L’Atenaide, Venezia, Pasquali, 1744 (Atenaide)

 ATTO SECONDO
 
 Salone magnifico, apparecchiato per nozze.
 
 SCENA PRIMA
 
 TEODOSIO, VARANE, PROBO
 
 TEODOSIO
 Va’, Probo, e fa’ che augusta
 più sollecito il passo a noi rivolga.
 PROBO
560Impaziente è amore.
 TEODOSIO
 E tu, perdona questi (A Varane)
 d’innamorato seno impeti e voti,
 principe amico.
 VARANE
                                Ah! Provo anch’io qual pena
 sia la speme e l’indugio in chi ben ama.
 TEODOSIO
565Tra poco il mio diletto
 qui compiersi vedrai; vedrai la degna
 cagion dell’ardor mio; vedrai del volto
 le amabili sembianze,
 la modestia del guardo,
570l’onesto portamento; e allor dirai
 che, se pari al suo bello è il mio piacere,
 non v’è cor più felice
 né più amante del mio.
 VARANE
 (Atenaide mio bene,
575così dirò nel tuo possesso anch’io).
 TEODOSIO
 
    Qui grazie ancelle,
 qui lieti amori
 scuotan facelle,
 spargano fiori.
 
580   Nodo più degno
 mai non s’avvinse;
 né amor mai strinse
 più lieti cori.
 
 Ecco appunto che viene. (O cara vista!)
 
 SCENA II
 
 EUDOSSA, PROBO e i suddetti
 
 VARANE
585(O dei! La mia Atenaide
 veggo in Eudossa?)
 EUDOSSA
                                      (Oimè, Varane!)
 TEODOSIO
                                                                       Questa, (A Varane)
 principe, è la mia Eudossa; e questi, o sposa, (Ad Eudossa)
 è il principe Varane.
 EUDOSSA
 (Che mai dirò?)
 VARANE
                                 (Son io ben desto? I sensi
590traveggon forse?) Eudossa, Eudossa è questa? (A Probo)
 PROBO
 Scelta all’augusto trono.
 TEODOSIO
                                              E scelta al nostro
 marital letto, imperatrice e sposa.
 VARANE
 Ma come?... Ah Probo!... E sarà ver?... Son morto.
 TEODOSIO
 (Quale stupor? Tanto sorprende i cori
595la beltà di quel volto?)
 E tu, cara, i begli occhi (Ad Eudossa)
 alza dal suolo, ove gli tieni affissi;
 e in aver sì gran prence
 spettator di tue nozze,
600non arrossir. Stendi la destra. Ei stesso
 seguirà al tempio i nostri passi. Andiamo.
 VARANE
 Che? Seguirvi Varane? Questi lumi
 saranno il testimon d’un imeneo...
 No... Prima... Ah, giusti dei!...
605Con qual fulmine orrendo
 prendeste ad atterrar la mia costanza?
 TEODOSIO
 Che ascolto? A quai trasporti
 si dà in preda il tuo labbro?
 Qual turbamento è il tuo?
610Tu impallidisci? E tu pur anche, Eudossa?
 Perché? Parla, onde mai? Svela l’arcano.
 EUDOSSA
 Sire... (Mi manca il cor).
 VARANE
                                               Parli, o Teodosio,
 parli Varane. È vero,
 non son più di me stesso.
615Le pene e i turbamenti
 nascono in me da quel fatale oggetto...
 Oh dio! ... Misero core!... È forza, o sire,
 ch’io ceda al mio dolore.
 Sento che, nell’indugio,
620la mia stessa ragion divien furore.
 
    Tu non m’intendi, no;
 ma intendermi non so
 né meno io stesso.
 
    Con fiera tirannia
625da gelosia, da amor,
 da sdegno e da dolor
 mi sento oppresso.
 
 SCENA III
 
 TEODOSIO, PROBO, EUDOSSA
 
 TEODOSIO
 Probo, intender vorrei
 ma il mio stesso desir fa il mio spavento.
 PROBO
630Tutti sì strano evento
 m’occupa i sensi.
 TEODOSIO
                                  Rompi,
 Eudossa, il tuo silenzio e il vero esponi.
 Agli occhi tuoi noto è Varane?
 EUDOSSA
                                                         È noto.
 TEODOSIO
 Ed a quei di Varane è nota Eudossa?
 EUDOSSA
635Eudossa è ignota a lui, non Atenaide.
 TEODOSIO
 D’Atenaide non chiedo;
 chiedo di te.
 EUDOSSA
                          Per me rispondo, o sire,
 quando per Atenaide a te rispondo.
 TEODOSIO
 Spiegati. (Non intendo e mi confondo).
 PROBO
640(Oscuri enigmi).
 EUDOSSA
                                  Allora
 che in Atene io vivea, non era Eudossa;
 tal mi nomai, poi che in Bisanzio giunsi.
 TEODOSIO
 E in Atene vivesti?...
 EUDOSSA
 Col nome d’Atenaide.
 TEODOSIO
                                          E là ti vide?...
 EUDOSSA
645Il principe Varane,
 offertomi dal caso e non dal core.
 TEODOSIO
 Segui. E t’amò?
 EUDOSSA
                                Finse d’amarmi almeno.
 TEODOSIO
 (Oh dei!) Né spiacque a te la regal fiamma?
 EUDOSSA
 Arbitro fu del mio
650il paterno voler.
 TEODOSIO
                                Né arrise il padre
 ad un amor che ti facea regina?
 EUDOSSA
 Nol so. So ch’ei repente
 alla patria mi tolse ed a Varane.
 TEODOSIO
 Per qual destin?
 EUDOSSA
                                 Le sue ragioni ha il padre.
 TEODOSIO
655Né saperle poss’io?
 EUDOSSA
                                      Si temé forse
 il giovane feroce e più il suo amore.
 Giovò la fuga; e in queste
 mura s’elesse un più sicuro asilo.
 Qui cambiai nome e culto.
660Mi vide augusta; e qui a te piacque...
 TEODOSIO
                                                                     Basta,
 basta così, basta, o fatal... Qual dirti,
 se Atenaide o se Eudossa
 deggia, non so. Nomi del pari infausti,
 nomi spietati. Un mortal ghiaccio, un freddo
665sudor tutto mi scioglie.
 Partiti; io solo deggio
 restar co’ miei pensieri.
 Quando fia tempo, intenderai tua sorte.
 EUDOSSA
 La men crudel per me saresti, o morte.
 
670   Son colpevole a’ tuoi lumi
 ma innocente è il mesto cor.
 
    Giusti numi, il vostro sguardo
 ben lo vede
 pien di fede e di dolor.
 
 SCENA IV
 
 TEODOSIO e PROBO
 
 TEODOSIO
675Pulcheria a noi. Probo, tu vanne al tempio,
 sospendansi le pompe
 al festoso apparato
 e si congedi il popolo e il Senato.
 PROBO
 Gode scherzar sui nostri casi il fato. (Si parte)
 
 SCENA V
 
 TEODOSIO
 
 TEODOSIO
680Smanie gelose, tormentosi affetti,
 tutto in preda vi lascio
 il petto d’un monarca.
 Ho in Varane un rival. Mel tacque Eudossa
 ma l’infedel lo amava.
685Perfida, ingrata! Ancora
 non sai qual sia lo sdegno
 d’un cesare geloso,
 d’un amator tradito.
 Farò, iniqua, farò che tu non sia
690né del rival né mia
 e che il tuo nome alla futura etade,
 quando invidia dovea, svegli pietade.
 
 SCENA VI
 
 TEODOSIO e PULCHERIA
 
 TEODOSIO
 Vieni, ah vieni in aita
 d’un infelice principe.
695Son tradito, o Pulcheria.
 PULCHERIA
 Lo so. Tutta da Probo
 intesi la cagion delle tue pene.
 TEODOSIO
 Chi mai detto l’avria? Colei che adoro
 traea l’impura face
700perfino all’ara; ed a recar venia
 la spergiura sua fede in faccia a’ numi.
 PULCHERIA
 S’Eudossa è rea, dov’è innocenza in terra?
 TEODOSIO
 Per te sola, o germana,
 misero son. Tu mi lodasti Eudossa
705e l’amai nel tuo labbro,
 pria che negli occhi suoi.
 Deh, perché a te credei? Perché lei vidi?
 Oh fede! Oh vista! Oh amore! Oh cieli infidi!
 PULCHERIA
 Giustissime querele,
710vi fo ragion; ma, sire,
 il tuo cor ne trionfi e quella ingrata,
 sprezzatrice beltà sia disprezzata.
 TEODOSIO
 Qual consiglio a me dai!
 PULCHERIA
                                               Quel ch’è il più giusto.
 TEODOSIO
 Ma non quel ch’è il più caro.
 PULCHERIA
715Scenda l’indegna dal tuo soglio.
 TEODOSIO
                                                           Oh dio!
 Per vederla salir quel di Varane?
 PULCHERIA
 Dal tuo core la esiglia.
 TEODOSIO
 Perch’ella passi al mio rivale in seno?
 PULCHERIA
 Più non spiri queste aure.
720Vada colà dove né meno il nome
 te ne giunga all’udito.
 Corro, o german. Vo’ che per sempre Eudossa
 s’allontani da te né più ti vegga.
 TEODOSIO
 Più non mi vegga? Ah ferma.
725So l’error suo; la sua perfidia è nota;
 ma il non vederla più mi saria morte.
 PULCHERIA
 Ma che far pensi?
 TEODOSIO
                                    Anzi che cada il giorno,
 esca dalla mia reggia
 il superbo rival. Parta...
 PULCHERIA
                                             Varane?
 TEODOSIO
730Sì, la sua vista ira e dolor m’accende.
 Olà, senza dimora,
 gli si porti il mio cenno ed ubbidisca.
 PULCHERIA
 Ah Teodosio! Ah fratel, per cieco affetto
 dove ten vai? Recar tu oltraggi ed onte
735e recargli in Bisanzio,
 a principe sì amico e sì possente?
 TEODOSIO
 Così dunque a Teodosio
 mancherà ogni conforto, ogni vendetta?
 PULCHERIA
 Forse un inganno è il tuo sospetto. È cieco
740l’amante ch’è geloso.
 D’ogni idea si fa un rischio,
 d’ogni ombra un mostro. Ancora
 il cor d’Eudossa esaminar conviene.
 TEODOSIO
 Facciasi. Ecco già corro
745per sentiero migliore.
 Ciò che far deggia ha stabilito il core.
 
    Vorresti, il so, vorresti, amor tiranno,
 dopo la libertà, tormi la gloria.
 
    Ma la cauta ragion vede il tuo inganno;
750e già fa disperar la tua vittoria.
 
 SCENA VII
 
 PULCHERIA e MARZIANO
 
 PULCHERIA
 Libera son dall’odioso nodo
 che politica cieca
 stringer volea. Qui viene il duce. Affetti,
 cauti vegliate alla difesa.
 MARZIANO
                                               Ad onta
755di quel destin, che misero mi rende
 col tormi a questa reggia,
 ove resta di me la miglior parte,
 l’addio ne prendo almeno
 con qualche pace; e un gran piacer vien meco.
 PULCHERIA
760Duce, qual fia?
 MARZIANO
                               Quel di veder che il foco,
 onde arde il fier Varane,
 è volto ad altro obbietto.
 PULCHERIA
 M’ami così? T’è grato
 ch’io perda una corona?
 MARZIANO
                                              Anzi l’acquisti,
765se la tua ti conservi. Hai qui vassalli
 che, non men de’ tuoi cenni,
 adorano, o Pulcheria,
 mi sia lecito dirlo, i tuoi begli occhi.
 PULCHERIA
 Se tanto, o duce, un cor vassallo osasse...
 MARZIANO
770V’è chi osa tanto, o principessa. Ei fece
 quanto poté per non amarti. Oppose
 ragion, virtù, dover; tutto fu indarno.
 Reo lo vuol tua beltà, reo la sua stella.
 PULCHERIA
 Duce, non più. Qualunque ei sia, gl’imponi
775o ch’ei corregga il temerario affetto
 o ch’ei lo chiuda in seno,
 cauto così che non ne scoppi intorno
 la più lieve favilla.
 È buon per lui che ignoto
780m’è l’esser suo; né a te ben tutta io credo
 la colpa sua. (Se più l’ascolto, io cedo).
 MARZIANO
 Poiché il misero deve
 per te morir, non cura
 se il tuo sdegno l’uccida o il suo dolore.
785Vedi...
 PULCHERIA
                No, Marzian, saper non amo
 né la colpa né il reo. Fin che mel taci,
 egli forse m’è caro; e degno è forse
 del mio favor. Tu lieto
 vanne all’armi, a’ trionfi.
790Ivi a core ti sia
 e la tua vita e la memoria mia.
 
    Ricordati di me;
 sappi ch’è posta in te
 la pubblica salvezza.
795(E quasi dissi ancor la mia speranza).
 
    Sollecita i trofei,
 torna fedel qual sei;
 la tua salute apprezza;
 e tutto speri poi la tua costanza.
 
 SCENA VIII
 
 MARZIANO
 
 MARZIANO
800Tu parti e intanto io resto
 tra la vita e la morte,
 dubbioso di mia sorte.
 Timido labbro, è tua la colpa. «Io t’amo»
 dir non sapesti? Ed ella
805o non t’intese appieno
 o se ne infinse almeno.
 Vanne; e pria che partir, dille che l’ami;
 e fa’ che all’amor mio
 ella dolce risponda: «E t’amo anch’io».
 
810   Bel piacer d’un fido core
 poter dire al caro oggetto:
 «Per te peno e per te moro».
 
    Ma diletto assai maggiore
 è l’udir ch’egli risponda:
815«Anch’io t’amo, anch’io t’adoro».
 
 Gabinetto imperiale.
 
 SCENA IX
 
 TEODOSIO e LEONTINO
 
 TEODOSIO
 Convenia non tacerlo.
 LEONTINO
 Mio fu l’error.
 TEODOSIO
                             Teco n’è rea la figlia.
 LEONTINO
 M’ubbidì ’l suo silenzio.
 TEODOSIO
 Si cercò d’ingannarmi.
 LEONTINO
820Anzi di risparmiarti un gran sospetto.
 TEODOSIO
 Or più crudele esso mi rode il seno.
 LEONTINO
 Non val consiglio ove dispone il fato.
 TEODOSIO
 Del vostro fallo è mia la pena.
 LEONTINO
                                                        Credi
 innocente la figlia e sei felice.
 TEODOSIO
825Più avveduto mi rende il primo inganno.
 Venga; e quest’alma il testimonio sia.
 LEONTINO
 Ma sdegno non ti turbi o gelosia.
 
    Se cieco affetto
 t’ingombra il petto,
830ogni consiglio
 diventa error.
 
    Ed è periglio
 della ragione
 il turbamento
835che affligge il cor.
 
 SCENA X
 
 TEODOSIO e VARANE
 
 TEODOSIO
 Quetatevi, o pensieri...
 VARANE
 No no, convien ch’io il vegga.
 Invan mi si resiste.
 TEODOSIO
 Che fia? Questi è Varane.
 VARANE
840Agitato e confuso,
 cesare, a te ritorno.
 Nel mio furor nulla conosco o temo.
 Eudossa è l’amor mio. Se in lei tu pensi
 trovar la tua consorte,
845cerca ancor la mia morte.
 Se ben nella tua reggia
 e se ben tutte intorno
 vegliano al fianco tuo l’arme vassalle,
 vittima non m’avrai facile e sola.
850Vendere a non vil costo
 saprò la vita; e l’oppressore stesso
 dalle rovine mie resterà oppresso.
 TEODOSIO
 Prence, le tue minacce
 mi fan pietà più che spavento; e s’io
855del cor seguir volessi
 gl’impeti primi, apprenderia Varane
 come si parli a cesare in Bisanzio.
 Di’, qual oltraggio hai dal mio amor? Corono
 quella ch’è tuo rifiuto.
860Sposa non la volesti; io la fo augusta.
 Perché sdegni ch’io sia
 possessor di quel bene
 che a te tolse alterezza e frenesia?
 VARANE
 Ah, signor, già condanno
865quel superbo pensier. Seguo il tuo esempio.
 Degna stimo Atenaide
 del tuo impero, del mio, di quel del mondo.
 TEODOSIO
 Ma che pretendi?
 VARANE
                                   Oh dio!
 Vorrei ciò che il mio amore
870far per te non sapria. Vorrei... Ma, sire,
 quel che spero non so né quel che parlo.
 Pesi il tuo cor sé stesso; e vegga quanto
 a pro d’un infelice
 possa aver di virtù, possa esser grande.
875Ecco vinto il mio fasto, ecco abbattuta
 la mia vana fierezza.
 Imploro tua bontade.
 Ah! Basti all’odio tuo che innanzi al ciglio
 hai supplicante d’Isdegarde il figlio.
 TEODOSIO
880Mi toccano i tuoi mali,
 più che i trasporti tuoi. Senti; amo Eudossa;
 ma l’amo con virtù. Vo’ che l’amore
 m’acquisti la sua fede e non la forza.
 Vo’ lasciarla tra noi
885in libertà di scelta.
 Sì, vo’ dalla sua bocca udire il nostro
 oracolo fatal. Se l’hai propizio,
 godrò della tua sorte;
 né un cor t’invidierò ch’esser tuo volle.
890Ma se per me decide, i nostri amori
 più non turbar. Lascia che meco in trono
 regni la tua Atenaide e non geloso
 mira la sua grandezza e il mio riposo.
 VARANE
 
    Parli quella bocca bella
895e contento ubbidirò.
 
    Pena avrò del tuo dolore,
 se pietà ritroverò.
 E s’è fida al tuo bel core,
 il tuo ben non turberò.
 
 SCENA XI
 
 EUDOSSA, PROBO e i suddetti
 
 TEODOSIO
900Nelle tue nozze, Eudossa,
 io riponea tutto il mio ben; ma poco
 apprezzo la tua destra,
 se mi manca il tuo core;
 questo tra me e Varane
905decida in libertà. Scelga tra noi
 il più caro amator, non il più degno.
 EUDOSSA
 E che? Pensi ch’io possa?...
 TEODOSIO
 No no, seco ti lascio. A lui sincero
 parli il tuo cor. Qualunque
910il voler ne sarà, giuro per questo,
 che il crin mi cinge, imperial diadema,
 ne osserverò la legge.
 Probo.
 PROBO
                Cesare.
 TEODOSIO
                                Prendi
 quest’aurea gemma; a quello
915la recherai che dall’amor d’Eudossa
 sarà eletto in consorte.
 PROBO
 Ubbidirò.
 VARANE
                      (Speme risorgi).
 TEODOSIO
                                                       Addio.
 Benché sforzo sì grande
 vita e felicità possa costarmi,
920potrò, bella Atenaide,
 udir la tua sentenza e non lagnarmi.
 
    Al tribunal d’amor
 esamina il tuo cor
 e scegli quel fra noi
925che più ti piace.
 
    Decidi in libertà
 la tua felicità,
 la nostra pace.
 
 SCENA XII
 
 PROBO, EUDOSSA e VARANE
 
 PROBO
 (In disparte qui attendo).
 EUDOSSA
930(Mi rinfranchi virtù).
 VARANE
                                          (M’aiti amore).
 Il misero Varane, o tanto indarno
 sospirata Atenaide,
 avrà pure il piacer di favellarti.
 EUDOSSA
 Parli egli pur. Così comanda augusto.
 VARANE
935Intendo; col suo core
 ti disponi ad udirmi,
 col tuo non già, che troppo
 egli arde a’ danni miei d’odio funesto.
 EUDOSSA
 Deggio ubbidir; quanto far posso è questo.
 VARANE
940E per me nulla puoi? Non anche sazia
 sei dell’aspre mie pene?
 A un solo error tanto supplizio? Oh dei!
 Per te, che non soffersi?
 Qual mar, qual lido non tentai? Fin dove
945de’ sospir miei sull’ale
 volar non feci d’Atenaide il nome?
 Cor non fu che a’ miei pianti
 negasse i suoi. S’è impietosito il cielo
 col guidarmi in Bisanzio.
950Un sol giorno, un sol punto
 mi ti togliea per sempre. A tempo ancora
 sono i miei voti. Ancora
 posso offrirti pentito e nozze e trono.
 Atenaide, mio ben, pietà, perdono.
 EUDOSSA
955Principe, anche in Bisanzio
 vieni a turbar la mia quiete? I mali,
 nel mio cielo natio per te sofferti,
 non ti bastano ancora?
 VARANE
 Eccomi a riparargli
960col pentimento mio.
 EUDOSSA
                                        Tardo mel rechi
 e inutilmente il rechi.
 Data è già la mia fede;
 e di cesare io son.
 VARANE
                                   Sei di Varane,
 se ben rifletti a’ primi
965giurati affetti.
 EUDOSSA
                             A quei rifletto, a quelli
 che tu stesso tradisti,
 a quei ch’ora mi fanno augusta e sposa.
 VARANE
 È ver; mirarti in fronte
 il diadema de’ cesari è un gran fregio;
970ma qui, in grado d’augusta,
 sarai serva a Pulcheria. In Persia io il primo
 sarò de’ tuoi vassalli;
 ed a’ sudditi miei
 saranno i tuoi begli occhi e leggi e dei.
 EUDOSSA
975Principe, è tempo alfine
 che in più liberi sensi il cor ti mostri.
 Tutte le offerte tue, le tue lusinghe
 non faranno ch’Eudossa
 a cesare sia ingrata;
980e del tuo amor mi stimeresti indegna,
 se tua potesse farmi un tradimento.
 Tempo fu che contento
 volea farti il mio cor. Forse non senza
 lagrime io ti perdei.
985Forse ad esser d’altrui l’alma disposi
 con violenza e forse...
 Ma che? Troppo già dissi.
 Di cesare ora son. Data è la fede,
 se non la destra. Esser di lui sol voglio.
990Quando alla tua corona
 novi imperi aggiungessi e novi mondi
 e quando ancor, per legge
 di rio destino, andar dovesse augusto
 infelice, ramingo, fuggitivo,
995non cangerei desio, non cor, non fede;
 e mi saria più dolce
 con lui misera errar, con lui meschina,
 ch’esser lieta con te, con te regina.
 VARANE
 E ben, facciasi. All’aspra
1000dura sentenza il sangue mio soscriva.
 Vanne al talamo augusto
 sul cadavere mio.
 EUDOSSA
                                   Tanto non chieggo,
 prence, da te. Soffri il tuo fato. Vivi
 a più degna beltà. Vivi a Pulcheria.
1005Questo al tuo amor, sol questo
 favor domando, ama Pulcheria e vivi.
 Probo, e tu questa gemma
 rendi...
 VARANE
                 Ferma, Atenaide.
 Sugli occhi miei felice
1010non sia il rival. Lascia ch’io volga altrove
 e le lagrime e l’ire.
 Trema per lui. Morire
 posso ben disperato
 ma non solo, non vil né invendicato.
 
1015   Il mio amore diventa furore;
 rabbia spiro e vendetta dal sen.
 
    Non trabocchi più pianto dagli occhi;
 ma sia spruzzo di fiamma nel core
 e sul labbro si cangi in velen.
 
 SCENA XIII
 
 PROBO ed EUDOSSA
 
 PROBO
1020Temo e compiango il suo dolor.
 EUDOSSA
                                                           Mi fanno
 senso le sue querele;
 ma così oprar io deggio.
 Ei così dee soffrir. Probo, tu intanto
 reca con questa gemma
1025al mio signore e tuo la certa prova
 di quella fé, con cui l’amo e l’onoro.
 PROBO
 Eseguirò. (Nel core
 sento del prence amico il fier martoro).
 
    Vado a recar contenti
1030a chi sospira e pena
 per tua gentil beltà.
 
    In mezzo a’ suoi tormenti,
 ei darà fede appena
 a quel piacer che in petto
1035amor gli sveglierà.
 
 SCENA XIV
 
 EUDOSSA e LEONTINO
 
 EUDOSSA
 Vinta è già la procella. Eccomi in porto;
 né del primo terror mi resta in seno
 più nessun turbamento.
 Il mio fermo riposo
1040vien da virtù.
 LEONTINO
                            Ma la virtude, o figlia,
 nova fuga c’impone.
 EUDOSSA
 Fuggir! Perché?
 LEONTINO
                                La fiamma,
 dagli occhi tuoi ne’ due monarchi accesa,
 a scoppiar è vicina in guerra atroce.
 EUDOSSA
1045Cesare io scelsi; e al suo giudizio deve
 acchetarsi Varane.
 LEONTINO
 Non lo sperar. Fede, che torni in danno,
 non serbano i potenti e men gli amanti.
 Se resti, avrai di che lagnarti. Andiamo.
 EUDOSSA
1050Perdonami, signor. Sposa d’augusto
 sarò fra poco. Egli m’adora...
 LEONTINO
                                                      Eh, figlia,
 sono gli amori in corte
 di debol tempra. Ove ciò torni in grado,
 politica gli scioglie.
1055Più giova al greco impero il perso amico
 ch’Eudossa imperatrice.
 EUDOSSA
 Mi fe’ troppo infelice
 la prima fuga; e pur la impose onore.
 Or la impone il timor né mancar posso
1060a la fé che giurai.
 LEONTINO
 Incauta figlia, ancor ti pentirai. (Si parte)
 EUDOSSA
 
    Eccelso trono,
 fedel consorte
 sono un dono che la sorte
1065così facile non dà.
 
    Se lo perdo è mia sciagura;
 ma s’il lascio è mia viltà.
 
 Il fine dell’atto secondo