L’Atenaide, Venezia, Pasquali, 1744 (Atenaide)

 ATTO PRIMO
 
 Logge imperiali con magnifica scalinata.
 
 SCENA PRIMA
 
 EUDOSSA e LEONTINO
 
 EUDOSSA
 Fausta per me risplende
 di questo dì la chiara luce, o padre,
 se da te mi principia.
 LEONTINO
 Questi, in cui posso ancora
5favellarti da padre, ultimi istanti
 spendansi meglio. In breve
 la turba adulatrice,
 vassalla e serva, a te d’intorno accolta
 s’affollerà. Miei detti, Eudossa, ascolta.
 EUDOSSA
10Attendo i tuoi consigli, anzi gli bramo.
 LEONTINO
 Qual fosti e qual fra poco
 sarai, ti si rammenti.
 Atene è la tua patria; ivi sortisti
 col nome d’Atenaide illustri fasce
15ma non regali. Io ti fui padre.
 EUDOSSA
                                                        E guida
 agli arcani mi fosti alti recessi,
 ove umano pensier rado s’innalza.
 LEONTINO
 La tua propizia stella
 esaminai. Quindi previdi il trono
20ch’empier dovevi. In essa
 vidi il tuo fato. Assai più chiaro il vidi
 nel tuo bel volto e nella tua grand’alma.
 EUDOSSA
 Dono del cielo e tuo.
 LEONTINO
 Beltà e virtude in te crescean con gl’anni,
25quando del re de’ Persi il figlio erede...
 EUDOSSA
 (Varane, il so, fatal memoria).
 LEONTINO
                                                         A noi
 ospite giunse, vago
 d’erudir negli studi
 la regal mente. Egli ad un punto stesso
30e ti vide e t’amò.
 EUDOSSA
                                  Col tuo consenso
 anch’io (stelle!) l’amai.
 LEONTINO
                                             Piacquemi un foco
 che potea farti illustre; e già mirarti
 a me parea sul perso trono assisa.
 EUDOSSA
 Nostra fuga improvvisa
35sol vi si oppose.
 LEONTINO
                                Ah! Figlia,
 vidi uscir da quel foco
 anzi nebbia che luce;
 e l’impuro vapor sparger potea
 macchie eterne al mio sangue, alla tua fama.
40Teco al rischio mi tolgo;
 fuggo in Bisanzio. Ascondo
 il nome d’Atenaide in quel d’Eudossa.
 T’offro a Pulcheria, ella al fratello. A lei
 piace la tua virtude,
45a cesare il tuo volto.
 Proposto appena, è stabilito il nodo
 che ti fa augusta. Il tuo destin già è fermo,
 già paghi i voti miei.
 col favor di Pulcheria,
50sposa a Teodosio e imperatrice or sei.
 EUDOSSA
 Ma imperatrice e sposa,
 lieta non son; mi turba
 l’instabil sorte.
 LEONTINO
                              A questa
 ferma gl’impeti ciechi
55saggia virtù. M’odi e nell’alma imprimi
 quanto un padre or consiglia.
 EUDOSSA
 Parli pur Leontino, Eudossa è figlia.
 LEONTINO
 T’ama cesare, è ver. Teco divide
 l’autorità sovrana;
60ma può il tempo e può l’uso
 nel giovane monarca i nodi antichi,
 se non sciorre, allentar. Tu sempre fida
 soffri, taci, ama in lui
 sino la sua incostanza; e quando ancora
65tu lo vegga avvampar d’altra beltade,
 non l’irritar con importune accuse.
 Una moglie gelosa
 più molesta divien. La sofferenza
 sol fa arrossir l’infedeltà d’un core.
70E gelosia mai non racquista amore.
 EUDOSSA
 A Teodosio piacer fia di quest’alma
 sol voto, unico bene.
 LEONTINO
 In Pulcheria rispetta
 la tua benefattrice e la tua augusta.
 EUDOSSA
75Grato dover non parte
 da un nobil cor.
 LEONTINO
                                Né sien tua cura i gravi
 pubblici affari. A tuo poter sostieni
 giustizia e merto. A tutti
 non dar facile orecchio.
80T’accarezza sovente
 la man che più t’insidia. I casi avversi
 non ti trovino vile
 né superba i felici. Anche dal trono
 al nulla, onde sortisti, il guardo abbassa.
85Fa’ che il ben de’ vassalli
 sia di Teodosio il vero bene. A lui
 la pace, il giusto e la pietà consiglia;
 e ancor dopo il possesso,
 degna del grado tuo renditi, o figlia.
 EUDOSSA
90Questi, o signor...
 LEONTINO
                                   Di genitor, che t’ama,
 sono gli ultimi accenti.
 Tu in avvenir mia augusta,
 io sarò tuo vassallo; e l’esser padre
 non farà ch’io ti neghi il mio rispetto.
 EUDOSSA
95Come? Né men dal soglio
 scorderommi il dover.
 LEONTINO
                                           No no, cotesto
 dover più non pretendo.
 Mia figlia, addio.
 EUDOSSA
                                  Padre e signor...
 LEONTINO
                                                                  Ti lascio;
 ma ti lascio con pena. Ah! Soffri, o figlia,
100nell’estremo congedo il pianto mio;
 e benché singhiozzando,
 prendi l’ultimo amplesso. Eudossa, addio.
 
    Ti stringo in questo amplesso,
 o di me stesso
105parte miglior.
 
    Benché ti ceda al trono,
 non t’abbandono
 senza dolor.
 
 SCENA II
 
 EUDOSSA, poi PULCHERIA, poi MARZIANO
 
 EUDOSSA
 Lasciami, o di Varane
110immagine odiosa. Assai già tolto
 m’hai di pace, di gloria e d’innocenza.
 De’ paterni consigli
 questo sia il primo frutto, amar Teodosio,
 ma solo amarlo; e sempre
115applaudami la Grecia; e il fier Varane
 comprenda che, se indegna
 del diadema de’ cesari non sono,
 potea con egual merto
 salir moglie e regina anche al suo trono.
 PULCHERIA
120Augusta sposa.
 EUDOSSA
                              Augusta principessa.
 PULCHERIA
 Questo è il lieto tuo dì. Bisanzio applaude
 di Teodosio all’amor, d’Eudossa al merto.
 Oggi il cesareo serto
 passerà sul tuo crine. Appena basta
125al concorso de’ popoli giulivi
 la reggia intera; e ad onorar tue nozze
 oggi a noi vien, sia caso o sia consiglio,
 di Persia il prence e d’Isdegarde il figlio.
 EUDOSSA
 (Che sento? Oh dio!) Varane,
130Varane oggi in Bisanzio?
 PULCHERIA
 Appunto. Aver non ponno
 i tuoi sponsali spettator più illustre. (Sopraggiunge Marziano)
 EUDOSSA
 (Oh cieli!)
 MARZIANO
                       Ah! Principessa. Egli a noi viene,
 non spettator ma sposo.
 PULCHERIA
135Sposo! Di chi?
 EUDOSSA
                              (Tutto è palese).
 MARZIANO
                                                              Assolvi
 dall’annunzio funesto un cor fedele.
 PULCHERIA
 No no, libero parla. Il perso erede
 che vuol, che spera?
 MARZIANO
                                       Il tuo imeneo richiede.
 PULCHERIA
 Il mio?
 MARZIANO
                 Pubblico intorno
140ne corre il grido. Cesare v’applaude.
 Ne gode ogni alma.
 PULCHERIA
                                      E Marziano ancora?
 MARZIANO
 Marziano è vassallo. (Il duol m’accora).
 EUDOSSA
 (Son morta).
 PULCHERIA
                           Amica, onde il pallor...
 EUDOSSA
                                                                      Perdona;
 il nodo, che ti toglie al greco impero,
145in te toglie ad Eudossa
 il sostegno più forte.
 PULCHERIA
 T’ama il german. Di che temer potrai?
 EUDOSSA
 Tutto non vedi il mio destin né il sai.
 
    Della rubella
150mia iniqua stella
 tutta non vedi
 la crudeltà.
 
    Né tutta miri
 la ria procella
155che in ciechi giri
 sovra il mio capo
 fremendo va.
 
 SCENA III
 
 PULCHERIA e MARZIANO
 
 PULCHERIA
 Marzian sì pensoso? Il ciel mi chiama
 al diadema di Persia.
160Ne gode ogni alma; cesare v’applaude;
 e tu sol ne sospiri?
 MARZIANO
                                     Ah! Principessa,
 perderti troppo costa,
 non dirò a me, che poco
 caler ti dee d’un misero vassallo,
165a Teodosio dirò, dirò all’impero,
 tua prima cura e tuo maggior pensiero.
 PULCHERIA
 Col rifiuto del figlio,
 ad Isdegarde sarò ingrata? In fronte
 sdegnerò una corona
170che fa servir di Teodosio al sangue
 quella parte di mondo, ov’ei non regna?
 Parla, o duce, consigliami; ma solo
 sia del consiglio tuo norma ed oggetto
 pubblico zelo e non privato affetto.
 MARZIANO
175Il tuo cor, non il mio, vorrei che guida
 al tuo talamo fosse;
 e fosse la ragion del tuo rifiuto.
 PULCHERIA
 Gl’imenei di chi regna
 amor non fa; gli stringe
180ragion di stato.
 MARZIANO
                               E questa,
 questa s’oppone a’ tuoi. Sol col tuo senno
 si regge augusto e sol col tuo l’impero.
 Se tu parti, ei vacilla; e se pur brami
 sposo al tuo letto, ei non si scelga altronde
185che tra i sudditi tuoi. Regna con esso
 ma nella Grecia; e sia
 anche in grado di sposo un tuo vassallo.
 Augusta, ne’ miei detti i voti suoi
 tutta la Grecia accoglie.
190Sol degli avi sul trono
 viver devi e morir, vergine o moglie.
 PULCHERIA
 Marzian, sul tuo labbro
 è tutto zel ciò che favella?
 MARZIANO
                                                 (Oh dio!)
 PULCHERIA
 Non arrossir.
 MARZIANO
                           Ti basti
195che sia reo il mio silenzio,
 lascia penar con innocenza il core
 e interpreta per zelo anche l’amore.
 PULCHERIA
 Questa al tuo zel si renda
 non vil mercé. Vattene, o duce, adopra
200l’arte, il poter, perché si rompa il laccio
 che mi stringe ad altrui. Tuo ne sia il merto.
 Io ne godrò. A Varane (Sopraggiunge Probo)
 toglimi, te ne prego e tel comando.
 
 SCENA IV
 
 PROBO e i suddetti
 
 PROBO
 E se il suo non ti basta, ecco il mio brando.
 PULCHERIA
205Tanto un suddito ardisce?
 E tanto con Pulcheria?
 Dell’amor di Teodosio
 così t’abusi? Probo, anche i favori
 offendono, non chiesti; e tal son io
210che posso a voler mio
 rifiutargli e gradirgli.
 PROBO
 Il mio zelo...
 PULCHERIA
                          Anche il zelo
 colpa divien, quando è soverchio. Attenda
 d’esser richiesto e in faccia
215al suo sovran sia più modesto e taccia.
 
    Può voler chi in trono siede
 un favor dall’altrui fede
 e da te non lo voler.
 
    Prima aspetta il mio comando
220e poi servi al tuo dover.
 
 SCENA V
 
 PROBO e MARZIANO
 
 PROBO
 Marziano, tu solo
 al nodo di Varane
 rendi avversa Pulcheria.
 MARZIANO
 Sa consigliarsi augusta
225col proprio core.
 PROBO
                                 E tu la rendi ingrata
 al merto altrui.
 MARZIANO
                               Parlan nostre opre; ed ella
 ne vede il prezzo e ne distingue il merto.
 PROBO
 Ma non sa giudicarlo.
 MARZIANO
 Probo, con più rispetto
230parli un suddito labbro. I torti suoi
 sono miei torti.
 PROBO
                               Hai molto
 per lei di zelo.
 MARZIANO
                             Il grado suo mel chiede.
 PROBO
 Più tosto il suo sembiante.
 MARZIANO
 La mia fede...
 PROBO
                            Eh, saresti
235meno fedel, se meno fossi amante.
 MARZIANO
 Probo, queste rispetto
 soglie reali.
 PROBO
                        In ogni loco ha Probo
 con che farsi temer.
 MARZIANO
                                       Piacemi; e altrove
 dal tuo valor ne attenderò le prove.
 
240   Vedrò se pareggi
 l’ardire al valor.
 
    Ma so che sovente
 in lega sen vanno
 un labbro insolente,
245un timido cor.
 
 SCENA VI
 
 PROBO e poi TEODOSIO con seguito
 
 PROBO
 Va’ pur; la sofferenza
 vendicherà i miei torti. In te conosco
 il nimico e il rival; tu sol m’involi
 gli affetti di Pulcheria;
250ma se non può l’ingrata
 esser conquista mia,
 tua né meno ella sia. L’abbia altro amante.
 L’abbia Varane. Al mio deluso amore,
 servirà di conforto il tuo dolore.
 TEODOSIO
255Mio fedel, mi dà pena
 che Pulcheria a quel nodo,
 per cui la innalzo a dominar ne’ Persi,
 cieca resista. Ad imeneo più illustre
 non può sceglierla il cielo.
260Quel rifiuto, che ingrati
 ci rende ad Isdegarde,
 provocarne può l’ire;
 e nimico sì forte e sì guerriero
 può costar sangue e pianto al greco impero.
 PROBO
265(Sorte m’arride). Il tuo timore stesso,
 cesare, è comun bene;
 né la germana augusta
 v’oppone il suo voler, l’altrui v’oppone.
 Parla con l’altrui labbro;
270con l’altrui cor risolve.
 TEODOSIO
                                           E da qual core
 sedotto è il suo?
 PROBO
                                Da quello
 d’un audace vassallo
 che alle sue nozze insidioso aspira.
 TEODOSIO
 Alma v’è sì orgogliosa?
275Qual fia? L’addita. In petto
 già m’arde una giust’ira; e stringo in mano
 le pene più temute.
 PROBO
 Egli è... (Pera il rival).
 TEODOSIO
                                           Chi?
 PROBO
                                                       Marziano.
 TEODOSIO
 E Marzian sarà punito. Un duro
280esiglio a questa reggia
 lo torrà, fin che unita
 vegga Pulcheria al principe di Persia.
 PROBO
 Signor, tutto ei possiede,
 col militar comando, anche l’affetto.
 TEODOSIO
285Cauto oprerò. Simulerò l’offesa.
 Parrà favore anche la pena; e un braccio,
 sì necessario e prode,
 non perderò né irriterò. Tu intanto
 vanne incontro a Varane.
 PROBO
                                                A me ben noto
290nella sua corte, ove l’onor sostenni
 di tuo ministro.
 TEODOSIO
                                A lui
 offri quanto dar può cesare e il trono,
 che amico a lui, grato a Isdegarde io sono.
 PROBO
 
    Imeneo più chiare e belle
295arderà le sue facelle;
 ed amor con doppio laccio
 le tue gioie accrescerà.
 
    Lieto dì con più bel raggio
 mai non sorse al greco impero;
300e ogni cor serve ad omaggio
 della tua felicità.
 
 SCENA VII
 
 TEODOSIO
 
 TEODOSIO
 Tutta amor, tutta gioia
 l’alma mi brilla in petto. Amata Eudossa,
 m’è oggetto più giocondo
305l’impero del tuo cor che quel del mondo.
 
    Trovo negli occhi tuoi
 tutto il contento mio,
 tutto il mio bene.
 
    E fuor di te, che sei
310meta de’ pensier miei,
 beni non ha il desio,
 voti la spene.
 
 Cortile imperiale.
 
 SCENA VIII
 
 VARANE con seguito di parti, poi PROBO
 
 VARANE
 
    Reggia amica, a te vicino
 più mi balza il core in petto.
 
315   Ma non so, nel mio destino,
 se per tema o per diletto.
 
 PROBO
 Principe illustre, a sua gran sorte ascrive
 cesare, il mio sovrano,
 che del tuo regio aspetto
320l’alte sue nozze ad onorar tu venga.
 VARANE
 E nel tuo incontro io formo
 fortunati presagi a quel destino
 che qui mi tragge, o amico.
 PROBO
 E qual altro destino a noi ti dona
325che l’antica amistade
 del tuo col nostro impero? (Egli si tenti).
 VARANE
 Ah, Probo! A voi non amistà, non altra
 politica ragion qui mi fu guida;
 sol mi fu guida amore,
330amor per me fatal.
 PROBO
                                     (Povero core!)
 VARANE
 La beltà ch’io sospiro
 vive tra voi. Tal me ne giunse il grido.
 Pietà, Probo, se m’ami.
 Reggi tu i passi miei.
335Senza colei, per cui vo errando intorno,
 m’è odioso il respiro, infausto il giorno.
 PROBO
 Signor, del tuo bel foco
 ti precorre la luce. Il so, gran fregio
 di questa reggia è la beltà che adori.
 VARANE
340Me fortunato!
 PROBO
                             Ella tua fia. T’impegno
 quanto a cesare appresso
 ho di poter.
 VARANE
                         Mio caro. (Lo abbraccia)
 PROBO
 (Per pena del rival perdo me stesso).
 
 SCENA IX
 
 LEONTINO e i suddetti
 
 LEONTINO
 (Che miro, o dei! Quegli è Varane).
 VARANE
                                                                   Ah! Probo,
345è quegli Leontino?
 PROBO
 D’Atene il saggio, è desso.
 VARANE
 O Leontin, molto bramato indarno!
 LEONTINO
 (Più non v’è scampo). Al grande
 successor della Persia...
 VARANE
                                             Eh, lascia questi
350titoli a me funesti.
 Dimmi Varane, amico, figlio o s’altri
 nomi d’amor può suggerirti il labbro.
 LEONTINO
 L’alto tuo grado...
 VARANE
                                   Probo,
 qui grave affar seco mi chiede alquanto.
355Riedi a Teodosio; ei sappia
 che il mio piacer nella sua reggia io spero;
 e fa’ ch’egli vi dia l’augusto assenso.
 PROBO
 Nel mio zelo confida.
 (Piangi, amor mio, ma il mio rival non rida).
 
 SCENA X
 
 VARANE e LEONTINO
 
 VARANE
360O Leontin, dov’è Atenaide?
 LEONTINO
                                                    Dove
 è Leontino, ivi Atenaide è sempre.
 Ma più non la vedrai, credilo a un padre.
 VARANE
 Chi può torla a’ miei lumi?
 Chi negarla al mio amor? Chi tanto puote?
 LEONTINO
365Tu stesso e la tua gloria.
 VARANE
 La gloria mia?
 LEONTINO
                              Non ti lusingo, o prence.
 Fuggila per tuo onor, per suo la fuggi.
 VARANE
 Il suo fato, il mio amor vuol ch’io la cerchi.
 LEONTINO
 L’amor tuo s’avvilisce; ei cerchi oggetti
370degni più del suo fasto.
 VARANE
 Tutto il mio fasto è l’adorarla. Ah! Cessa
 di più temer. Vengo a recarle un core
 più innocente e più puro.
 Vengo ad offrirle un trono
375pari alla sua virtù. Con minor prezzo
 non riparo il suo torto,
 non l’error mio, torto ed error che tanto
 a me costò di pentimento e pianto.
 LEONTINO
 Eh mediti altre nozze
380della Persia l’erede.
 VARANE
 Quelle vo’ d’Atenaide.
 LEONTINO
 D’augusta gl’imenei l’applauso avranno
 della Persia e del padre.
 VARANE
 Ma non quel del mio cor. Voglio Atenaide.
 LEONTINO
385Vedi la regal vergine.
 VARANE
                                          A’ miei lumi
 tutto è oggetto d’orror, se lei non veggio,
 mia delizia, mio bene.
 Deh, non soffrir ch’io te ne preghi indarno.
 Lascia ch’io dir ti possa
390benefattor e padre.
 Vedilo; io tutta abbasso
 la mia grandezza, onde a pregar m’ascolti.
 Concedimi Atenaide.
 LEONTINO
 Non è più tempo. Allora
395ch’io potea, ricusasti;
 or che tu vuoi, non posso.
 La sorte d’Atenaide
 al paterno voler più non soggiace.
 Decretato è di lei; soffrilo in pace. (In atto di partirsi)
 VARANE
400Fermati e meglio vedi
 qual io mi sia. Varane
 soffrir non può d’aver pregato indarno.
 Chiesi Atenaide ed Atenaide io voglio,
 che se ancor pensi, audace,
405torla con nova fuga agli occhi miei,
 parte non fia sì solitaria e strana,
 dove non giunga il mio furor. Cercarti
 saprà la mia vendetta
 oltre il mar più profondo,
410oltre ogni lido, oltre il confin del mondo.
 LEONTINO
 Nella reggia di cesare non temo.
 Torno a ridirlo; invano
 a me chiedi Atenaide. Il suo destino
 più da me non dipende; e se ancor fede
415tu neghi a’ detti miei,
 vanne a Pulcheria e sol la chiedi a lei.
 
    Più non sono in libertà
 di far tua la beltà che t’invaghì.
 
    Lieta amava il tuo bel core;
420ma un pensiero troppo altero
 v’entrò in onta dell’amore
 e il suo bene a lui rapì.
 
 SCENA XI
 
 VARANE, poi TEODOSIO, PULCHERIA, MARZIANO e PROBO con seguito
 
 VARANE
 A cesare si vada; ei mi conceda
 d’Atenaide il possesso,
425onde nel punto stesso
 sia felice il suo amor, sia lieto il mio.
 TEODOSIO
 Principe amico, ogni momento è pena
 che a noi tarda il piacer dell’abbracciarti.
 Questa reggia è tua reggia.
430Pulcheria ed io tutto dobbiamo al figlio
 di quel gran re che un tempo
 fu a noi tutore e padre.
 PULCHERIA
                                             Empie il tuo nome
 le voci della fama;
 e Bisanzio vedrà con lieto ciglio
435di cento eroi te invitto erede e figlio.
 VARANE
 Augusto, principessa,
 ben fu presago il cor che solo in questo
 felicissimo cielo
 sarian paghi i miei voti.
440Questo misero cor lunghi sostenne
 fieri naufragi; ei qui ne spera il porto.
 E se sovrano assenso
 oggi mi si concede,
 si vedrà in sì bel giorno
445ad un talamo solo arder due tede.
 MARZIANO
 (Misero me!)
 PROBO
                            (Pena il rival).
 TEODOSIO
                                                         Ne attesto,
 principe, il ciel; la real fede impegno.
 Quanto da me dipende,
 per tuo ben, per tua pace,
450tutto otterrai. Di’, chiedi.
 VARANE
 Generosa Pulcheria...
 MARZIANO
 (Oimè!)
 VARANE
                   Manca alla mia
 piena felicità solo il tuo voto.
 Pende da te della beltà che adoro
455l’alto destin.
 PULCHERIA
                          Può sperar tutto il grande
 eroe dell’Asia.
 TEODOSIO
                             Ed ottener può tutto.
 Chieda egli pur.
 VARANE
                                 Si compia
 prima il tuo nodo. Io qui t’indugio un bene
 che fa troppo penar con la dimora.
 TEODOSIO
460A tuo piacer quella è tua reggia, prendi
 ivi riposo, ivi le leggi imponi.
 Regna Varane ov’è Teodosio. Probo
 ne adempia i cenni.
 VARANE
                                       Io parto
 pieno insieme di gioia e di rossore.
465(Dal suo contento è quasi oppresso il core).
 
    Per darmi la vita,
 pria inferma e smarrita,
 a ciel sì beato
 amor mi guidò.
 
470   Ma quasi il diletto
 mi toglie dal petto
 quel viver istesso
 che amor gli recò.
 
 SCENA XII
 
 TEODOSIO, PULCHERIA e MARZIANO
 
 TEODOSIO
 Sei vicina, o germana, a porti in fronte
475la corona di Persia.
 PULCHERIA
 Onor ch’io non richiedo.
 TEODOSIO
 All’imeneo felice
 risonano d’applauso e mari e lidi.
 PULCHERIA
 Fama è spesso bugiarda
480e s’applaude sovente a un’ombra vana.
 TEODOSIO
 Tutto arride al tuo nodo.
 PULCHERIA
                                               Il più vi manca.
 TEODOSIO
 Che mai?
 PULCHERIA
                     Vi manca di Pulcheria il voto.
 TEODOSIO
 Vuoi forse rifiutar sposo sì illustre?
 PULCHERIA
 Richiesta ancor non sono.
 TEODOSIO
                                                 E quando fossi?
 PULCHERIA
485Maturar ben si deve il grande assenso,
 dove inutile e tardo è il pentimento.
 TEODOSIO
 E se augusto ten prega?
 PULCHERIA
 Augusto è mio germano.
 MARZIANO
                                               Ed ei non stende
 fin sovra il cor l’autorità del grado.
 TEODOSIO
490Può comandar ciò che all’impero ei crede
 giovevole ed onesto.
 MARZIANO
 Perdonami, signor, giova all’impero
 che talor tu consigli i dubbi affari
 col senno di Pulcheria.
 TEODOSIO
495Duce, chi nacque all’armi
 mal sa in pace trattar nozze ed accordi.
 L’alma guerriera volentier consente
 a consigliar ciò che cagion feconda
 esser può di sospetti e di litigi;
500ma se tale in te avvampa
 sete di guerra e di trofei, va’, espugna
 il bulgaro rubello.
 Pria che il giorno tramonti,
 ti vegga il campo e a nuove palme il guida.
505Cesare a te le sue vendette affida.
 MARZIANO
 Ubbidirò. Dall’armi tue sconfitta
 la provincia rubella,
 il solo non sarà de’ miei perigli;
 e il primo non sarà de’ tuoi trionfi.
510Farò morder il giogo
 al popolo fellon; correr di sangue
 farò, s’ei sia protervo, e strade e fiumi.
 Andrò. Vedrò. Ubbidirò il tuo cenno.
 Soddisfatto vedrò l’altrui livore.
515Tornerò d’altri lauri
 cinto le tempie; e domi
 i miei nimici e i tui,
 avremo ambo vittoria,
 tu dell’audacia, io dell’invidia altrui.
 
520   Di novi allori adorno
 a te farò ritorno;
 e a’ piè del soglio avvinta,
 la fellonia trarrò.
 
    Poi dell’invidia estinta,
525sulle ruine istesse,
 maggior risorgerò.
 
 SCENA XIII
 
 TEODOSIO e PULCHERIA
 
 PULCHERIA
 Signor, saggio consiglio
 non è irritar braccio sì prode. A lui
 tutta delle armi nostre
530affidata è la cura.
 TEODOSIO
 Utile m’è nel campo
 ma nella reggia a me fa guerra il duce,
 più d’ogni altra spietata.
 PULCHERIA
                                               In che t’offende?
 TEODOSIO
 Del mio favor s’abusa e del suo grado.
 PULCHERIA
535Ma qual error?
 TEODOSIO
                               Pulcheria, in certi rei
 dissimular le colpe
 convien, per non punirle.
 Marzian vada al campo e tosto vada.
 PULCHERIA
 Dunque sua pena è Il tuo comando?
 TEODOSIO
                                                                    Ei vada;
540e dal suo core esiga,
 o vicino o lontano,
 del comando il rispetto e non l’arcano.
 
    Qual la sua colpa sia
 forse... Ma dir non voglio,
545già che Pulcheria il sa.
 
    Se fosse ver, saria
 in me troppo cordoglio,
 in te troppa viltà.
 
 SCENA XIV
 
 PULCHERIA
 
 PULCHERIA
 Purtroppo il so. La tua sciagura, o duce,
550è il tuo amore innocente.
 Pietà ne sento. Oimè! Guardati, o core.
 Sembianze di pietà prende anche amore.
 
    Quanto posso a me fo schermo
 e da piaghe e da ritorte.
 
555   Ma ho timor che contro amor
 sia riparo troppo infermo
 l’esser saggio e l’esser forte.
 
 Il fine dell’atto primo