Venceslao, Vienna, van Ghelen, 1725

 ATTO PRIMO
 
 Piazza real di Cracovia, ornata d’archi trionfali e con un ramo della Vistula che le scorre per mezzo. Macchina trionfale sul fiume, da cui dovrà scendere Ernando, con gli altri capi dell’esercito, al suono di militari strumenti. Precede e siegue l’esercito polacco con molti schiavi in catene e fra loro vedrassi il teschio di Adrasto, già capo de’ rubelli cosacchi. Ad un lato della scena vedesi una scalinata del palazzo, da cui dovranno scendere Venceslao e i due principi suoi figliuoli, seguiti dalle guardie reali.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERNANDO, poi VENCESLAO, CASIMIRO e ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto. Amico regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Del fellon superbo e fiero
 vedi il teschio. In suol straniero
5insepolto il busto giace. (Ernando scende dalla macchina; e intanto Venceslao con gli altri cala dalle scale del reale palazzo e viene ad incontrarlo)
 
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 Venceslao sempre invitto,
 già ’l superbo cosacco
10morde i tuoi ceppi; e ’l contumace Adrasto,
 de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto,
 anche estinto confessa
15ne l’aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
 Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
 e di tante tue palme è nostro il frutto.
20Vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno
 difesa e primo amor. (Lo abbraccia)
 CASIMIRO
                                          (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
25generoso Alessandro. (Si abbracciano)
 VENCESLAO
 Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
30Sinor sterile prezzo
 diedi al valor di Ernando. I suoi trionfi
 ne chiedono un maggiore. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
35Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VENCESLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor. Sol per te chieggo. (Piano ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                                 O amico. (Piano ad Ernando)
 ERNANDO
40Dirò, poiché l’imponi,
 ma non senza rossor (non senza pena);
 l’oggetto de’ miei voti è un bel sembiante.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
                                                        Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo a la fede.
 VENCESLAO
45Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah! Più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
 Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzerò le fiamme. Ama, là dove
50non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se ti offendo, tacerò;
 né dirò
 di qual fiamma avvampi il cor.
 
55   Cercherò ne l’ubbidirti
 la mercede a la mia fede
 e ’l conforto al mio dolor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, CASIMIRO e ALESSANDRO
 
 VENCESLAO
 Tu de l’amico Ernando
 segui, Alessandro, le vestigia; e digli
60che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuorché il suo re, fuorché gli dei.
 CASIMIRO
 E ch’ei tema, gli aggiugni,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
65Tanto esporrò; ma troppo ingiusto sei.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
 vuol privar te di un padre e me di un figlio.
 CASIMIRO
 Del tuo poter, de la mia vita, o sire,
70usa a tuo grado. Il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude.
 Ma che un basso vapore,
 che un mio servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’e’ mi contenda e usurpi
75il possesso di un bene?
 Nol soffrirò. Sento che m’empie un core
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
 Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
80che un reo vassallo arma di un re lo sdegno
 e che prima che a te fui padre al regno.
 
    Se vuoi dar leggi al mondo,
 serba le leggi in te.
 
    Non sono gli ostri o ’l trono
85ma ’l retto esempio e ’l giusto
 ciò che temuto e augusto
 rende a’ vassalli un re.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato
 t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
90Del lituano scettro
 l’illustre principessa...
 CASIMIRO
 Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti alor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
 Rimembranze noiose.
 GISMONDO
95Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
 Giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
 la vidi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
100de l’amor mio, costei sen viene; e seco
 avrà la fé giurata,
 rinfaccerà de l’onor suo le macchie,
 i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
105E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
 Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice. Arde più forte
 del nuovo amor la face
 e goduta beltà più non mi piace.
 GISMONDO
110Vedi. Ella viene.
 CASIMIRO
                                 Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
 Misera principessa! (Si ritirano in disparte)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA con seguito, in abito d’uomo, e detti
 
 LUCINDA
 Lucinda, in quella reggia
 vive il tuo sposo, invano atteso tanto
 e sempre amato e pianto.
115Qual di sì lungo indugio
 scusa addurrà? Mio caro,
 purch’altro amor non t’abbia avvinto, io sono
 paga di tue discolpe e ti perdono.
 CASIMIRO
 Purtroppo, amico, è dessa. (In disparte a Gismondo)
 LUCINDA
                                                    In quale oggetto
120vi affissate, o miei lumi?
 GISMONDO
 Già ne osservò. (In disparte a Casimiro)
 CASIMIRO
                                Finger mi giovi. (A parte)
 LUCINDA
                                                                O numi!
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior clima a l’Orse algenti
125forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
130giammai non vidi, ove fui noto? E quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah! Quasi dissi il fier destin di amarti).
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
135L’ufficio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda io servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (Oh! Come è scaltro!)
 LUCINDA
                                                                          Io seco
140era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
 giorno (ah, giorno fatal!) che in voi si accese
 scambievol fiamma. Io seco,
 alor che le giurasti eterno amore,
145e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fiso mi osserva). Omai
 ti dovria sovvenir che in bianco foglio
 la marital tua fede
 me presente giurasti; e me presente,
150si strinse il sacro nodo,
 si diede il casto amplesso.
 Ti dovria sovvenir ch’entro sei lune
 tornare a lei giurasti;
 pur due volte d’alora
155compié l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene?
 De’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
160O disleale! O ingrato!...
 CASIMIRO
                                             A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
165abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
 (A lagrimar mi astrigne).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu vada, onde tu venga
 e qualunque sii tu,
170parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Ti consiglio a far ritorno.
 Parti. Va’
 né cercar più di così.
 
    Lungo soggiorno
175ti sarà solo
 di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GISMONDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditor? Gismondo,
 tu pur non mi ravvisi? O te ne infingi?
 GISMONDO
180(Che le dirò?) Signora,
 ben ti ravviso e ti ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
 Mi ha tradita il mio sposo? O vuol tradirmi?
 Di sua lunga dimora
185amore ha colpa? O ’l regno?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GISMONDO
 Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno;
190grado e sesso mentii; soffersi tanto.
 Vo’ saperlo; e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Aveva l’idol mio
 bel volto e cor fedel,
195quando partì da me.
 
    Orché a lui torno, o dio!
 per mio destin crudel,
 vi trovo la beltà ma non la fé.
 
 Atrio.
 
 SCENA VIII
 
 ERENICE, ERNANDO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
200A l’ombra de’ tuoi lauri
 la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
 Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
205ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
 Questi, temendo il suo rival germano,
 nascose il foco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
210L’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
 Il cosacco rubello
 a la reggia mi tolse. Io vinsi; e ’l prezzo
215esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande.
 ERNANDO
 Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro alora
220fremé, si oppose, minacciò. Compiacqui
 al suo furor: presi congedo e tacqui.
 Ora un più lungo indugio
 fora comun periglio.
 ALESSANDRO
 Ma quale è ’l tuo consiglio?
 ERNANDO
225Ne la vicina notte
 sacro imeneo vi unisca.
 ALESSANDRO
                                             E poi?
 ERNANDO
                                                            Riparo
 non avrà ’l fatto. Al mio consiglio, al nodo
 non disuguale, il padre
 darà l’assenso; e del rival germano
230sarà impotente ogni furore e vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se non dissenti.
 ERENICE
                                O dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
235Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita. (Le dà un anello)
 Sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Cedo e consorte a te mi giuro.
 ERNANDO
                                                         Parti,
240pria che ’l fratel qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                               Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo maritale amplesso.
 ERNANDO
 Io fui del mio morir fabbro a me stesso.
 ALESSANDRO
 
    Col piacer che siate miei,
245occhi bei, vi dico addio.
 
    Da voi parto sì contento
 che in lasciarvi più non sento
 il poter de l’amor mio.
 
 SCENA IX
 
 ERENICE, ERNANDO
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioia a noi,
250o magnanimo duce.
 Ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
    Bocca bella, del mio duolo
 non mi chieder il perché...
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, GISMONDO e i suddetti
 
 CASIMIRO
 Felici amanti, il mio
255importuno venir non vi rattristi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugli occhi di Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
260Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 Chi nacque re disponga
 de le nostre fortune,
265non del nostro voler. Sono gli affetti
 un bene indipendente, un ben che è nostro.
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
 non è offesa al tuo grado;
 è omaggio che si rende al bel che piace.
270Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra. (In atto di por mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
 ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor. Per poco
275tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro il venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Erenice offendesti.
 ERENICE
 Prence.
 CASIMIRO
                 Mia cara.
 ERENICE
                                     Anche per te sia questo
280l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
 L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
285Erenice è vassalla e tu sei re.
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
 sul cor di Casimiro.
 ERENICE
 Siati dunque comando il mio divieto.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando
290cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 E che vorresti?
 CASIMIRO
                               Amore.
 ERENICE
 Questo è ’l tuo sol disio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Non amarmi. Non pregarmi.
295So che inganni, non ti amerò.
 
    Usa lusinghe e vezzi.
 Tenta minacce e sprezzi.
 Alma per te non ho.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
 Amar puossi, Gismondo,
300beltà più ingiusta e più superba?
 GISMONDO
                                                               Prence,
 de l’ingrata Erenice
 si serve amor per gastigarti. Ei gode
 che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 CASIMIRO
 Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa ’l tuo core.
 CASIMIRO
305Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti,
 mentita fede, lusinghieri baci,
 Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        Eh! Taci.
 
 SCENA XIII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Infelice Lucinda, io ti compiango.
310Il tuo amor, la tua fede
 meritar ben dovea miglior mercede.
 
    Minor pena di un’alma fedele
 è l’amare un cor crudele
 che l’amarne un traditor.
 
315   Il suo amor piange sprezzata,
 ingannata, anche il suo onor.
 
 Ballo di soldati polacchi.
 
 Fine dell’atto primo