Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 Montuosa con rocca nell’alto, grotta nel mezzo e palazzo delizioso nel basso.
 
 SCENA PRIMA
 
 POLIFONTE e LICISCO
 
 POLIFONTE
 Fu voler degli dei ciò che rapina
545parve forse alla Grecia.
 Fatta è mercede al vincitore Argia.
 LICISCO
 Dal re suo padre il suo destin dipende.
 POLIFONTE
 E dipende dal ciel quel de’ regnanti.
 LICISCO
 (Epitide, se perdi
550la bella Argia, ben ne preveggo i pianti).
 
 SCENA II
 
 MEROPE e detti
 
 MEROPE
 Su l’orme di Licisco
 vengo dolente madre. Infausto grido
 sparso è d’intorno. È morto il figlio o vive?
 LICISCO
 Ciò che dirti può il re, taccia Licisco.
 POLIFONTE
555E a Merope, che il chiede, un re nol dica.
 MEROPE
 Crudel! Perché si niega
 un sì giusto conforto ad una madre?
 LICISCO
 Chi più figli non ha, non è più madre.
 MEROPE
 Ah! Lo dicesti pur; morto è il mio figlio.
 LICISCO
560Alla madre morì, pria che alla vita.
 MEROPE
 E la vita, ch’ei spira, egli è pur sangue
 delle viscere mie.
 POLIFONTE
                                   Tuo sangue ancora
 era quel di due figli.
 MEROPE
                                        Ed io lo sparsi?
 POLIFONTE
 La Messenia lo sa; la fama il dice.
 MEROPE
565Basta che il cor mi assolva e che gli dei
 veggan la mia innocenza e la mia fede.
 LICISCO
 Innocente esser puoi;
 ma la Grecia lo niega.
 POLIFONTE
                                          E un re nol crede.
 MEROPE
 Empio, non sempre esulterai sul pianto
570dell’oppressa innocenza.
 POLIFONTE
 Chi d’infamia ha rossor, fugga la colpa.
 MEROPE
 E chi di colpa è reo, tema la pena.
 POLIFONTE
 Ah! Merope, del tuo, del tuo delitto
 con qual fronte m’accusi? E con qual prova?
575Dal pubblico giudizio eccomi pronto
 a ricever la legge; e dal castigo
 non m’esenti il diadema.
 LICISCO
 Ove il reo non è certo, ognun si tema.
 POLIFONTE
 Ma qual suono festivo odo dal monte?
 
 SCENA III
 
 Preceduto da festoso seguito di messeni, EPITIDE esce dalla grotta e viene scendendo dal monte. I suddetti
 
 EPITIDE
 
580   Piagge amiche fortunate...
 
 LICISCO
 (D’Epitide è la voce).
 EPITIDE
 
    Piagge amiche fortunate,
 festeggiate. Il mostro è ucciso.
 
    E con onde al mar turbate
585più non corra il bel Pamiso.
 
 POLIFONTE
 Lascia che al seno, o generoso, o prode
 del messenico regno
 liberator... Perché t’arretri?
 EPITIDE
                                                     Avvezze
 con le fiere a lottar, braccia selvagge
590ricusano l’onor di regio amplesso.
 MEROPE
 (O dei! Qual, se l’ascolto, e qual, se il miro,
 mi si desta nell’alma inusitato
 non inteso tumulto?)
 POLIFONTE
 Libero è il regno; ogni alma esulta; e sola
595nel pubblico piacer Merope è mesta?
 EPITIDE
 Che? La regina... O dio! Merope è questa?
 MEROPE
 Merope sì, non la regina. Un’ombra
 son di quella che fui.
 EPITIDE
 Concedi, o donna eccelsa,
600(ah, quasi dissi o madre)
 ch’io baci umil la nobil destra.
 MEROPE
                                                         (O bacio,
 onde in seno m’è corso e gelo e foco!)
 POLIFONTE
 Come? Di Polifonte
 fuggir le amiche braccia? E imprimer poi
605su colpevole man bacio divoto?
 EPITIDE
 Giurai di farlo ed or ne adempio il voto.
 POLIFONTE
 Perché il giurasti? A chi?
 MEROPE
                                                Straniero, addio.
 (Cresce in mirarlo il turbamento mio).
 EPITIDE
 Ciò ch’esporrò, regina, (Trattenendo Merope)
610la tua richiede e la real presenza.
 MEROPE
 O ciel! La mia? Parla, chi sei? Che rechi?
 EPITIDE
 M’accingo ad ubbidirti.
 Etolo io son. Ne’ calidonii boschi
 della saggia Ericlea nacqui ad Oleno.
615Il mio nome è Cleon.
 LICISCO
                                         (Par vero il falso,
 con tal arte l’adorna).
 MEROPE
 Or d’Etolia a noi vieni?
 EPITIDE
 Vengo di Delfo. Ivi desio mi trasse
 di saper la mia sorte. Ove si parte
620la via tra Delfo e Dauli,
 trovai nobil garzon giacer trafitto.
 POLIFONTE
 Che? Trafitto un garzon tra Dauli e Delfo?
 LICISCO
 Nella Focide?
 EPITIDE
                            Appunto.
 LICISCO
 Quant’ha?
 EPITIDE
                       Sei volte e sei rinato è il giorno.
 LICISCO
625Tutto s’accorda, e il tempo e il loco. (A Polifonte)
 POLIFONTE
                                                                  Estinto
 il ferito giacea?
 EPITIDE
                               Tanto di vita
 spirava ancor che poté dirmi: «Amico,
 moro. Di masnadieri
 turba feroce, alle rapine intesa,
630m’assassinò. Nel fior degli anni io moro».
 MEROPE
 Misero!
 EPITIDE
                  «Di Messene
 nella reggia» soggiunse «a Polifonte
 ed a Merope porta
 quest’aureo cinto e questa gemma illustre,
635mie spoglie e mio retaggio.
 Bacia per me di Merope la destra,
 la destra, sì, che forse
 mi chiuderebbe, in mesto uffizio e pio,
 le gravi luci». Egli in ciò dir la mano,
640ch’io stesa avea, strinse alla sua; poi tacque;
 gittò un sospiro, abbassò i lumi e giacque.
 MEROPE
 Qual funesta caligine m’ingombra?
 Qual freddo orror m’empie le vene e l’ossa?
 Sentì l’alma presaga
645l’infausto annunzio. O desolato regno!
 O sconsolata madre!
 Epitide, il mio amore, il mio conforto,
 l’unico figlio, il caro figlio è morto.
 POLIFONTE
 Tace ne’ gravi mali un gran dolore.
650(Sappi occultar l’interna gioia, o core).
 LICISCO
 Freno al dolor. Non è la ria sciagura
 ben certa ancor.
 MEROPE
                                Sì, che più tardi? Il cinto
 dov’è? Dove la gemma, antico dono
 d’infelice regina?
 EPITIDE
                                   E quello e questa
655eccoti, o regal donna. (Al suo tormento,
 del mio inganno crudel quasi mi pento).
 MEROPE
 Spoglie del figlio ucciso,
 del mio misero amor memorie infauste,
 desse purtroppo siete;
660ben vi ravviso. Or che più cerco? Vieni
 per questi ultimi baci,
 per questi amari pianti,
 vieni sul labbro, o cor, vieni sul ciglio;
 è morto il caro figlio.
 EPITIDE
665(Resisto appena).
 LICISCO
                                   Il grido
 nulla mentì del caso acerbo e fiero. (A Polifonte)
 POLIFONTE
 Ma di Merope il pianto è menzognero. (A Licisco)
 MEROPE
 (Quietatevi, o singulti. Omai l’oggetto
 si cerchi alla vendetta; e si risvegli,
670qual dall’onda l’ardor, l’ira dal pianto).
 Dimmi, o Cleon. Solo giacea l’estinto?
 EPITIDE
 Senza compagno al fianco.
 LICISCO
                                                  E solo appunto
 sortì d’Etolia e sconosciuto il prence.
 MEROPE
 Turba di masnadieri
675non lo assalì?
 EPITIDE
                            Spoglie gli tolse e vita.
 MEROPE
 Di molte piaghe o d’una sola?
 EPITIDE
                                                        Il sangue
 di più vene gli uscia.
 MEROPE
                                         L’ora?
 EPITIDE
                                                       Non molto
 dopo il meriggio.
 MEROPE
                                  E come
 semivivo restò? Come il furore
680non finì di svenarlo?
 EPITIDE
 Forse estinto il credé.
 MEROPE
                                          No, traditore.
 Di’ che tu l’uccidesti.
 EPITIDE
 Io, regina, io l’uccisi?
 MEROPE
 Tu, infame. Erano spoglie
685sì vili e questo cinto e questa gemma?
 Non le curò la predatrice turba?
 Nel chiaro dì quel non gli vide al fianco?
 Non questa al dito? Ah barbaro! Ah fellone!
 Tu, tu l’assassinasti.
690Scusa, se puoi, la tua perfidia. Il core
 mel disse al primo sguardo. Or mel conferma
 quel mentir, quel tremar, quel tuo pallore.
 EPITIDE
 Se colpevole io sia...
 MEROPE
                                       Sei traditore.
 
    Col mio figlio sventurato
695tu di madre, o scellerato,
 il bel nome a me togliesti
 e seco la mia pace ed il mio bene.
 
    Ma di madre in questo core
 resta il duol, resta l’amore,
700per far le mie vendette e le tue pene.
 
 SCENA IV
 
 POLIFONTE, EPITIDE e LICISCO
 
 POLIFONTE
 Di Merope dall’ira
 la tua vittoria e il mio poter t’è scudo.
 Ella matrigna a’ vivi,
 madre parer vuole a’ suoi figli estinti.
 EPITIDE
705Se estinti gli bramò, perché gli piange?
 POLIFONTE
 Tutto è menzogna. O nulla costa o poco
 ad occhio femminil pianto bugiardo.
 LICISCO
 E mal giudichi un cor, se credi al guardo.
 POLIFONTE
 Pace all’ombra real. Giorno sì lieto,
710in cui per tuo valor salva è Messene,
 festeggi i tuoi sponsali.
 EPITIDE
 I miei?
 POLIFONTE
                 Di quanto oprasti alta mercede
 avrai nell’amorosa
 regal vergine illustre,
715scelta da’ numi a te compagna e sposa.
 
    Se vaga sia,
 se sia vezzosa
 la dolce sposa
 che il ciel gli diè,
720tu gli dirai per me, (A Licisco)
 tu lo vedrai. (Ad Epitide)
 
    A quel bel viso ancelle
 stanno le grazie e ’l riso;
 e l’amorose stelle
725scintillano in que’ rai.
 
 SCENA V
 
 EPITIDE e LICISCO
 
 EPITIDE
 A me nozze? A me sposa?
 LICISCO
                                                 Il ciel decreta.
 Epitide ubbidisca.
 EPITIDE
                                     E posso io farlo?
 Consigliarlo Licisco?
 LICISCO
 Così servo al tuo cor, così al tuo amore.
 EPITIDE
730Il mio amore, il mio cor, l’anima mia
 non è, lo sai, che l’amorosa Argia.
 LICISCO
 E Argia sarà tua sposa;
 Argia sarà tuo premio. Il ciel la volle
 prigioniera in Messene,
735perché seco tu regni amato amante.
 EPITIDE
 O me, se ciò fia vero,
 fortunato amator, lieto regnante!
 LICISCO
 Segui il sentier ben cominciato e spera.
 Sposo sei ma beltà non ti lusinghi;
740figlio sei ma pietà non ti tradisca.
 L’odio, l’amore, il sangue,
 tutto dubbio ti sia. Temine e fingi.
 EPITIDE
 Ah! Che il duol della madre è mio spavento.
 LICISCO
 Dillo tua debolezza. A te i fratelli,
745a te il padre sovvenga e il tuo periglio.
 EPITIDE
 Sì, ma Merope è madre ed io son figlio.
 LICISCO
 
    Mi piace che t’accenda
 con degni affetti
 la dolce sposa,
750la cara madre il cor.
 
    Ma dal figlio il padre aspetta
 la vendetta;
 e la chiede alla tua fede
 e la vuol dal tuo valor.
 
 SCENA VI
 
 EPITIDE
 
 EPITIDE
755Merope, Polifonte, Argia, Messene,
 gloria, regno, vendetta, odio ed amore,
 tutti voi siete oggetto
 di spavento e d’invito a’ miei pensieri.
 Il dibattuto cor qua e là si volve,
760qual da turbine spinta arena o polve.
 
    Se pensar potessi ognora
 a quel ben che m’innamora,
 quanto più lieta avrei
 nel sen quest’alma!
 
765   Ma il pensier de’ mali miei
 toglie a me pace sì bella,
 qual toglie la procella
 al mar la calma.
 
 Cortile.
 
 SCENA VII
 
 POLIFONTE e MEROPE
 
 POLIFONTE
 Merope a Polifonte
770sì cortese or favella?
 MEROPE
                                        A Polifonte.
 A te così tiranno, io sì nimica
 porto un mio voto e un dono mio. Caduto
 il mio figlio, il tuo re, mio re t’onoro;
 ma sii giusto e sii grato. Un figlio, o sire,
775mi fu, tu ’l sai, misera madre! ucciso.
 Cleon n’è l’assassin. Di quell’iniquo
 qui ti chieggo la pena e il voto è questo.
 Or vedi il dono. All’are sacre io stendo
 la man che pria negai. Con questa legge,
780se ti piace il regnar, ti chiamo al trono;
 se ti move l’amor, tua sposa io sono.
 POLIFONTE
 Merope, ingiusto è il voto e tardo è il dono.
 In Cleon, che tu fingi un assassino,
 la Messenia ha un eroe. Sdegno il tuo nodo.
785E per te, ch’or mi prieghi, io più non ardo.
 Il tuo voto, il tuo dono è ingiusto, è tardo.
 MEROPE
 Ben difendi Cleon. Ben mi rinfacci
 co’ miei preghi le offerte; e ben mi sdegni;
 ma sappi, e mio nemico e mio tiranno,
790sappi tutto il mio cor. Materno affetto,
 non timor, non viltà fu mio consiglio.
 Per vendicar un figlio, io nella madre
 la sposa ti promisi;
 ma parlò solo il labbro; e questa mano
795era pronta a svenarti,
 prima che profanato
 fosse il mio seno dagli amplessi tuoi.
 Tentai la sorte e mi tradì. Bell’ombra
 d’Epitide infelice, il dolce, il caro
800piacer di vendicarti ancor m’è tolto
 ma non già la speranza. Empio, paventa,
 se non me, gli alti dei. Se tanto in terra
 non puote il desir mio,
 in cielo almeno, in ciel potran ben tanto
805del figlio il sangue e della madre il pianto.
 POLIFONTE
 Quel tuo pianto ingannar non può gli dei.
 Tu la rea, la crudel, l’empia tu sei.
 
 SCENA VIII
 
 MEROPE e TRASIMEDE
 
 MEROPE
 Troppo sinistro ho il fato.
 TRASIMEDE
 Dillo propizio. Avvinto
810Anassandro è fra’ ceppi, alta regina.
 MEROPE
 Giusti dei! Pur vi fece
 pietà la mia innocenza.
 Trasimede fedel, che non ti deggio?
 A me tosto il fellon. (Alle guardie)
 TRASIMEDE
                                       Non lungi attende
815la pena sua.
 MEROPE
                         Qual l’hai sorpreso e dove?
 TRASIMEDE
 Dove più folto il bosco
 ricusa il giorno. Egli fuggir volea;
 ma da’ miei pronti arcieri
 cinto, temé la minacciata morte.
 MEROPE
820Già viene il traditor. Nel fosco volto
 di perfidia e timor spiega l’insegne.
 
 SCENA IX
 
 ANASSANDRO in catene fra guardie e detti
 
 ANASSANDRO
 Voi mi tradiste, inique stelle indegne.
 MEROPE
 Qual colpa han di tua pena
 gli astri innocenti? Al tuo fallir la devi.
 ANASSANDRO
825A me la debbo, è vero.
 Già ne sento l’orror; veggo i ministri;
 s’arruotano le scuri, ardon le fiamme.
 MEROPE
 Ma fiamme, scuri e orribili tormenti
 degne pene non fien del tuo delitto.
 ANASSANDRO
830Né uguali al mio rimorso. Errai, regina.
 MEROPE
 E reo del mio dolore
 perché farti? Perché? De’ miei custodi
 era duce Anassandro.
 ANASSANDRO
                                          Era tuo servo.
 TRASIMEDE
 Da lei beneficato.
 ANASSANDRO
                                   E tra i più cari.
 MEROPE
835E tu ingrato...
 ANASSANDRO
                            Sacrilego.
 MEROPE
                                                Tra l’ombre
 trafiggesti il mio re.
 ANASSANDRO
                                       Cresfonte uccisi.
 MEROPE
 Né sazio d’una morte e d’una colpa,
 svenasti i figli miei.
 ANASSANDRO
                                       Coppia innocente!
 TRASIMEDE
 Confessa il fallo. (A Merope)
 MEROPE
                                  Il perfido non mente. (A Trasimede)
 TRASIMEDE
840Or di’, chi tal fierezza
 ti consigliò?
 ANASSANDRO
                         Molto a dir resta; e molto
 resta a saper. Di pubblico delitto,
 pubblico sia il giudizio. Alla Messenia
 io ne debbo ragion.
 MEROPE
                                      Va’, Trasimede;
845tosto raduna e popoli e guerrieri;
 e nella rocca eccelsa
 costui ben custodisci, ond’ei non fugga
 la sua condegna capital sentenza;
 spavento della colpa
850e trofeo diverrà dell’innocenza.
 TRASIMEDE
 
    Vanne alla pena, o perfido.
 
 ANASSANDRO
 
 Perfido, è ver, cadrò,
 non cadrò solo.
 
    Nel mio cader trarrò
855qualche piacere almen
 dall’altrui duolo. (Si partono le guardie dietro ad Anassandro)
 
 SCENA X
 
 TRASIMEDE e MEROPE
 
 TRASIMEDE
 Seguitelo, o miei fidi. Il suo castigo
 ad affrettar io parto.
 Solo, pria di partir...
 MEROPE
                                        Parla.
 TRASIMEDE
                                                     Concedi
860che sul timido labbro esca un sospiro
 e ti dica per me...
 MEROPE
                                   Segui; ma prima
 rifletti, o Trasimede,
 che a Merope tu parli,
 vedova di Cresfonte e tua regina.
 TRASIMEDE
865Oimè!
 MEROPE
                Perché ammutir?
 TRASIMEDE
 
    Basti così.
 Quel sospiro che m’uscì
 reo mi fa partir da te.
 
    Al tuo core esso dirà
870ciò che tace il mio rispetto.
 Serva e peni il chiuso affetto
 e sol parli la mia fé.
 
 SCENA XI
 
 MEROPE
 
 MEROPE
 Trasimede, t’intendo;
 ma troppo del suo duol piena è quest’alma,
875perché al tuo donar possa un sol pensiero.
 Un empio è già ne’ lacci e a te lo deggio.
 Cadrà ne’ suoi l’usurpator tiranno.
 Resta Cleon. Diasi ad Averno e all’ombra
 d’Epitide dolente
880questa vittima ancor. Madre e consorte,
 debbo a me la vendetta e poi la morte.
 
    Lo sdegno placherò;
 ma poi non lascierò
 di piangere e lagnarmi.
 
885   Mancar mi può l’oggetto
 dell’odio e del furor;
 ma quello del dolor
 non può mancarmi.
 
 Sala con trono e sedili.
 
 SCENA XII
 
 ARGIA, LICISCO e poi EPITIDE
 
 ARGIA
 Dunque Epitide vive?
 LICISCO
890Col nome di Cleon vive in Messene
 e vincitor s’onora e fia tuo sposo.
 ARGIA
 Soave prigionia, per cui qui godo
 sorte sì bella.
 EPITIDE
                           (È dessa). Amata Argia. (Licisco si scosta in atto di guardare per la scena)
 ARGIA
 Epitide adorato.
 EPITIDE, ARGIA A DUE
                                 Anima mia.
 LICISCO
895Mal guardinghi che siete! È luogo, è tempo
 questo a trattar con libertà gli affetti? (Entra nel mezzo)
 ARGIA
 Licisco.
 EPITIDE
                 Amico.
 LICISCO
                                 Un guardo basti. Andate;
 e fra i nostri nimici
 sia più saggio il tuo amor, (Ad Epitide),
                                                   più cauto il tuo. (Ad Argia)
 ARGIA
900Giusta è la tema. Addio.
 EPITIDE
 Che? Sì tosto partir?
 ARGIA
                                         Non si tradisca
 per un cieco piacer quel gran disegno
 che a te assicura e la vendetta e il regno.
 
 SCENA XIII
 
 LICISCO ed EPITIDE
 
 LICISCO
 Saria teco sospetto anche Licisco.
905Io parto. Un gran timore in gran periglio
 è il più sano consiglio. (Si parte)
 EPITIDE
 L’ardir teme Licisco, Argia l’amore;
 io temo la pietà. Quelle ch’io vidi
 cader lagrime amare
910di Merope sul volto ancor rammento.
 Poi dico a me: «Quanto crudele, ahi quanto
 fosti, o mio core, a provocar quel pianto!»
 
 SCENA XIV
 
 MEROPE, TRASIMEDE, LICISCO ed EPITIDE, seguito di popoli e di soldati; poi POLIFONTE
 
 MEROPE
 Seguami pur Licisco.
 Resti Cleon. Presente
915all’alto formidabile giudizio,
 tutto vorrei, non che la Grecia, il mondo.
 TRASIMEDE
 Sol manca il re.
 EPITIDE, LICISCO A DUE
                               Che fia?
 POLIFONTE
 (Stabilirò sul trono
 qui la vendetta e la fortuna mia).
920E che? Senza il mio voto e me lontano,
 v’è chi raduna e popoli e soldati?
 MEROPE
 Mio ne fu il cenno; e questo,
 dacché vedova son, fu il primo e il solo.
 Qui si dee, Polifonte,
925l’innocenza svelare e il tradimento,
 qui decretar la vita e qui la morte
 e qui veder s’è rea,
 del sangue di Cresfonte e de’ suoi figli,
 un’empia madre o un perfido vassallo.
 POLIFONTE
930Chi dar dovrà l’accusa? E chi punirla?
 MEROPE
 L’accusator sarà Anassandro, alfine
 tratto ne’ ceppi. E voi,
 voi, messeni, custodi delle leggi,
 difensori del regno, e tu che sei (A Trasimede)
935del consiglio sovran regola e mente,
 il giudice sarete.
 EPITIDE
                                 Ella è innocente. (Piano a Licisco)
 LICISCO
 Tal sembra. (Piano ad Epitide)
 POLIFONTE
                          Opra è de’ numi
 l’arresto d’Anassandro. Ei qui si tragga.
 Saranno Trasimede e la Messenia
940il tuo giudice e il mio.
 TRASIMEDE
 Facciasi. Ad Anassandro
 diasi libero campo
 di favellar. Licisco
 e Merope e Cleon meco s’assida;
945e tu, signor, sul trono eccelso ascendi,
 a cui da’ nostri voti alzato fosti.
 POLIFONTE
 No no, mi spoglio anch’io
 del reale carattere che in fronte
 m’imprimeste, o messeni.
950Reo Merope mi crede e, finché il vostro
 memorabil giudizio
 purghi il mio nome e la mia gloria assolva,
 eccovi Polifonte,
 non re ma cittadino. Il re voi siete;
955ed al vedovo trono io queste rendo
 non mie ma vostre alte reali insegne. (Depone sul trono la corona e lo scettro)
 Merope, or senti; in noi
 c’è il reo, c’è l’innocente.
 Tu accusi Polifonte,
960te la Messenia. Orsù, la legge è questa,
 al giusto la corona, al reo la testa. (Va a sedere con gli altri)
 LICISCO
 Ei non errò. (Ad Epitide)
 EPITIDE
                          (Voi lo sapete, o dei).
 TRASIMEDE
 (Tutti sono in tumulto i pensier miei).
 MEROPE
 Sommo nume increato,
965cui sul lucido seggio, ove non sale,
 non che l’occhio, il pensier, nulla s’asconde,
 geni voi, tutelari
 di questo regno, e voi,
 del mio re, de’ miei figli,
970che d’intorno m’udite, anime belle...
 
    Fate voi che il ver s’intenda,
 che risplenda l’innocenza
 
    e sul collo all’empio cada,
 con giustissima sentenza,
975l’alta fatal vendicatrice spada. (Va a sedere a suo luogo)
 
 SCENA XV
 
 ANASSANDRO incatenato fra guardie e i detti
 
 ANASSANDRO
 Ove sono le scuri? Ove i ministri?
 Ove il palco di morte?
 L’ho meritata vil, l’attendo forte.
 TRASIMEDE
 L’avrai, fellon, l’avrai ma in più tormenti,
980in più pene divisa.
 Se la vuoi men crudel, qui t’apparecchia
 nulla a tacer, nulla a mentir del grave
 abbominando eccesso,
 consigliato da altrui, da te commesso.
 ANASSANDRO
985A che richieste? A che minacce? Io sono
 l’uccisor di Cresfonte e de’ suoi figli.
 Ecco il braccio, ecco il ferro. In brevi accenti,
 ecco il delitto, il testimon, la prova. (Gitta uno stilo nel mezzo)
 TRASIMEDE
 Non basta. Del misfatto
990si cerca il seduttor, non il ministro,
 non chi eseguì ma chi ordinò la colpa.
 ANASSANDRO
 A quel duro cimento eccomi giunto
 ch’io più temea. Spietato
 fui per esser fedel. Deh, questo vanto
995non mi si tolga in morte; e mi si lasci
 portare a Radamanto
 un mio solo delitto e il sol mio pianto.
 MEROPE
 No no, rompi cotesto
 silenzio contumace.
 ANASSANDRO
1000O dio!
 POLIFONTE
               Che tardi? A forza di tormenti
 parlerai, se persisti.
 ANASSANDRO
 Su via, si parli. Un traditor non mente,
 quando in morir teme il rimorso o il sente.
 Cadde Cresfonte e diede al colpo atroce
1005Merope...
 MEROPE
                     Ferma e prima
 fissa in Merope un guardo, un ne ricevi;
 e passi dal mio volto e dal mio sguardo
 entro l’anima tua, quantunque infame,
 una voce, un’idea che ti sgomenti.
1010Riconoscimi e poi
 che colpevole io sia, dillo, se puoi.
 ANASSANDRO
 (Ahi voce! Ahi vista! Instupidita è l’alma.
 Sudo, tremo vacillo, ardo ed agghiaccio).
 POLIFONTE
 Merope, non si teme,
1015da chi è innocente, accusator che parli;
 né al suo labbro s’insulta. E tu, Anassandro,
 che più tacer? Del giudice l’aspetto
 e non l’ira del reo sia tuo spavento.
 EPITIDE
 (Temo su quelle labbra il tradimento).
 ANASSANDRO
1020(Rimorsi, addio. Lice, se giova). Io manco,
 lo so, messeni, alla giurata fede.
 Pur questo debbo al vero
 sacrifizio funesto,
 prima che del mio fral sia sciolto il laccio.
1025Cadde Cresfonte; e diede
 Merope il cenno ed Anassandro il braccio.
 TRASIMEDE
 Merope il cenno?
 POLIFONTE
                                   (Eccomi in porto).
 EPITIDE
                                                                       O madre. (Vuole avanzarsi ed è trattenuto da Licisco)
 LICISCO
 Fermati e attendi.
 MEROPE
                                    Io diedi
 il comando sacrilego? Ove? Quando?
1030Come? Perché?
 ANASSANDRO
                                Regina, ah! fossi stato
 sordo a’ tuoi preghi. Io, servo,
 ubbidir ti dovea. Tu l’uscio apristi;
 tu l’ora, il letto, il seno
 segnasti, in cui le piaghe...
 POLIFONTE
1035Non più. Già sei convinta,
 perfida donna. La sentenza è data;
 Trasimede la scriva;
 la Messenia la segni.
 Vattene. Alla tua pena oggi t’appresta.
1040Al giusto la corona, al reo la testa. (Le guardie vanno a circondar Merope e Polifonte ripiglia la corona e lo scettro dal trono)
 MEROPE
 Ah scellerato! Ah traditor! Messeni,
 Licisco, Trasimede,
 è impostor chi m’accusa;
 è reo chi mi condanna. In me salvate
1045non la regina offesa,
 non la sposa tradita,
 non la madre dolente,
 l’infelice salvate e l’innocente.
 
    Un labbro, un cor non è
1050che parli o sia per me;
 e si lascia abbandonata
 l’innocenza in braccio a morte.
 
    Ma il morir non è il mio duolo;
 duolmi solo
1055il vedermi condannata
 empia madre e rea consorte. (Si parte seguitata dalle guardie)
 
 SCENA XVI
 
 POLIFONTE, TRASIMEDE, EPITIDE, LICISCO ed ANASSANDRO
 
 POLIFONTE
 Non si perdan momenti. Oggi s’affretti
 a Merope la morte
 e dal peggior secondo mostro indegno
1060purghisi omai della Messenia il regno.
 TRASIMEDE
 Signore, il regal sangue,
 onde Merope uscì...
 POLIFONTE
                                       Vani riguardi.
 Sia mia cura punir l’empio Anassandro
 e Merope la tua. Va’, scrivi, adempi
1065la capital sentenza; e se paventi
 d’esser giudice suo, paventa ancora
 il tuo giudice in me. Voglio che mora.
 TRASIMEDE
 Parto a ubbidir. (Regina sfortunata!) (Si parte)
 EPITIDE
 Ella a morir? Messeni,
1070una moglie real mal si condanna
 sull’accusa infedel d’un traditore.
 Nella morte di lei
 voi siete ingiusti e un traditor tu sei. (Si parte)
 LICISCO
 (O amore! O ardir! Seguo i suoi passi). (Si parte)
 ANASSANDRO
                                                                          (O dei!
1075Che vidi? Egli è pur desso).
 POLIFONTE
 Si perdoni a Cleon cotanto ardire. (Fa cenno alle guardie d’Anassandro che si ritirino)
 ANASSANDRO
 (Cleone? Egli è deluso).
 POLIFONTE
 Soli ora siamo; e posso
 dirti: «Amico fedel, per te re sono».
 ANASSANDRO
1080Ma sotto il piè non hai ben fermo il trono.
 POLIFONTE
 Merope estinta, onde temerne il crollo?
 ANASSANDRO
 D’Epitide dall’ira.
 POLIFONTE
 Può farmi guerra un nudo spirto? Un’ombra?
 ANASSANDRO
 Vive in Cleone il tuo maggior nimico.
1085Nell’etolica reggia, allor che occulto
 vi passai per tuo cenno,
 più volte il vidi e impresso
 restò quel volto entro l’idea.
 POLIFONTE
                                                     T’inganni.
 ANASSANDRO
 No, non m’inganno; è desso.
 POLIFONTE
1090Grand’insidie mi sveli e grande arcano.
 A te il regno dovea, debbo or la vita.
 Presto n’avrà tua fede,
 te ne assicura un re, degna mercede.
 ANASSANDRO
 Tal dal tuo amor la spero.
 POLIFONTE
                                                 Ancor per poco
1095soffri i tuoi ceppi. Olà, custodi. (S’avanzano le guardie)
                                                           In cieca
 stanza si chiuda l’empio.
 La sua pena ivi attenda, ivi il suo scempio.
 ANASSANDRO
 Morrò; ma di mie colpe
 la memoria vivrà. Grande e temuta
1100ombra sarò d’Averno;
 e avrò da’ gran delitti un nome eterno. (È condotto via dalle guardie)
 POLIFONTE
 Si liberi il mio cor d’un gran sospetto;
 poscia gli angui del crin scuota Megera
 e del tosco peggior sparga il mio petto.
 
1105   Nel mar così funesta
 non freme la tempesta
 né piomba tanto irato
 il fulmine dal ciel,
 come sarà crudel,
1110quanto sarà spietato
 il mio furor.
 
    Son tiranno; ma nel soglio
 esser voglio
 per politica un ingrato,
1115per cautela un traditor.
 
 Il fine dell’atto secondo