volgo,
1285se l’esempio del re non le corregge.
 
 SCENA V
 
 ERNANDO e li suddetti
 
 ERNANDO
 Anch’io, sire...
 VENCESLAO
                             Opportuno
 tu giugni, amico. In sì grand’uopo io cerco
 o ragione o conforto.
 ERNANDO
 Per chieder grazie al regio piè mi porto.
 VENCESLAO
1290L’avrai, quando anche fosse
 la metà del mio trono.
 ERNANDO
 Ti chiedo...
 VENCESLAO
                        E che?
 ERNANDO
                                       Del principe il perdono.
 VENCESLAO
 Come?
 ERNANDO
                 N’han la tua fede i voti miei.
 In ciò non re ma debitor mi sei.
 VENCESLAO
1295Tutto a te deggio e regno e vita. Solo
 la mia giustizia, l’onor mio, la sacra
 custodia delle leggi io non ti deggio.
 ERNANDO
 (Principe, al tuo destin scampo non veggio).
 
 SCENA VI
 
 GISMONDO frettoloso e li suddetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
1300rompi ogn’indugio ed arma
 di acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avvenne?
 GISMONDO
                                                                                 Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto,
 già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah se riparo
1305tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
1310fugati i tuoi custodi, al suol gittati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 Ognun grida, ognun freme; e se veloce
 tu non vi accorri, invano
1315freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 (Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
 soddisferò, soddisferò a me stesso).
1320Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    La tempesta non giugne molesta
1325alla nave d’un saggio nocchier.
 
    Quell’oltraggio può darle naufraggio,
 agitarlo non puote il pensier.
 
 SCENA VII
 
 ERENICE
 
 ERENICE
 Che sarà? O del mio sposo
 adorata memoria,
1330non per viltà ma perdonai per gloria.
 
    Quando rimbomba il tuono,
 in questa parte e in quella,
 pallida vilanella
 volge al tugurio il piè.
 
1335   Così tu in abbandono
 resta, o sospeso core,
 ora che nel timore
 tremi né sai perché.
 
 Luogo magnifico con trono reale.
 
 SCENA VIII
 
 CASIMIRO, LUCINDA, popoli, soldati, eccetera escono al suono di militari strumenti
 
 LUCINDA
 
    Viva e regni Casimiro.
 
 POPOLI
 
1340Viva, viva.
 
 CASIMIRO
 Duci, soldati, popoli, Lucinda, (Con spada alla mano)
 qual zelo v’arma? Qual furor vi muove?
 Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Dovrò la vita al vostro
1345tumultuoso amore? Ah prima
 rendetemi i miei ceppi,
 traetemi al supplizio;
 e tu datti alfin pace,
 mio solo amor, mio sol dolore, in questa
1350sorte mia dispietata,
 raro esempio di fé, sposa adorata.
 LUCINDA
 
   Taci; non dir d’amarmi,
 se puoi abbandonarmi,
 infido e ingrato cor.
 
1355   Di’ che la morte ancora,
 crudel, più t’innamora
 che di mia fé il candor.
 
 SCENA ULTIMA
 
 VENCESLAO, ERENICE, ERNANDO e li suddetti
 
 VENCESLAO
 Ed è vero? E lo veggio?
 CASIMIRO
 Padre e signor, ritorno
1360volontario a’ tuoi ceppi;
 depongo ancor la spada e piego il capo.
 Solo a questo perdona
 popol fedel. Zelo indiscreto il mosse,
 non fellonia. Di Venceslao nel figlio
1365amò sol Venceslao, non Casimiro.
 Di me disponi. In me le leggi adempi.
 In me punisci il fallo.
 Fratricida infelice io morir posso,
 non mai figlio rubel, non reo vassallo.
 LUCINDA
 
1370   Viva, viva Casimiro.
 
 TUTTI
 
 Viva, viva. (Venceslao va sul trono)
 
 VENCESLAO
 Popoli, da quel giorno, in cui vi piacque
 pormi in fronte il diadema, in man lo scettro,
 resi giustizia e fui
1375ministro delle leggi e non sovrano.
 Ora non fia ch’io chiuda
 con ingiusta pietade e regno e vita.
 Si deve un fratricida
 punir nel figlio. Il condannai. La legge
1380re mi trovò, non padre.
 Voi nol volete; ed ora
 padre, non re mi troverà natura.
 Figlio, ti accosta.
 CASIMIRO
                                 Al soglio
 piego umil le ginocchia. (Casimiro ascende alcuni gradini del trono e s’inginocchia dinanzi al padre)
 LUCINDA
1385(Cor, non anche t’intendo).
 VENCESLAO
 Qual re avesti, Polonia, il raro, il grande
 atto, per cui lo perdi, ora t’insegni.
 Volermi ingiusto è un non voler ch’io regni. (Venceslao si leva la corona di capo in atto di porla su quello del figlio)
 CASIMIRO
 Che fai, signor?
 VENCESLAO
                                Conviene
1390far cader la tua testa o coronarla.
 CASIMIRO
 Mora il figlio e tu regna.
 VENCESLAO
                                               Il re tu sei;
 col voler di Erenice,
 con la virtù di Ernando,
 il popolo ti acclama. Io reo ti danno
1395e assolver non ti posso;
 or che tu se’ sovrano,
 assolverti potrai con la tua mano. (Venceslao corona il figliuolo al suono di vari stromenti)
 LUCINDA
 (Gioie, non mi opprimete).
 VENCESLAO
 Con giubilo or discendo
1400dall’altezza suprema,
 per un figlio acquistar, lascio un diadema. (Preso per mano Casimiro discende con esso lui dal trono)
 CASIMIRO
 La corona io ricevo
 in deposito, o padre, e non in dono.
 Tu sarai re; io servo
1405le leggi tue pubblicherò dal trono.
 ERNANDO
 Io pure in te, nuovo monarca, adoro
 l’alto voler del tuo gran padre.
 CASIMIRO
                                                         Ernando,
 non eredito re gl’odi privati.
 Ti abbraccio, amico. E tu, Erenice, in lui
1410da me prendi uno sposo,
 se nel fratello un te ne tolsi.
 ERNANDO
                                                    O sorte!
 ERENICE
 Signor, erra insepolta
 ancor l’ombra amorosa. Almen mi lascia
 piagner l’estinto, anzi che il vivo abbracci.
 ERNANDO
1415Mi basta or sol che rea
 nell’amarti non sia la mia speranza.
 ERENICE
 Tutto speri in amor merto e costanza.
 CASIMIRO
 Ultimo a te mi volgo,
 diletta sposa; cari
1420solo per te mi son la vita e ’l regno.
 LUCINDA
 Tanta è la gioia mia
 che parmi di sognar, mentre ti annodo.
 ERNANDO
 Col tuo giubbilo, o patria, esulto e godo.
 VENCESLAO
 Figlio, sul trono ascendi;
1425e le festive pompe
 destinate per me sieno tue glorie.
 Oggi per te rinasco; oggi più degno
 principio e nuova vita e nuovo regno. (Casimiro presa Lucinda per mano ascende sul trono, seggano intorno a lui Venceslao e gl’altri al suono di allegra sinfonia)
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
1430nostro duce e nostro re.
 
    Te si unisca a far beato
 tempo e sorte, amor e fé.
 
 Fine del drama