Don Chisciotte in Sierra Morena (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1719

 ATTO TERZO
 
 Albergo di villa con piazza davanti.
 
 SCENA PRIMA
 
 LUCINDA con guardie e CARDENIO
 
 LUCINDA
 Sia più cauto, o Cardenio,
 il tuo giubilo e ’l mio. Giovi occultarlo
 di chi ne osserva al guardo.
 CARDENIO
                                                    Onde il timore?
 LUCINDA
 Quelli son miei custodi. Io di Fernando
825sono in poter. Nel vicin bosco errante
 me poc’anzi ei sorprese.
 CARDENIO
 La mia spada saprà...
 LUCINDA
                                          No. Qui ’l tuo amore
 vo’ sofferente, non audace.
 CARDENIO
                                                   Eh! Lascia...
 LUCINDA
 Tempra, s’è ver che m’ami,
830la nobil ira. Esporti
 solo a tanti nemici
 non è, o caro, un salvarmi.
 CARDENIO
 Ma che attender degg’io?
 Che il feroce rival ti tragga a forza,
835me presente e codardo, a l’ara infausta?
 LUCINDA
 Pria mi trarrà l’iniquo
 cadavere a la tomba.
 CARDENIO
 Mi ti rapisca o violenza o morte,
 tutto è per me sciagura,
840e sciagura funesta, orrida, estrema.
 LUCINDA
 Maggior del mio periglio è la tua tema.
 CARDENIO
 Prove ho ben di tua fede...
 LUCINDA
 E maggiori n’avrai. Quando più folte
 spieghi l’ombre la notte,
845tacita e inosservata, ai dormigliosi
 custodi avrò ben modo
 di sottrarmi opportuna.
 Tu nel cortil del villereccio albergo
 mi attendi; e tosto col favor de l’ombre
850c’involeremo a l’infedel Fernando.
 CARDENIO
 Le ben ordite trame amor secondi.
 LUCINDA
 Io lusingando il facile amatore
 gli sarò men sospetta. Or sia tua cura
 celarti agli occhi suoi. La tua presenza
855saria inciampo a la fuga. Un cor geloso
 a vista del rival non ha riposo.
 CARDENIO
 
    Parto da te contento;
 ma il gran rossor già sento
 di aver temuto a torto
860d’un sì costante amor.
 
    Tutto pareami oggetto
 d’inganno e di sospetto,
 dacché il più fido amico
 m’era il più traditor.
 
 SCENA II
 
 LUCINDA e FERNANDO
 
 LUCINDA
865Vien Fernando. Si finga
 placido il volto. A noi
 nulla è facile più che la lusinga.
 FERNANDO
 Con piè rapido il tempo
 vola, o bella Lucinda. I brevi instanti
870come impieghi in tuo pro? Come in mia pace?
 LUCINDA
 Ah! Fernando, Fernando!
 Quanto poco al tuo core
 costa un’infedeltà che al mio la chiedi!
 FERNANDO
 La chiedo al tuo, sol perché t’amo e solo
875perché nel mio diletto amo il tuo bene.
 LUCINDA
 Se il mio bene ti è caro,
 lasciami il mio Cardenio. Ei sol mi piace.
 FERNANDO
 Quel che solo diletta, è un falso bene.
 Il vero è quel che giova.
 LUCINDA
880Vedo il tuo amor. Vedo la tua grandezza;
 e ne la man, che stendi ad innalzarmi,
 vedo la mia fortuna.
 Ma ch’io manchi di fede?...
 FERNANDO
 Qual fede in fra gli amanti?
885E poi, s’ella ti nuoce,
 il tuo stesso amator già te ne assolve.
 LUCINDA
 Egli?
 FERNANDO
             S’è ver che t’ami, a lui più grato
 esser deve il tuo ben che il suo diletto.
 LUCINDA
 Vuoi troppo generoso in lui l’affetto.
 FERNANDO
890E s’ei per l’util tuo non ha virtude,
 tu per la tua fiacchezza avrai più amore?
 LUCINDA
 Da risolver ha tempo il dubbio core.
 FERNANDO
 (Comincia a vacillar chi vuol cadere).
 Tempo ti diedi e non ritratto il dono.
 LUCINDA
895Saprò farne buon uso; e l’opra intanto
 meglio consiglierò co’ miei pensieri.
 FERNANDO
 Amor siede in quegli occhi e vuol ch’io speri.
 LUCINDA
 
    Spera pur; ma ben rifletti
 che sovente tra gli affetti
900il più vano è la speranza.
 
    La spaventi nel tuo core
 il rimorso del tuo errore
 e l’idea di mia costanza.
 
 SCENA III
 
 FERNANDO
 
 FERNANDO
 Si, spererò; né mi lusingo invano.
905Più non arde in quegli occhi
 l’odio primiero. In loro
 certa vid’io serenità che parte
 da un’alma più tranquilla.
 Specchio e immago de l’alma è la pupilla.
 
910   Occhi belli, men torbidi e fieri,
 voi dite ch’io speri;
 e amando io spererò.
 
    Tale il nocchier più ardito
 sfida le rie procelle,
915se a’ rai di amiche stelle
 vede sparir quel nembo
 che pria lo minacciò.
 
 SCENA IV
 
 DOROTEA con seguito, DON CHISCIOTTE, LOPE e SANCIO
 
 DON CHISCIOTTE
 Non più, non più, fra i morti (Don Chisciotte serve Dorotea di braccio)
 l’empio Pandafilando ormai si conti.
 DOROTEA
920Tanto spero; ma dimmi,
 ove posar potremo?
 LOPE
 Qui nel pubblico albergo, ove i tuoi passi
 l’aio tuo già precorse e ’l tuo scudiere.
 DOROTEA
 Piacemi.
 DON CHISCIOTTE
                    In quell’albergo? Ah! Sancio. Il vedi? (Sottovoce a Sancio)
 SANCIO
925E mi sento tremar da capo a piedi. (Sottovoce a don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
 Quello tu chiami albergo? Egli è un castello
 tutto di bronzo e pien d’incanti. Io stesso
 altre volte là dentro
 provai strane avventure e grandi impegni.
930Tacer que’ pugni orrendi, (A Sancio sottovoce)
 che là dati mi furo, è d’onor mio.
 SANCIO
 Fai ben. Le bastonate e la coperta (A don Chisciotte sottovoce)
 voglio tacer per mio decoro anch’io.
 DOROTEA
 Strane avventure! E quali?
 DON CHISCIOTTE
935Grazie ti rendo, o ciel. Sancio, la lancia. (Vedendo venir Rigo)
 DOROTEA
 Che fia? (Sancio va per dar la lancia a don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
                    Lascia, o regina. Il traditore
 lancia non ha. Mi basta il brando. Adesso
 t’invoco, o Dulcinea.
 
 SCENA V
 
 RIGO, con un bacino da barba in mano, e li suddetti
 
 LOPE
 Vediam.
 DON CHISCIOTTE
                   Ferma, o ladrone. (Mette mano alla spada)
940A me cedi quell’elmo o te difendi
 da’ colpi miei. (Va contro di Rigo)
 RIGO
                              Genti, soccorso, aita.
 DON CHISCIOTTE
 Taci, gigante iniquo. A me ben tosto
 quell’elmo d’or che usar solea Mambrino.
 RIGO
 Guardami ben. Non son gigante. Io sono
945un barbier che men vo pel mio cammino;
 e questo elmo non è ma il mio bacino. (Mostra il bacino)
 DON CHISCIOTTE
 Osi ancor di negarlo?
 RIGO
                                          Il dican questi.
 DON CHISCIOTTE
 Sancio, costui non è un gigante? Parla.
 SANCIO
 (Mi par di no). Chi? Quegli? Gigantissimo. (Don Chisciotte minaccia Sancio)
 DON CHISCIOTTE
950E quello non è un elmo?
 SANCIO
                                               Elmo ed elmissimo.
 DON CHISCIOTTE
 Lope, guarda. Che dici?
 LOPE
 Un barbiere è costui, quello un bacino.
 RIGO
 Lodato il ciel. (In atto di partire; ed è fermato da don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
                             Trattienti.
 Lope ha gli occhi incantati. Or tu decidi. (A Dorotea)
 DOROTEA
955(Secondarlo convien). Quegli è gigante,
 non de’ più grandi ma è gigante; e quello
 non è un bacin ma un elmo.
 RIGO
                                                     Io me ne appello.
 DON CHISCIOTTE
 Contrasti a una regina?
 RIGO
                                              A me non garba
 la sua sentenza. Giudicar non puote
960il bacin d’un barbier chi non ha barba.
 DON CHISCIOTTE
 Questa giudicherà. Su. Mano al ferro.
 DOROTEA
 Ferma. Tu sai che ogni altra impresa è tolta
 al tuo braccio, al tuo cor, se pria non vedi,
 mercé di lor, Micomicona in trono.
 DON CHISCIOTTE
965Pria di te vien quell’elmo. Io ne giurai,
 pria d’esser tuo campione,
 la famosa conquista. O l’elmo o mori. (Va contro di Rigo)
 Più frenarmi non so.
 RIGO
                                         Prendi, assassino. (Rigo getta il bacino e fugge)
 Ma caro costeratti il mio bacino.
 
970   Malandrino, sei satollo? (A don Chisciotte)
 Col bacino appeso al collo
 in berlina ti vedrò.
 
 SANCIO
 
 No, barbier, no, no, no, no.
 
 RIGO
 
    Tu mi burli? Non lo credi? (Sancio burla Rigo)
975Col bacino appeso ai piedi
 impiccar io lo farò.
 
 SANCIO
 
 No, barbier, no, no, no, no.
 
 SCENA VI
 
 DOROTEA, DON CHISCIOTTE, LOPE e SANCIO
 
 DON CHISCIOTTE
 Pur alfin l’elmo è mio.
 DOROTEA
 Vediam. Mi par che la metà vi manchi. (Guardano il bacino)
 DON CHISCIOTTE
980È ver. Quel ladro infame,
 che non sapea di sì gran gioia il prezzo,
 gran parte ne guastò. Ci vuol pazienza. (Se lo mette in capo)
 Quanto bene mi va! Par fatto a posta.
 DOROTEA
 Rinforza la mia speme un tanto acquisto.
 DON CHISCIOTTE
985A l’invocato nome
 de la mia Dulcinea tutto lo deggio.
 DOROTEA
 Felice lei! che ancora
 ne’ più fieri cimenti è ’l tuo bel nume.
 So che tale è ’l costume
990di errante cavalier, sceglier fra l’altre
 per sua dea qualche bella
 ed a lei consacrar le tue vittorie.
 Belianise così, così Esplandiano
 e Lanzerotto e Palmerin facea.
995Tu pur ciò fai? Ten lodo; e solo io dico
 che molto avventurata è Dulcinea.
 LOPE
 Quanto ben lo lusinghi! (A Dorotea)
 DON CHISCIOTTE
                                               Io la capisco (A Sancio)
 e in un la compatisco. Or più ti onoro (A Dorotea)
 in udir che sì giusta, ancorché donna,
1000de la cavalleria serbi l’idea.
 DOROTEA
 Ah! Potessi cambiarmi in Dulcinea. (Amorosamente a don Chisciotte)
 Or di’, quali avventure
 provasti in quell’albergo?
 DON CHISCIOTTE
 Ti dico ch’è un castello. Incanti e mostri
1005e ’l folle amor d’una gentil donzella.
 SANCIO
 (Gentil? Fu Maritorne).
 DOROTEA
 Di ciò ti lagni? O dio! Convengon troppo
 le avventure amorose a un don Chisciotte.
 DON CHISCIOTTE
 Lo concedo e lo so. Poteva amarmi;
1010ma tacer l’amor suo dovea colei.
 LOPE
 Difficile contegno a chi ben ama.
 DON CHISCIOTTE
 Venir di notte e sola a lusingarmi?
 Tener la mia... Ma basta.
 Modestia e discrezion voglion ch’io taccia.
 DOROTEA
1015Gran discolpa ha l’amare un degno oggetto.
 DON CHISCIOTTE
 Sol Dulcinea è ’l mio amor. (Parlo pur chiaro). (A Dorotea)
 DOROTEA
 Fosse stato sì fido il mio Fernando. (A Lope)
 Vieni, signor. Castello o albergo ei sia,
 là ti aspetto, o a goder breve riposo
1020o a far pompa novella
 del tuo sommo valor. Chi te ne prega
 non ha di Dulcinea... non ha la sorte; (Dorotea sospirando)
 ma forse ha più di lei l’alma gentile
 e più tenero il cor. Pensa ch’io sono
1025regal donzella e mio campion tu sei.
 DON CHISCIOTTE
 Verrò. In servir regine
 sanno il loro dovere i pari miei.
 DOROTEA
 
    Quel pastor, che ancor non vede
 altro fior che una viola,
1030pensa e crede ch’ella sola
 d’ogni fior sia la più bella.
 
    Ma se mira un dì la rosa
 che de’ fiori è la regina,
 per raccorla a lei s’inchina
1035né beltà più trova in quella.
 
 SCENA VII
 
 DON CHISCIOTTE, LOPE e SANCIO
 
 DON CHISCIOTTE
 Per me, Lope, la siegui. Affar non lieve
 con Sancio qui per poco ora mi ferma.
 LOPE
 Andrò; ma tosto vieni. A la regina
 lunghi son, te lontano, anche i momenti.
1040Don Chisciotte, ella t’ama.
 DON CHISCIOTTE
 Or vanne appunto; e s’ella
 del suo amor ti favella e del mio merto,
 a lei togli ogni speme. Io non vorrei,
 per serbarmi fedele a Dulcinea,
1045mostrarmi discortese
 con aperta ripulsa a una regina.
 LOPE
 L’una e l’altra ad un tempo amar non puoi?
 DON CHISCIOTTE
 O questo no.
 SANCIO
                          Lo fan pur tanti e tanti.
 DON CHISCIOTTE
 Ma ciò non fanno i cavalieri erranti.
 LOPE
1050Amico, addio. (Parte Lope)
 
 SCENA VIII
 
 DON CHISCIOTTE e SANCIO
 
 DON CHISCIOTTE
                              Sono infelice. Il tempo
 ch’io perdo, nel servir qui la regina,
 temer mi fa di Dulcinea lo sdegno.
 SANCIO
 Pensa, deh! pensa al cane
 che la carne perdé per seguir l’ombra.
1055Non sazia il vento; e non fa pancia il fumo.
 DON CHISCIOTTE
 Co’ tuoi pazzi proverbi or che dir vuoi?
 SANCIO
 Che chiedi al sorbo i pomi;
 e semini ’l tuo grano in su l’arena.
 DON CHISCIOTTE
 Se parli mal, ti spieghi peggio.
 SANCIO
                                                          Ascolta.
1060Tu sei quel cane; è Dulcinea quell’ombra;
 Micomicona è quella carne. Intendi?
 DON CHISCIOTTE
 Un’ombra è Dulcinea?
 SANCIO
 Vo’ dir che in lei non v’è sostanza. Eh! Segui
 l’amor di una regina
1065piovuta a noi dal cielo. Ella è gentile;
 sa di cavalleria; par nata e fatta
 solo per esser moglie a don Chisciotte.
 DON CHISCIOTTE
 Moglie a me? Venga ancora
 la regina Ginevra
1070con la sua quintanona, io la rifiuto.
 SANCIO
 Così si estingueranno i donchisciotti.
 DON CHISCIOTTE
 Ciò tolga il cielo. Al ben del mondo io debbo
 la mia razza immortal; ma a Dulcinea
 ne riserbano i fati il grand’onore.
 SANCIO
1075A Dulcinea? Vedrassi
 nel grano il loglio e ne l’inchiostro il latte.
 DON CHISCIOTTE
 Come a dir?
 SANCIO
                          Dulcinea ch’è una bifolca...
 DON CHISCIOTTE
 Sancio...
 SANCIO
                   Rozza, malfatta ed ignorante...
 DON CHISCIOTTE
 Sancio...
 SANCIO
                   Sucida, sporca ed incivile...
 DON CHISCIOTTE
1080Non posso più. (Si avventa a Sancio e lo percuote con pugni)
 SANCIO
                               Pietà, signor, perdono.
 DON CHISCIOTTE
 A Dulcinea lo chiedi. (Lo tiene in terra co’ piedi sul ventre)
 SANCIO
 Signora Dulcinea, mai più. Perdono.
 DON CHISCIOTTE
 Sorgi. Or bacia la mano a Dulcinea. (Sancio si alza)
 SANCIO
 A lei che sta al Toboso?
 DON CHISCIOTTE
1085Bacia la mia che per la sua ti porgo. (Sancio s’inginocchia e bacia la mano a don Chisciotte)
 SANCIO
 Mai più né in mal né in ben di lei non parlo.
 DON CHISCIOTTE
 Tu vedi, o Dulcinea, come io difenda
 la gloria e l’onor tuo.
 
 SCENA IX
 
 MENDO e li suddetti
 
 MENDO
                                        Che? Don Chisciotte?
 Lascia che in rivederti al sen mi stringa
1090de la bravura e del valor l’esempio.
 DON CHISCIOTTE
 Mendo, amico, mi duole
 che, qual sol ne la sera, in ver l’occaso
 va la cavalleria. Non è più il tempo
 de gli Arturi famosi e dei Tristani;
1095ma chi sa?
 MENDO
                       Sì, speriam. Tu, che ne sei
 grande ristaurator, puoi far che ancora,
 come il sol nel mattino,
 l’alta cavalleria risplenda al mondo.
 DON CHISCIOTTE
 Lo bramo e lo farò.
 MENDO
                                     Giugnesti intanto
1100opportuno a goder la nobil festa
 che ad una mesta dama offre un signore,
 vago di rallegrarla. Eccoli appunto.
 
 SCENA X
 
 FERNANDO, LUCINDA e li suddetti
 
 FERNANDO
 Vieni, Lucinda, e cresca,
 scemando in te il rigore, in me la speme.
 LUCINDA
1105Non rispondo a Fernando
 che al nuovo giorno.
 FERNANDO
                                       E fausto il chiedo ai numi.
 Mendo, chi son costoro?
 MENDO
 Quegli è mancego e un pazzo
 ch’errante cavalier si chiama e vanta.
 FERNANDO
1110Che? Don Chisciotte?
 MENDO
 
                                          È desso.
 FERNANDO
 Udiamlo. (A Lucinda) O benvenuto (A don Chisciotte)
 de la cavalleria l’onore e ’l pregio.
 DON CHISCIOTTE
 Sento che mi conosci. E tu chi sei?
 FERNANDO
 Un cavalier.
 DON CHISCIOTTE
                         Ma non errante. Io ’l sono;
1115e ’l sono in tuo servigio, ove tu ’l chieda.
 LUCINDA
 Io pur, signor, onoro
 il tuo valor. (A don Chisciotte) Strana figura è questa. (A Fernando)
 DON CHISCIOTTE
 Mi dicon che sei mesta. Ove ti giovi (Lucinda guarda don Chisciotte con attenzione)
 il braccio mio, tu ne disponi. Io sono
1120de l’afflitte donzelle il difensore.
 LUCINDA
 Gentilezza cortese!
 SANCIO
                                     Ella ti guarda. (A don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
 Come l’altre, d’amore anch’essa è punta. (A Sancio)
 SANCIO
 Che bel volto! (A don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
                             Egli è bel; ma che far posso? (In questo mentre vanno a sedere Lucinda e Fernando)
 (O cara Dulcinea, quanto mi costi!)
 MENDO
1125Or la festa vedrassi.
 DON CHISCIOTTE
 Quale ne fia il soggetto?
 MENDO
 Donzelle e cavalieri, arme ed amori.
 DON CHISCIOTTE
 Degno di don Chisciotte. Io qui mi assido.
 Ma non vi son libretti?
 MENDO
1130No. Mendo dirà tutto. Attenti. Aprite. (Si apre il prospetto e si vede un teatrino con la tenda abbassata)
 Qui vedran Melisendra
 dal prode don Gaifero, amante e sposo,
 tolta ai mori infedeli.
 DON CHISCIOTTE
 Viva. L’istoria è bella e so ch’è vera. (Si alza la tenda del teatrino e si vede una sala regia con un re moro in trono, molti mori d’intorno ad esso ed una donzella inginocchiata a’ piedi del trono)
 MENDO
1135Ecco la prigioniera
 che dal crudo tiranno
 la libertà perduta invano implora.
 DON CHISCIOTTE
 Ah, moro traditore!
 Buon per te che non v’era un don Chisciotte. (Si cambia la scena in campagna con veduta di città e passa un cavaliero a cavallo che porta in groppa Melisendra)
 MENDO
1140Or veggasi Gaifero
 che la sua sposa ha tolta ai mori; e seco
 sul rapido destrier la tragge in salvo.
 DON CHISCIOTTE
 Va ben, va ben. Felici amanti, addio. (Si cambia la scena e comparisce piazza nella città con molti mori armati)
 MENDO
 Fuggita Melisendra, ecco lo sdegno
1145del re che freme, ecco il tumulto orrendo
 del popolo infedel che, inteso il suono
 di tutte le campane, accorre a l’armi.
 DON CHISCIOTTE
 Altolà. Questo suono
 è contra il ver. Non han campane i mori.
 MENDO
1150Tanta delicatezza
 qui non ci vuol. Ne’ gran teatri ancora
 son l’opere talvolta e le commedie
 viluppi mal tessuti
 di mille inconvenienze e d’altri errori;
1155e pur sono ascoltate. Alor ch’ei piace,
 lo sproposito ancor si soffre e passa.
 DON CHISCIOTTE
 Vero è l’esempio. Io già m’acheto. Avanti. (Si muta la scena e si vede campagna con molte squadre di mori a cavallo)
 MENDO
 Que’ son mori infiniti
 che de’ miseri amanti in traccia vanno.
 DON CHISCIOTTE
1160Vediam quel che faranno. (Don Chisciotte si leva in piedi con la mano su la spada)
 MENDO
 Già son loro a le spalle. Ahi! Don Gaifero!
 Ahi! Melisendra!
 DON CHISCIOTTE
                                  E che? Non fia mai vero (Cava la spada)
 che sotto agli occhi miei coppia sì bella
 debba perir. Indietro, o cani, indietro. (Si accosta al teatrino)
1165No? Tutti andrete a pezzi. (Con la spada rompe tutte le figure)
 MENDO
 Ferma, ferma.
 DON CHISCIOTTE
                              Che ferma? Empi marrani,
 cadeste pur. Già tutto il campo è pieno
 di membra lacerate e teste rotte.
 Questo, iniqui, è il valor di don Chisciotte.
 
1170   Sono un fulmine di guerra.
 Tutti i mori andaro a terra;
 e gli amanti han libertà.
 
    Glorioso e memorando
 questo braccio e questo brando
1175tanto puote e tanto fa. (Parte)
 
 SANCIO
 Viva, viva il patron. Poter del mondo!
 Non lo vidi mai più sì furibondo. (Parte Sancio)
 MENDO
 Sì, ch’ei viva e ch’io mora
 dopo tanta rovina e tanto scempio.
 FERNANDO
1180Mendo, tempra il tuo affanno.
 Fernando è pronto a riparar quel danno.
 Or tu, bella, che dici?
 LUCINDA
 (Fingasi quel piacer che può ingannarlo).
 Del cavaliero il bel furor mi piacque.
1185Ma tal cavalleria
 finalmente non è che una pazzia.
 FERNANDO, MENDO, LUCINDA ED ALTRI (Di dentro)
 
    Queste sono le bravure
 degli erranti cavalieri.
 
    Con bambocci e con figure
1190sono arditi e son guerrieri;
 
    e di simili avventure
 van fastosi e vanno alteri.
 
 Fine dell’atto terzo
 
 Segue il ballo de’ bagattellieri.