Faramondo, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO TERZO
 
 Stanza nel palazzo di villa di Rosimonda.
 
 SCENA PRIMA
 
 GUSTAVO e ROSIMONDA
 
 GUSTAVO
 Tu, contumace al padre,
1185al fratello spergiura,
 tu salvar Faramondo?
 ROSIMONDA
                                           Ei si era posto
 volontario ne’ ceppi.
 GUSTAVO
                                        Anzi vel trasse
 l’orror del suo delitto.
 Te chi mosse a salvarlo?
 ROSIMONDA
                                              A lui non volli
1190dover la mia vendetta.
 GUSTAVO
                                            Odio, ch’è giusto,
 non ha tanti rispetti. Ah, figlia, figlia,
 tu arrossisci richiesta
 e colpevole sei di maggior fallo.
 ROSIMONDA
 Io, padre?
 GUSTAVO
                      A un vile affetto,
1195senz’aver al tuo sangue,
 a’ dei patrii, al mio sdegno alcun riguardo,
 consegnasti te stessa.
 Svela pur la tua colpa.
 Non la devi temer, se l’hai commessa.
 ROSIMONDA
1200Padre, un affetto è amore
 di noi più forte e tu medesmo il sai.
 Nel suo poter discolpe
 pur non cerco al mio fallo.
 Amo, sì, Faramondo.
 GUSTAVO
                                         E tanto ascolto?
 ROSIMONDA
1205Ma l’amo da nimica e da tua figlia.
 GUSTAVO
 Non dovea una mia figlia
 salvar mai Faramondo.
 ROSIMONDA
                                             Il voglio estinto.
 GUSTAVO
 Ma libertà gli desti.
 ROSIMONDA
 Per punirlo più giusta.
 GUSTAVO
1210Vattene; a me si aspetta
 di te far, e di lui, giusta vendetta.
 ROSIMONDA
 
    Vuoi vedermi il cor trafitto?
 Nel mio amore il puoi mirar.
 
    La mia colpa è tua vendetta,
1215che se amor fa il mio delitto,
 anche amor fa il mio penar.
 
 SCENA II
 
 GUSTAVO
 
 GUSTAVO
 E il crudel Faramondo
 con l’odio e con l’amor così trionfa
 del sangue di Gustavo?
1220Qual de’ figli mi svena;
 qual mi rende infedel. Se tutto io seguo
 l’impeto che mi trae, cose udrà il mondo
 non più intese e che fede
 nelle venture età trovino appena.
1225Già l’attonita mente altro non volge
 che il suo furor. Me pieno
 fa de’ suoi mostri; e solo
 mi trova genitor l’ombra di Sveno.
 
 SCENA III
 
 CLOTILDE, ADOLFO e GUSTAVO
 
 CLOTILDE
 Gustavo, or che al tuo sdegno
1230una vittima è tolta, io qui per l’altra
 ti porgo i preghi miei.
 GUSTAVO
                                           Sarà cambiata
 la vittima e non tolta;
 ti unirò al tuo amator.
 ADOLFO
                                           Padre, qual colpa,
 qual legge la condanna?
 GUSTAVO
                                              Il mio furore,
1235il suo orgoglio, il tuo amore.
 ADOLFO
 Ah, pria che que’ bei lumi
 chiuda un eterno obblio, sia tua Clotilde.
 Volontier te la cedo.
 CLOTILDE
                                       Io sola, Adolfo,
 ho ragion sul mio cor.
 ADOLFO
                                          Non ti sgomenti
1240il vederla costante.
 GUSTAVO
 Tarda è la tua pietade.
 Più non son genitor né son più amante.
 
 SCENA IV
 
 TEOBALDO con CHILDERICO e i detti
 
 TEOBALDO
 Signore, anche Teobaldo
 nega di esser più padre.
1245Costui, dacché le leggi
 trascurò di vassallo, ha violate
 quelle ancora di figlio.
 CHILDERICO
                                           In che son reo?
 TEOBALDO
 La fuga del re franco è suo delitto.
 In custodia ei l’avea.
 CHILDERICO
1250Rosimonda...
 TEOBALDO
                           Gustavo
 qui è re. Tu servi a lui, fellon gli fosti;
 e un padre accusator prova è del fallo.
 A te tocca il punirlo;
 tu sei giudice, io padre ed ei vassallo.
 GUSTAVO
1255Saran paghi i tuoi voti. A me si rechi
 seggio e carta, o custodi.
 Ha, Teobaldo, il tuo esempio
 di che farmi arrossir. Per minor colpa
 tu puoi perder il figlio. Io, senza interno
1260rimprovero del cor, non posso i miei
 dannar, benché più rei.
 Si cerchi una vendetta
 ch’abbia più di piacer, meno di orrore. (Si asside e scrive)
 ADOLFO
 Dell’idol mio pietà ti prenda, amore.
 CLOTILDE
1265A che per la mia vita
 far voti, Adolfo? Ambo vivremo o insieme
 morremo; e là fra l’ombre
 troveremo l’Eliso;
 o il farem col mirarci,
1270tu lieto ne’ miei lumi, io nel tuo viso.
 GUSTAVO
 Se ha cor forte ed amante, il fiero invito
 ricusar non potrà.
 CHILDERICO
                                    (Nunzio quel foglio
 temo di novi mali).
 GUSTAVO
 Teobaldo.
 TEOBALDO
                     Sire.
 GUSTAVO
                                 Il foglio prendi e il reca
1275nel vicino ostil campo a Faramondo.
 Odi ciò che risolve.
 TEOBALDO
 Lieto al cenno ubbidisco.
 GUSTAVO
                                                E voi frattanto
 riserbate al gran colpo il sangue o il pianto.
 
 SCENA V
 
 CLOTILDE, ADOLFO e CHILDERICO
 
 CHILDERICO
 (Quai mi stracciano l’alma
1280dubbi pensieri e male intesi ancora?)
 ADOLFO
 Stabilito anche prima
 già s’era il mio destin. Lieto io moria,
 te salva, anima mia.
 CLOTILDE
 Adolfo, il cielo unisce
1285ciò ch’il mondo disgiunge.
 Tu, che sposa mi amasti,
 compagna mi rifiuti e al ciel contrasti?
 CHILDERICO
 (Taccio o parlo? Che fo?)
 ADOLFO
                                                Temo la morte,
 or ch’è comun. Deh, tu la sfuggi e dammi
1290la mia prima costanza.
 CLOTILDE
                                            E vuoi ch’io viva,
 te estinto, e viva altrui? Che sposi l’empio
 spargitor del tuo sangue? Il fier Gustavo?
 Questa è la fede tua? Questa a me chiedi?
 Il tuo solo periglio
1295ti trova forte? Il mio più vil ti rende?
 O men fedel? Che non t’imiti or brami?
 O lo paventi? Adolfo,
 o tu mai non mi amasti o più non m’ami.
 CHILDERICO
 Principi, al giusto affanno
1300legge imponete. A questi orrori in seno
 vi assicuro il sereno.
 ADOLFO
                                        Ah, Childerico,
 qual sentier?
 CLOTILDE
                           Quale speme?
 CHILDERICO
                                                       Al maggior uopo
 vi si aprirà lo scampo. A’ detti miei
 date fede e gioite.
 ADOLFO
1305Di tua beltà
 A DUE
                         saran custodi i dei.
 CLOTILDE
 Di tua virtù
 ADOLFO
 
    È troppo caro
 quel volto a’ numi.
 
    Ben ponno, a chi nol crede,
 del lor poter far fede
1310i tuoi be’ lumi.
 
 CLOTILDE
 
    Se il volto ho vago,
 tu mel fai caro.
 
    Non l’amo, perch’è mio;
 sol perché l’ami, anch’io
1315di amarlo imparo.
 
 SCENA VI
 
 CHILDERICO
 
 CHILDERICO
 Childerico, che pensi? Un grande arcano
 può preservar più vite;
 ma, se lo sveli, il genitor tu perdi.
 Tregua, miei spirti. Il colpo è lunge ancora.
1320Più vicino ei si attenda; e in me la colpa
 sembri necessità. Poi si risolva.
 Forza allor fia che reo
 o la natura o la pietà mi assolva.
 
    L’alma brilla in sen tranquilla
1325e nel mezzo del terror
 mi fa cor con la sua pace.
 
    So che incerto è il ben che spero;
 ma fia vero o sia fallace,
 dolce inganno sempre piace.
 
 Collinetta con grotteschi a’ piedi, su cui è attendato l’esercito di Faramondo.
 
 SCENA VII
 
 FARAMONDO
 
 FARAMONDO
1330Torno a’ miei fuor di ceppi. A me si offerse
 men crudel Rosimonda.
 La mia vita è suo dono e vuol che il serbi.
 Union di gran beni
 non mai sperati; e pure un novo all’alma
1335peso si accresce e men la sento in calma.
 Che sarà?... Ma, Gernando
 qui con Teobaldo? A qual disegno han mira?
 Non veduto mi giovi
 l’udirli. Il cielo a me li guida o amore,
1340amor che ha pur pietà del mio dolore.
 
 SCENA VIII
 
 GERNANDO, TEOBALDO con guardie e FARAMONDO nascosto
 
 TEOBALDO
 Signor, non t’inoltrar. Quelle che miri
 son de’ Franchi le tende.
 GERNANDO
                                               Amico, in parte
 siamo ove alcun non è che osservi o possa
 scoprir le occulte trame?
 TEOBALDO
                                               I cenni attendo.
 GERNANDO
1345Già nel campo de’ Cimbri
 sono i miei Svevi, alme feroci e degne
 di ubbidire a Gernando.
 TEOBALDO
                                               Io di Gustavo
 tengo al fianco guerrieri, a me ben noti
 per coraggio e per fede.
 GERNANDO
1350Rosimonda disegno
 mal guardata rapir. Nel punto stesso
 Gustavo prigionier chiedo al tuo braccio.
 TEOBALDO
 Sire, il mio re?
 GERNANDO
                               Dell’alma
 ricomponi il tumulto. Io qui non cerco
1355l’eccidio del tuo re. Quel cerco solo
 dell’empio Faramondo;
 te ne accerti il mio onor. S’amo la figlia
 non odio il padre; odio il rival che l’ama.
 TEOBALDO
 Non più, che a te consacra
1360la sua vita Teobaldo e la sua fama.
 GERNANDO
 L’opra ricusa indugi.
 TEOBALDO
                                         Ad affrettarla
 verrò.
 GERNANDO
               Che non ti deggio?
 TEOBALDO
                                                   Ecco dal colle
 scender le franche genti.
 Parti.
 GERNANDO
              Addio. Ti sovvenga
1365che gran pena, a chi spera
 vendicarsi e goder, sono i momenti.
 FARAMONDO
 (Iniqui, andrà l’empio disegno a’ venti). (Va ad incontrare i suoi che scendono dalla collina)
 GERNANDO
 
    Voglio stragi e cerco affetti;
 vo’ ferir e vo’ baciar.
 
1370   Cadrà l’empio; avrò la vaga
 che mi offende e che m’impiaga,
 ei rivale a’ miei diletti,
 ella ingrata al mio penar.
 
 SCENA IX
 
 FARAMONDO e TEOBALDO
 
 FARAMONDO
 A me viene Teobaldo.
 TEOBALDO
                                          Al re de’ Franchi,
1375quella, che gli desia
 Gustavo il re de’ Cimbri,
 pace e salute in questo foglio invia.
 FARAMONDO (Legge)
 «Faramondo, a più vite
 funesta è la tua fuga.
1380Ho Clotilde in tua vece, ho Childerico,
 Adolfo e Rosimonda,
 per sangue, o per amor vite a te care.
 Pria che il giorno tramonti,
 se non riedi a’ tuoi ceppi, esse cadranno».
1385Nimico ingiusto e genitor tiranno.
 «Voglio il loro o il tuo sangue. Uno di questi
 colpi è da farsi, o tu sia vile o forte.
 Così giura Gustavo,
 tuo nimico crudel sino alla morte».
 TEOBALDO
1390Che risolvi?
 FARAMONDO
                         Ritorna
 al tuo signor crudel, mostro, non padre.
 Verrò, digli, verrò ma qual io devo
 e qual ei non mi attende.
 TEOBALDO
 Vien pur a tuo piacer. Da pochi istanti
1395o l’altrui morte o il tuo destin dipende.
 
 SCENA X
 
 FARAMONDO con soldati
 
 FARAMONDO
 Andiam, fidi guerrieri. Io vi precedo,
 duce e compagno; e l’opre usate or chiedo.
 
    All’armi, su.
 Mio cor, questa è virtù,
1400servir senza mercede,
 amar senza speranza.
 
    Giova così
 sperar che possa un dì
 più merto aver la fede,
1405più gloria la costanza.
 
 Padiglione reale.
 
 SCENA XI
 
 GUSTAVO con guardie
 
 GUSTAVO
 
    Fieri spirti di rege oltraggiato,
 dolci affetti di padre amoroso,
 deh, lasciatemi in riposo.
 
    Sì, tacete... O dio! Pavento
1410nella vita de’ figli il giuramento.
 
 SCENA XII
 
 TEOBALDO e GUSTAVO
 
 TEOBALDO
 Signor, di Faramondo
 nunzio dal campo a te ritorno.
 GUSTAVO
                                                         Al foglio,
 Teobaldo, e che rispose?
 TEOBALDO
 Verrà, disse, verrà; ma qual ei deve,
1415qual non l’attendi.
 GUSTAVO
                                    Ognora
 verrà nimico e tal l’attendo. Ei forse
 pensa armato atterrirmi;
 ma s’inganna il crudele. Olà, qui tosto
 mi si guidino i rei.
 
 SCENA XIII
 
 ADOLFO e i suddetti
 
 ADOLFO
                                     Padre...
 GUSTAVO
                                                      Tu, Adolfo,
1420fuor di ceppi?
 ADOLFO
                             Gernando
 Rosimonda ha rapita.
 GUSTAVO
                                          O dei! la figlia?
 Su, tosto andiam.
 TEOBALDO
                                   Rammenta
 il tuo grado, signor.
 ADOLFO
                                      De’ tuoi guerrieri
 le difese a me cedi; ed io con esse...
 GUSTAVO
1425Vanne, Adolfo. Il tuo ferro
 punisca il reo; la prole
 involata mi renda.
 Opra da figlio e i primi falli emenda. (Si parte Adolfo con le guardie di Gustavo)
 
 SCENA XIV
 
 GUSTAVO e TEOBALDO con guardie che ad un suo cenno escono da varie parti
 
 TEOBALDO
 Disarmato è già il re. Non si trascuri
1430il favor della sorte. Olà.
 GUSTAVO
                                             Teobaldo,
 quai guerrieri son questi?
 TEOBALDO
 Signor, per tua salvezza
 qui ti son infedel.
 GUSTAVO
                                   Come!
 TEOBALDO
                                                  Già sei
 prigionier di Gernando.
 GUSTAVO
1435Temerario! Al tuo re?...
 TEOBALDO
                                             Cedimi il brando. (Gustavo dà di mano alla spada)
 GUSTAVO
 Pria nel tuo sen.
 TEOBALDO
                                 Non mi obbligar col ferro
 a un eccesso maggior. Cedi.
 GUSTAVO
                                                     La vita
 pria lascierò.
 TEOBALDO
                           Già reso inerme è il braccio. (Teobaldo lo disarma con l’aiuto de’ suoi e fa incatenarlo)
 Ogni scampo ti è tolto.
 GUSTAVO
                                            Empio, mi svena.
1440E togli te di rischio e me di pena.
 TEOBALDO
 In catene a Gernando...
 
 SCENA XV
 
 FARAMONDO con visiera; ADOLFO con seguito e detti
 
 FARAMONDO
                                             Ecco gl’iniqui.
 ADOLFO
 Su, ferite, uccidete.
 TEOBALDO
                                      Oimè!
 GUSTAVO
                                                     Qual nume
 ha pietà de’ miei casi? (Fuggono le guardie di Teobaldo. Teobaldo cade ad un colpo di Faramondo)
 FARAMONDO
 Pur cadesti, o malvagio. Or fra ritorte
1445la pena attendi.
 TEOBALDO
                                O sorte!
 FARAMONDO
                                                 E tu, Gustavo,
 non isdegnar ch’io stesso
 franga l’indegno laccio; (Discioglie Gustavo; e, presa di terra la di lui spada, gliela presenta)
 e dell’illustre spada armi ’l tuo braccio.
 GUSTAVO
 O qualunque tu sia, lascia che al seno,
1450amico eroe, ti stringa. (Lo abbraccia)
 
 SCENA XVI
 
 ROSIMONDA, CLOTILDE, GERNANDO e i suddetti
 
 ROSIMONDA
                                            E a Rosimonda
 parte del caro amplesso
 permetti, o genitor.
 GUSTAVO
                                       Figlia, e qual fato
 libera mi ti rende?
 ROSIMONDA
                                      Il forte braccio
 che te sciolse da’ nodi.
 CLOTILDE
                                           Ei fu che invitto
1455pose in fuga gli Svevi.
 ADOLFO
 Fe’ prigioniero il rapitor lascivo.
 ROSIMONDA
 Trasse noi di periglio.
 TEOBALDO
                                           E il miro?
 GERNANDO
                                                                E vivo?
 GUSTAVO
 Ma qual sei tu, cui tanto devo?
 FARAMONDO
                                                          Io sono
 quello, gran re... (Faramondo si alza la visiera dell’elmo)
 GUSTAVO
                                  Qual fiero oggetto, o lumi,
1460vi si appresenta! Ed ho potuto io stesso
 al mio crudel nimico
 porger il dolce amplesso?
 Né mel disse in quel punto
 il mio sangue, il mio cor?
 ROSIMONDA
                                                 Rammenta...
 GUSTAVO
                                                                           Iniquo,
1465lasciami ne’ miei ceppi.
 Odio la libertà, s’ella è tuo dono;
 e se vieni per farti
 arbitro di mia vita, al tuo furore
 saprò torne il piacer, saprò svenarmi;
1470né al risoluto cor mancheran l’armi. (Getta da sé la spada datagli da Faramondo)
 FARAMONDO
 Del tuo furor l’impeto affrena e mira
 quale a te mi appresento.
 CLOTILDE
 (La virtù di quell’alma ancor pavento).
 FARAMONDO
 Miei guerrieri, abbastanza
1475vi fui guida a’ perigli. Ite e lasciate
 libero a’ Cimbri e al mio destino il campo. (Partono le guardie di Faramondo)
 GERNANDO
 (Che mai farà!)
 FARAMONDO
                                Gustavo,
 ubbidisco alla legge
 che m’imponesti. Armato
1480mi vedesti poc’anzi
 sol per tua libertà. Seppi ’l tuo rischio,
 lo temei, ten difesi e il ciel mi arrise.
 GUSTAVO
 Che ascolto!
 FARAMONDO
                         Or che sei salvo,
 non mi resta a temer che l’altrui morte
1485nel tuo furor. Ti chiedo
 ciò ch’è mio, tu mel devi. Io di quell’ire
 propria vittima son. Vengo a morire.
 ROSIMONDA
 (Grand’alma).
 ADOLFO
                              (Invitto eroe).
 GUSTAVO
                                                          (Cor di Gustavo,
 come langue il tuo sdegno? E come a vista
1490del tuo nimico il perdi?) Ah, Faramondo,
 hai vinto l’odio mio. Ma che mi giova
 se salvar non ti posso?
 Giurata ho la tua morte; e il giuramento
 ebbe i numi presenti.
1495Sarò a forza crudele; e innanzi all’ombra
 di Sveno, ombra tu esangue,
 sparso andrai del mio pianto e del tuo sangue.
 FARAMONDO
 Signor, giusto è quel colpo,
 che scender dee, né mi si tardi. Il chiedo
1500per mio gastigo al padre,
 per mia pace alla figlia.
 CLOTILDE
                                             Il cor si spezza.
 ROSIMONDA
 Padre, il colpo funesto
 non ho cor da mirar. Lascia ch’io parta.
 E tu, crudel, che ancora
1505dopo il divieto mio sprezzi la vita,
 non creder solo a Dite
 passar. Ti seguirà quella che stimi
 tua nimica e che t’ama.
 FARAMONDO
 Tu?
 ROSIMONDA
           Sì, che non è giusto
1510che tu mora e nol sappi.
 FARAMONDO
                                              O me beato!
 ROSIMONDA
 Sia debolezza o sia
 ragion, vuol darti almeno
 quest’ultimo piacer l’anima mia.
 
    Se il dirvi che vi amo
1515può farvi tranquille,
 sì, v’amo, o pupille;
 né il vo’ più tacer.
 
    È tutto in me estinto
 quel primo rigore;
1520e amore mi ha vinto
 col vostro poter.
 
 SCENA XVII
 
 GUSTAVO, FARAMONDO, CLOTILDE, ADOLFO, GERNANDO e TEOBALDO
 
 CLOTILDE
 Ed io...
 FARAMONDO
                 Clotilde, il tuo dolor mi ascondi.
 Lieta vivi al tuo amante; e un sì bel nodo
 tu conferma, Gustavo.
 GUSTAVO
                                           Amor, che nacque
1525in me fra l’ire, or da pietade è spento.
 Sia di Adolfo Clotilde, al nodo assento.
 FARAMONDO
 Di Gernando non chiedo
 a te il perdon. Né tuo vassallo ei nacque;
 e prigioniero io il feci.
 GERNANDO
1530(Mia fortuna crudel, così ti piacque).
 FARAMONDO
 Riconosci, Gernando,
 qual ti serbo il mio cor vicino a morte.
 Libero a’ tuoi ritorna; e se ti offesi
 nell’amar Rosimonda
1535d’involontario error perdon ti chiedo.
 GERNANDO
 Faramondo, già sgombra
 dagli occhi miei la cieca notte. Or veggio
 qual amico in te perdo e orror ne sento. (Si cava l’elmo e dà la sua spada a Gustavo)
 FARAMONDO
 Ora il crine dell’elmo, ora del ferro
1540disarmo il fianco, a te lo porgo; ed egli
 quella tinta, che prese iniquo e rio
 del tuo figlio nel sen, perda nel mio.
 GUSTAVO
 Lagrime, non uscite. Ah, Faramondo,
 anche amico mi dai tanto dolore?
1545L’apparato funesto
 già ti attende al gran colpo?
 FARAMONDO
                                                     Andiam.
 GUSTAVO
                                                                        Teobaldo,
 sia custodito al mio furor.
 TEOBALDO
                                                 Sicuro,
 crudel, del tuo destino, il mio non curo.
 
 FARAMONDO
 
    Voi restate e qui godete, (A Clotilde ed Adolfo)
1550fortunati, il vostro amor.
 
    Ch’io do bando a’ miei tormenti,
 del mio bene i dolci accenti
 rimembrando a questo cor.
 
 SCENA XVIII
 
 CLOTILDE e ADOLFO
 
 CLOTILDE
 Misero! E qual mi lasci?
1555Chi avria potuto, Adolfo,
 dirmi ch’essendo tua sarò infelice?
 ADOLFO
 Ti consola, chi sa? Riguardo i numi
 avranno a un tanto eroe; né il vorran morto.
 CLOTILDE
 Siete, amabili voci, il mio conforto.
 
1560   Sì, voglio ancor sperar
 dal ciel pietà.
 
    Poi lieta in te a goder
 il suo interno piacer
 l’alma verrà.
 
 Recinto nel campo di Gustavo a foggia di anfiteatro.
 
 SCENA XIX
 
 GUSTAVO, FARAMONDO, e GERNANDO con seguito
 
 GUSTAVO
1565Tu Sveno, voi giurati
 numi di Averno, orribil dea, severa
 punitrice dell’ombre, omai reggete
 l’impotente mio braccio.
 Della vittima stessa
1570più teme il sacerdote e l’are vostre
 con più di orror non fur di sangue intrise.
 Ricordate a Gustavo
 qual fu Sveno trafitto e chi l’uccise.
 
 SCENA XX
 
 CHILDERICO, e i detti
 
 CHILDERICO
 Sire, ti arresta. Il colpo
1575è ingiusto e i numi offende.
 GUSTAVO
 Qual sei tu che prescrivi
 leggi al tuo re?
 CHILDERICO
                              Mi ascolta e poi ferisci.
 GUSTAVO
 Parla.
 CHILDERICO
              Che qui Teobaldo
 a te si guidi imponi.
 GUSTAVO
1580Venga.
 CHILDERICO
                E d’alto favor prometti ancora
 meritar la mia fé.
 GUSTAVO
                                   Purché spergiuro
 non mi voglia richiesto, a te lo giuro.
 CHILDERICO
 Del sangue del tuo figlio
 Faramondo è innocente.
 GUSTAVO
                                               Ei Sveno uccise.
 CHILDERICO
1585Né fu Sveno tuo figlio.
 
 SCENA XXI
 
 TEOBALDO, CLOTILDE, ADOLFO e i detti
 
 TEOBALDO
 (Oimè! Tradito io son).
 GUSTAVO
                                             Non fu mio figlio?
 CHILDERICO
 Tel confermi Teobaldo. Ei gli fu padre.
 GUSTAVO
 Childerico, il tuo capo
 mi placherà, se menti.
 CHILDERICO
1590Non rifiuto la pena.
 TEOBALDO
                                       (Astri inclementi).
 GUSTAVO
 Dimmi, rea di più colpe, anima infame,
 qual fu Sveno? Chi padre
 gli fu? Perché ingannarmi? Il tuo timore
 già ti accusa al mio sguardo, o traditore.
 TEOBALDO
1595Perdon ti chiedo.
 GUSTAVO
                                  Parla.
 TEOBALDO
                                               Io fui di Sveno
 padre.
 GUSTAVO
                Ma come? E quando?
 TEOBALDO
                                                         E lunga e molta
 serie di casi in brevi note ascolta.
 Della guerra fatal, mossa da’ Cimbri
 contumaci al tuo scettro,
1600ben ti dee sovvenir. Fu allor che nacque
 Sveno. Te chiama all’armi
 il periglio e la gloria; e alla mia fede
 è commesso il bambino.
 Pugni, vinci e ritorni. Amor di padre
1605allor m’insegna i mal orditi inganni.
 Vago che un dì regal diadema in fronte
 sfavillasse a un sol figlio,
 che in pari età, mi avea concesso il cielo,
 in loco del tuo Sveno il mio ti porgo.
1610Tuo lo credi, tuo l’ami e tuo lo piangi,
 quando l’odi trafitto.
 Ma più misero padre,
 io piango la sua morte e il mio delitto.
 ADOLFO
 Che strani eventi!
 GUSTAVO
                                    E del mio figlio, iniquo,
1615qual fu la sorte?
 TEOBALDO
                                Ei vive.
 Tel rendo in Childerico e a me perdona.
 CHILDERICO
 Io quel?
 GUSTAVO
                   Ma chi mi accerta
 che tu ancor non m’inganni?
 TEOBALDO
                                                       Il mio dolore,
 l’odio mio tel confermi.
1620Perch’era padre a Sveno,
 l’uccisor volea morto.
 Perché non l’era a Childerico, io stesso
 bramar potea che ne versassi il sangue.
 GUSTAVO
 Figlio.
 CHILDERICO
               Padre, mio re.
 GUSTAVO
                                           L’indole eccelsa
1625mi ti addita, e il mio cor. Tanta virtude
 non potea di un tal padre esser mai figlia.
 Pur ti abbraccio.
 ADOLFO e CLOTILDE A DUE
                                 O contento!
 FARAMONDO e GERNANDO A DUE
                                                         O maraviglia!
 GUSTAVO
 Di un mio figlio la vita
 fa vano il giuramento. Or, Faramondo,
1630vivi e scorda i tuoi mali. Or ti concedo
 Rosimonda in isposa; ed ella omai
 venga a goder di sì felici eventi.
 FARAMONDO
 Non mi opprimete il cor, dolci contenti.
 Sol, Gernando, il tuo amor...
 GERNANDO
                                                      Vani rispetti.
1635Sia pur tua Rosimonda;
 la colpa mia già me ne rese indegno;
 né ti dee minor prezzo
 un re, cui desti e libertade e regno.
 GUSTAVO
 Omai l’illustre scena,
1640che tragico apparato esser dovea
 al cader del gran re, popoli, or sia
 spettacolo giulivo alla sua gloria.
 Tutta cada in Teobaldo (Qui principia a comparir la macchina)
 l’ira e mora il fellon.
 CHILDERICO
                                        No, viva. Il dono,
1645che ti richiedo, è questo.
 GUSTAVO
 Viva, sì, che al suo inganno
 io sol devo l’onor del mio perdono.
 CLOTILDE
 Sposo, germano, or sì felice io sono.
 
 SCENA ULTIMA
 
 ROSIMONDA e i suddetti
 
 GUSTAVO
 Figlia, di Faramondo
1650già deciso è il destin.
 ROSIMONDA
                                         Giurata avea
 la sua morte il mio labbro.
 Dovea compirsi il giuramento e tacqui.
 Or ch’ei morì, ti chiedo,
 padre, cader per quella mano istessa
1655che lui trafisse; ah, seco
 fa’ che compagna io mi appresenti a Sveno.
 GUSTAVO
 Poiché brami la morte,
 io ti guido a morir.
 FARAMONDO
                                      Ma in questo seno.
 ROSIMONDA
 O dei!
 FARAMONDO
               Sposa.
 CHILDERICO
                              Germana.
 ROSIMONDA
1660Tu vivo e mio? Tu a me german? Quai beni
 tutti ad un punto? Ed in me fede avranno?
 CLOTILDE
 Fu di tanto piacer fabbro un inganno.
 ADOLFO
 Tutto udrai.
 GUSTAVO
                         Qui ti basti
 saper che sei felice. Or plauda ogni alma
1665alla virtù di un core
 che dell’odio trionfa e dell’amore. (Scendono dalla macchina i seguaci della Virtù che accompagnano il canto del coro col ballo)
 TUTTI
 
    Bella Virtù,
 che rendi forte un cor,
 d’odio e di amor
1670ti è gloria trionfar.
 
    Anche al destin
 fa forza il tuo poter;
 ed al piacer
 ti guida il tuo penar.
 
 Il fine del Faramondo