Semiramide in Ascalona, Vienna, van Ghelen, 1725

 ATTO TERZO
 
 Recinto di gabinetti di verdura.
 
 SCENA PRIMA
 
 SEMIRAMIDE e ALISO
 
 SEMIRAMIDE
 Fuggir dal fosco volto al lieto avviso
585gli vedesti tristezza?
 ALISO
 Più torbidi quegli occhi, anzi gli vidi
 empiersi tutti di un dolor funesto.
 SEMIRAMIDE
 Ah! Quanto sono, Aliso,
 vendicati i tuoi mali!
 ALISO
                                         Alma sì vile
590non ho che la ricrei ciò che ti affligge.
 SEMIRAMIDE
 Quella tranquillità, ch’ebbi in amarti,
 da me fuggì. Meglio era amarti sempre.
 ALISO
 Un tempo anch’io credei ch’esser la nostra
 felicità dovesse il sempre amarci,
595queste reggendo in pace
 belle campagne e a l’ombra
 or d’un orno, or d’un faggio
 lietamente cantando i dolci affetti.
 SEMIRAMIDE
 O in sì placida vita
600pastorelle beate!
 ALISO
 O Mennone crudel che un sì giocondo
 stato a turbar venisti. Almen contenta
 ti scorgessi con lui.
 SEMIRAMIDE
                                     Con lui mi vuole
 sempre misera il fato.
 ALISO
                                           E chi ti vieta
605una sorte miglior con Nino amante?
 SEMIRAMIDE
 O dio!
 ALISO
               Veder te moglie
 del maggior duce e del più caro a Nino,
 m’era qualche conforto;
 quale or ne avrei, potendo
610in Semira adorar la mia regina?
 SEMIRAMIDE
 Soffriamo, Aliso, ciò che ’l ciel destina.
 ALISO
 
    Oh! Foste almeno,
 vaghe pupille,
 liete e tranquille;
615poi pazienza,
 se quel sereno
 non è per me.
 
    Se dal tuo bene
 trarre io potessi
620rancori e pene,
 vile ed ingiusto
 sarei con te.
 
 SCENA II
 
 MENNONE e SEMIRAMIDE
 
 MENNONE
 Che mai dal troppo favorevol Nino
 Semiramide ottenne?
 SEMIRAMIDE
625La mia miseria, o Mennone; e l’ho cara
 nel tuo perdono.
 MENNONE
                                 Ah! Perfida! Miseria
 chiami trono e grandezza?
 Va’. Regna. Non m’importa
 né grado né favore
630né perdono né vita.
 La tua inutile grazia
 ti rendo e da la fede
 mal serbata ti assolvo.
 Tu piangi? Eh! Dimmi il lieto
635successo de’ tuoi voti
 né t’infinger pietosa
 del mal che mi facesti.
 Di chi mi nocque e mi deluse tanto,
 non credo più né a la pietà né al pianto.
 SEMIRAMIDE
640Segui, Mennone, segui,
 quasi femmina io fossi
 debole, abbietta, ambiziosa e peggio;
 e dal tuo cor giudica il mio. Non basta
 a rendermi ragion né quel che ottengo
645né quello che rifiuto. Anima ingiusta,
 senza senno feroce,
 senza rispetto amante,
 ad un padre io resisto, a un re mi oppongo;
 io ’l suo perdono, io ’l suo favor ti reco;
650io trionfo di Nino
 su l’ire e sugli affetti; e ne riporto
 le tue ingiurie in mercede e i miei rimorsi...
 MENNONE
 Ma i rimorsi che danno
 grandezza iniqua e slealtà spergiura...
 SEMIRAMIDE
655O quei che sente un’alma
 dal suo dover costretta
 ad amar chi la offende,
 a sprezzar chi la onora.
 Mennone, ah! sii più giusto.
660Non disperar la mia virtù. Stancarmi
 può un furor che mi oltraggia. Io da te esiggo
 più stima o meno amor. Se ingiuriarmi
 dee la tua gelosia, lascia d’amarmi.
 MENNONE
 O dio! Scusa, o Semira,
665una rabbia d’amor che anch’io condanno.
 Ma il re ti vorrà sua.
 SEMIRAMIDE
                                        Da me le prime
 ripulse ei n’ebbe. Va’. Segui il mio esempio.
 MENNONE
 Se da me ne dipende
 la gloria, ei tremerà solo a tentarmi.
 SEMIRAMIDE
670Eh! Vi saran per te lusinghe ancora.
 MENNONE
 Tutto perdei poc’anzi,
 per non perder Semira.
 SEMIRAMIDE
                                              Ella tel rese.
 MENNONE
 Tutto per te sprezzerò ancor.
 SEMIRAMIDE
                                                      Rifiuto
 son anche di Semira e l’Asia e Nino.
 MENNONE
675Non temer. Tornerò lieto e fedele.
 SEMIRAMIDE
 Lo spero; e alor tua sposa
 vivrò tua, sarai mio. Ma, duce, avverti.
 Quel nodo, cui non ebbe
 forza a scuoter furor, sciorria perfidia.
 MENNONE
680Che? Gelosia già in te comincia?
 SEMIRAMIDE
                                                              Un grande
 divario è da cautela a gelosia;
 quella i rischi prevede e li ripara;
 questa i mali si finge e gli alimenta.
 MENNONE
 Va’. Tornerò fedel. Sarai contenta.
 SEMIRAMIDE
 
685   Contenta mi vedrai;
 sposa mi abbraccerai;
 ma emendati geloso
 e serbati fedel.
 
    Che se soffrir potei
690l’oltraggio del sospetto,
 quello non soffrirei
 di un’anima infedel.
 
 SCENA III
 
 MENNONE, poi NINO ed ARBACE
 
 MENNONE
 Da tante smanie alfine
 parmi di respirar. Sarà mio acquisto
695Semira. Ecco puniti
 Nino e Belesa... O dio!...
 Nino ancor può voler... Belesa ancora
 riparar può l’ingiuria... Olà. Tacete
 e timori e speranze
700che a la fida Semira ingiuste siete.
 ARBACE
 A te, Mennone, il re.
 MENNONE
                                        Deh! Qual sorpresa!
 NINO
 Del tuo amico signor vieni agli amplessi,
 Mennone. In me sicuro
 fisa lo sguardo e de le cose andate
705non t’ingombri timor, che obblio le chiude.
 Siam gli stessi. Col grado
 Nino sopra gli Assiri,
 Mennone con l’amor regni su Nino;
 e se cosa v’è ancor nel regno mio
710che a te piaccia, ella è tua. Non sarai tanto
 tu in riceverla lieto,
 quanto in darla io contento.
 ARBACE
 (Povero Arbace! Il tuo destin già sento).
 MENNONE
 Magnanima bontade, in cui ravviso
715più il poter di Semira
 che di Mennone il merto.
 NINO
 No. Semira prevenne,
 non dispose i miei voti. Anche non chiesto
 ti fea grazia il mio core.
 MENNONE
                                              E pur quel core
720ne la parte migliore,
 perdonami, il dirò, venne a ferirmi.
 NINO
 Nol niego; ed a me stesso
 rimprovero ne feci. Io più vo’ dirti.
 Quando presi ad amar la tua Semira,
725m’era ascoso il tuo foco; e quando il seppi,
 ne arrossii, n’ebbi affanno; e sa quest’alma
 se per te combattei.
 MENNONE
                                       Ma nol vincesti.
 NINO
 Troppo altamente fiso
 v’era lo stral. Svellerlo volli; e ’l ferro
730più vi si ascose. Amar mi è forza, o duce,
 e mi è forza morir. Sia tua Semira;
 e ’l tuo re sia di morte.
 MENNONE
 Tolgalo il ciel. Viva al suo impero e viva
 un re sì generoso a la sua gloria.
 NINO
735Ah! Mennone, salvarmi
 tu puoi con nobil atto.
 MENNONE
                                           Io, sire, il posso?
 NINO
 Sia tua sposa Belesa, a me germana.
 ARBACE
 (Misero me!)
 NINO
                            La Siria,
 tuo governo sinora,
740sia in avvenir tuo regno.
 Cedimi sol Semira; e se ancor poco
 ti sembra il prezzo...
 MENNONE
                                        Ah! Che mi chiedi, o sire?
 Semira ha la mia fede.
 NINO
                                            E sta in tua mano
 col viver mio la sua grandezza.
 ARBACE
                                                          (Ei parla
745qual chi cedendo vuol parer costretto).
 MENNONE
 Cotesta tua grandezza è un suo rifiuto.
 NINO
 Si ostinò in suo dover; ma ne avea pena.
 MENNONE
 Che non dirà, s’io l’abbandono e cedo?
 NINO
 Preservando il tuo re, lodi ne avrai.
 MENNONE
750Ma sai tu che Belesa il nodo approvi?
 NINO
 Certo ne sii. Meglio tel dica Arbace.
 ARBACE
 E lo approva Belesa e lo disia.
 MENNONE
 Ma l’altera...
 ARBACE
                          Già intendo. Il re è presente;
 né dir tutto oserei.
 NINO
755Parto. Che posso intanto
 sperar?
 MENNONE
                  Che se in Belesa
 trovo sensi più giusti, ambo avrem pace.
 ARBACE
 (E segneranne i patti il cor di Arbace).
 NINO
 
    Né tutto ancor fidarmi
760vo’ al dolce de la speme
 né tutto abbandonarmi
 in braccio del timor.
 
    Nocchier, già quasi in porto,
 non perde la sua stella,
765restar potendo assorto
 o in subita procella
 o in sasso traditor.
 
 SCENA IV
 
 MENNONE e ARBACE
 
 MENNONE
 Siam soli. Or dimmi, Arbace. Al disonore
 di un secondo rifiuto
770non vuol Mennone esporsi.
 ARBACE
                                                    (Oh fier cimento!)
 MENNONE
 Tu sai con qual rigor trattò Belesa
 il sincero amor mio.
 ARBACE
                                        Dovea scusarla
 il decoro del grado e quel del sesso.
 Vuol beltà esser pregata e vuol far prova
775di costanza in chi l’ama.
 MENNONE
 Ma si dolse ella poi del mio abbandono?
 ARBACE
 Ogni bella ha dispetto
 che una preda già sua di man le fugga.
 MENNONE
 Né Mennone era tal che in altro amante
780avesse a risarcir ciò che perdea.
 ARBACE
 (Oh! Risponder potessi). A lei più increbbe
 veder che le togliea spoglia sì illustre
 una semplice ninfa.
 MENNONE
 Arte fu di vendetta il nuovo amore.
 ARBACE
785Non amasti Semira?
 MENNONE
                                         Anche a Belesa
 qualche arcano del cor vo’ che si serbi.
 Ma qual pegno mi dai ch’ella pentita
 a le mie nozze assenta?
 ARBACE
 Per suo comando io le proposi a Nino,
790tanto la prese la pietà di lui.
 MENNONE
 E forse amor v’ebbe gran parte, Arbace.
 ARBACE
 (Questo è ’l grave pensier che più mi rode).
 MENNONE
 Andiamo a trionfar di quell’altera
 e là risolverò. Già del mio petto
795sortì doglia, timor, rabbia, dispetto.
 
    Usignuolo, che egro e mesto
 già miravi al dolce nido
 star d’intorno angue funesto,
 non sì lieto il canto e ’l volo
800snodi e spieghi al suo partir.
 
    Qual per gioia in sen mi balza
 la poc’anzi alma dolente,
 or che sente dileguarsi
 la rea turba del martir.
 
 SCENA V
 
 ARBACE
 
 ARBACE
805Di due creduli amanti un fia schernito;
 e vicin n’è ’l momento.
 Se dopo un sì crudele esperimento
 mi tradisci, o Belesa,
 dirò che mai beltà non fu più iniqua
810e che amor non fu mai peggio tradito.
 
    Se a me tocca esser lo scherzo
 di una perfida beltà,
 fede e amor, per sempre addio.
 
    Vago ciglio e labbro accorto
815lusingar ben mi potrà;
 ma di cor non mi uscirà
 il primiero inganno mio.
 
 Ballo di giardinieri e di selvaggi.
 
 Fine dell’atto terzo