I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744
I DUE DITTATORI | |
[Venezia, Giambatista Pasquali, 1744] | |
ARGOMENTO | |
Si sa in qual pericolo fosse Roma dopo le famose vittorie di Annibale alla Trebbia ed al Trasimeno. Quinto Fabio Massimo eletto prodittatore (da noi per più comodità del verso chiamato dittatore) fermò con la sua custodia e lentezza questo impetuoso torrente e rassicurò l’animo de’ cittadini e de’ soldati. Da principio però la sua lentezza, e nel campo e nella città, passò con titolo di codardia; ed egli invece di lode, ne riportò biasimo e derisione. Avvenne inoltre che per ragione de’ sacrifizi, essendo egli costretto di portarsi in Roma, raccomandò l’esercito a Marco Minuzio, maestro de’ cavalieri, giovane audace, intraprendente e che in ogni luogo e occasione sparlava della condotta del dittatore, il quale inoltre gli ordinò che in sua assenza non osasse combattere. Ma Fabio appena partito, Minuzio, valendosi peraltro della spensieratezza de’ nimici, i quali desolavano la campagna larinate, dove allora si facea la guerra, ne assalì una parte e li cacciò fin dentro il lor vallo, dove fe’ molti prigioni. Divulgatosi in Roma l’avviso di questa vittoria, conceputa assai maggiore di quello ch’era, diede motivo a’ tribuni del popolo di creare un secondo prodittatore nella persona di Minuzio e di darlo per collega a Fabio, il quale era partito di Roma, con animo di punire severamente Minuzio pel trasgredito comando. Convenne a Fabio rassegnarsi al decreto de’ tribuni e dividere ugualmente l’esercito con Minuzio, il quale, con le sue due legioni sortitegli, campeggiò in luogo separato. Annibale si valse dell’occasione e non andò molto che lo tirò nella rete. Era egli in pericolo di esser tagliato a pezzi con ambe le sue legioni, se il generoso Fabio, opportunamente avvisato, non fosse accorso con le sue e, posti in fuga i Cartaginesi, non lo avesse di quel pericolo liberato. Minuzio allora solamente si accorse della sua temerità e dell’altrui avvedutezza. Fattosi seguire dalle sue legioni, andò dopo il fatto alla tenda di Fabio e, chiamatolo suo padre e suo salvatore, rassegnò a lui la dittatura e le legioni, contento di tornare a militar sotto lui nel primo grado di maestro de’ cavalieri. Questo insigne successo è riferito da Livio, libro XXII, da Plutarco nella Vita di Fabio Massimo, da Appiano e generalmente da altri scrittori della storia romana. Gli amori di Minuzio e del giovane Fabio con Velia e degli altri due romani con Arisbe, la prigionia di questa e di Velia, come pure d’Erminio, e la sua amicizia col secondo Fabio, sono intrecciate nel dramma per dar maggiormente risalto all’azione principale. | |
La scena è nel campo romano, attendato nella campagna larinate. | |
ATTORI | |
FABIO MASSIMO dittatore | |
MARCO MINUZIO maestro de’ cavalieri e poi dittatore | |
QUINTO FABIO figliuolo di Fabio Massimo, tribuno della prima legione e amante di Velia | |
VELIA principessa dell’Insubria, promessa sposa d’Erminio e schiava nel campo romano, sotto nome d’Ersilia | |
ARISBE nobil donzella cartaginese, schiava nel campo romano | |
ERMINIO principe della Liguria, promesso sposo di Velia, da lei non conosciuto e schiavo nel campo romano | |
OSIDIO tribuno della quarta legione, amante di Arisbe | |
VALERIO giovane patrizio romano, amante di Arisbe | |