Artaserse (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1705

 ATTO SECONDO
 
 Gabinetto reale con porta segreta.
 
 SCENA PRIMA
 
 ARTASERSE ed AGAMIRA
 
 ARTASERSE
590(Tanto dimora Arsace?)
 AGAMIRA
                                              A te, mio sire,
 concedi ancor...
 ARTASERSE
                               Che? Non partisti, o donna?
 AGAMIRA
 Non si adempie sì tosto un duro impero.
 ARTASERSE
 Né temi un re disubbidito e offeso?
 AGAMIRA
 Che mi resta a temer dopo l’acerba
595perdita del tuo amore, idolo mio?
 ARTASERSE
 Vane lusinghe. Impura donna, addio. (In atto di partire)
 AGAMIRA
 Signor, tu mi rinfacci un tuo delitto.
 Innocente sarei
 se a te meno piacean questi occhi miei.
 ARTASERSE
600Non più...
 AGAMIRA
                      Lo so, mio re. Non più questi occhi
 hanno il loro poter. Spento è ’l tuo foco.
 Siasi. Lo soffro in pace. Ah! Solo almeno
 de l’amor mio non oltraggiar la fede.
 ARTASERSE
 Parlisi a core aperto. Odi, Agamira.
605Che tu m’ami, nol so. Solito vanto
 è di donna che inganna il giurar fede.
 Pur, s’è vero, un monarca
 assai paga l’amor con ringraziarlo.
 Che sia spento il mio ardor, qual colpa è questa?
610Amor non è un dovere.
 Se solo in libertà per genio si ama,
 con ugual libertà pur si disama.
 AGAMIRA
 (Odi il perfido). Tormi,
 tormi dunque ti basti
615gli affetti tuoi. Lasciami ’l ciel natio.
 ARTASERSE
 No no, parti e ubbidisci.
 AGAMIRA
 Per ultimo conforto almen ti chiedo...
 ARTASERSE
 Che mai?
 AGAMIRA
                     Sol questo giorno al mio partire.
 ARTASERSE
 Concedasi; ma avverti
620con più lungo soggiorno...
 AGAMIRA
 Rispetto il cenno. (Ho vinto.
 È spazio ancor di gran vendetta un giorno).
 ARTASERSE
 
    A mio piacer io voglio
 amar e disamar.
 
625   È libertà del core,
 è autorità del soglio
 prometter fé in amore
 e poi non l’osservar.
 
 SCENA II
 
 LIDO dalla porta segreta e i suddetti
 
 LIDO
 Presto, signor.
 ARTASERSE
                             Vengo ad Arsace incontro.
 LIDO
630Aimè, da mano ignota, aimè!...
 ARTASERSE
                                                           Che?
 LIDO
                                                                       Langue
 nel cortile vicino
 l’infelice trafitto.
 AGAMIRA
                                  O degno figlio! (A parte)
 ARTASERSE
 Trafitto Arsace?
 LIDO
                                E moribondo chiede,
 pria di spirar, l’alto segreto esporti.
 ARTASERSE
635Andiam. Rie stelle! Iniqua destra! (Parte per la porta segreta)
 LIDO
                                                                 Il core
 palpita per timore. (Segue il re)
 
 SCENA III
 
 AGAMIRA, poi CLEOMENE
 
 AGAMIRA
 Infausto colpo! È mio maggior periglio
 la mia prima vendetta.
 CLEOMENE
                                             O madre!
 AGAMIRA
                                                                 Ah! Figlio.
 CLEOMENE
 Ucciso è Arsace.
 AGAMIRA
                                Ah! Fuggi.
 CLEOMENE
                                                      E qual timore?
640Ad Artaserse io vengo,
 quanto intrepido più, tanto più ignoto.
 AGAMIRA
 Ferito è sì ma non è morto Arsace.
 CLEOMENE
 Morto non è?
 AGAMIRA
                            Corso è Artaserse e inteso
 avrà sinora il tuo misfatto e ’l mio.
 CLEOMENE
645O dei!
 AGAMIRA
               Vanne ed occulto
 ne le mie stanze il dubbio evento aspetta.
 CLEOMENE
 Ah! Dove mai ci trasse ira e vendetta?
 
 SCENA IV
 
 AGAMIRA e poi ARTASERSE che ritorna dalla porta segreta
 
 AGAMIRA
 
    Oggi tutte al mio dolor,
 d’odio armate e di furor,
650congiurate,
 stelle rigide e spietate.
 
 ARTASERSE
 (Misero Arsace e più infelice padre!
 Un tuo figlio t’insidia?)
 AGAMIRA
 (Un suo figlio!)
 ARTASERSE
                               (E lo spinge
655donna, anzi furia al parricidio enorme?)
 AGAMIRA
 (Certa è la mia sventura).
 ARTASERSE
 (Né gli basta il tuo sen, che immerger tenta
 nel sen fraterno ancor l’infame acciaro?)
 AGAMIRA
 (Tutto purtroppo è noto).
 ARTASERSE
660(Disegno iniquo! Abbominevol voto!)
 Ma vendetta, vendetta. A me la chiede
 l’estinto Arsace, la giustizia, il grado,
 la natura, la legge, il mio periglio.
 Non son più padre a chi non è più figlio. (Furioso per partire)
 AGAMIRA
665Ferma e perdona...
 ARTASERSE
                                      Il grave,
 l’orrendo eccesso è di perdono indegno.
 AGAMIRA
 In me prima, o signor, stanca il tuo sdegno.
 ARTASERSE
 Tanto zel per Idaspe e Spiridate?
 AGAMIRA
 Idaspe... Spiridate...
 ARTASERSE
670L’un d’essi è il reo, l’un d’essi,
 spinto da iniqua donna,
 vuol torre il padre ed il german di vita.
 AGAMIRA
 (Quasi un cieco dolor mi avea tradita).
 Ma qual?...
 ARTASERSE
                        Volesse il cielo
675che tronchi non avesse i fidi accenti
 ad Arsace la morte.
 Su l’empia donna e sul colpevol figlio
 già caduta saria la mia vendetta.
 AGAMIRA
 E ’l saria giustamente.
680Me punisci innocente e ’l reo punisci.
 Rifletti a l’altrui fallo, al tuo periglio.
 Non esser padre a chi non è più figlio.
 
    Un figlio crudele ti chiama al rigore
 e un’alma fedele ti chiede pietà.
 
685   La vile clemenza fomento è di errore,
 l’afflitta innocenza trofeo d’impietà.
 
 SCENA V
 
 ARTASERSE
 
 ARTASERSE
 Ah! Qual dei figli è ’l reo? Qual l’innocente?
 Qual di loro punisco e qual difendo?
 Idaspe... Spiridate....
690Morte, che n’ebbe orror, prevenne il nome
 su le labbra d’Arsace
 e a lui tolse la vita, a me la pace.
 
    Ho due figli e non son padre.
 Se ne assolvo un con l’amor,
695quegli forse è ’l traditor.
 
    Se poi giusto un ne condanno,
 amor dice che m’inganno
 e mi sento genitor.
 
 Logge di verdura fiorita.
 
 SCENA VI
 
 ASPASIA e poi BERENICE
 
 ASPASIA
 
    Quanto mai v’assomigliate
700tutti a me, vezzosi fiori.
 
    Con gli ardori il sol v’offende,
 pur del sole i rai bramate.
 Me di sdegni un padre accende,
 m’empie un figlio il sen d’amori.
 
705Odio Artaserse e di virtù è consiglio.
 BERENICE
 E t’empie il sen di giusti amori un figlio.
 ASPASIA
 (M’intese Berenice).
 BERENICE
 Non arrossirne, Aspasia; il foco è degno.
 Ardi pure.
 ASPASIA
                       Ardo sì ma sol di sdegno.
 BERENICE
710Eh! Mal ti ascondi. A Berenice nieghi
 ciò che dicesti ai fiori?
 «M’empie» dicesti «un figlio il sen d’amori».
 ASPASIA
 Insidia fu d’un non ben certo affetto
 che giunse al labbro.
 BERENICE
                                        E si partì dal petto.
 ASPASIA
715Ma spaventato poi dal mio rigore,
 fuggì...
 BERENICE
                Lo so. Fuggì dal labbro al core.
 ASPASIA
 Odimi, Berenice. Odio Artaserse
 e seco i figli suoi. Sì dura a loro
 del potermi acquistar scritta è la legge
720che né men de l’acquisto han più la speme
 e ’l mio sdegno e ’l mio amor da lor si teme.
 BERENICE
 (Vediam se finge). Io dunque
 potrò senza tua pena esserne amante?
 ASPASIA
 (O cimento crudele). A tuo diletto.
 BERENICE
725Spiridate amerò. (Non mi risponde.
 O ch’è rivale o che ’l piacer nasconde).
 E tu d’Idaspe ai voti...
 ASPASIA
 Taci, che in lui solo un nemico vedo.
 BERENICE
 Taccio ma non ti credo.
 
730   Senza core non credo quel seno.
 Tanto gelo non credo in quel cor.
 
    Se non arde sia tepido almeno;
 questo basta per arder d’amor.
 
    Io ne’ lampi di un ciglio sereno
735ben conosco del petto l’ardor.
 
 SCENA VII
 
 ASPASIA, poi IDASPE e SPIRIDATE
 
 ASPASIA
 Soffrilo in pace, o gloria mia superba.
 Purtroppo ho core in sen, foco nel core.
 IDASPE
 
    Se la speme è fatta indegna,
 alma mia, più non si speri.
 
 SPIRIDATE
 
740   Se una colpa amor v’insegna,
 più non si ami, o miei pensieri.
 
 ASPASIA
 Principi, a che venite?
 IDASPE
 A svenar al tuo piede il mio Cupido.
 SPIRIDATE
 Ad estinguere, o cruda,
745con l’ultimo sospir tutto il mio foco.
 ASPASIA
 Così languido mi ami? Ardi sì poco?
 IDASPE
 Un amore, ch’è reo, sempre è infelice.
 SPIRIDATE
 Arder giammai non lice,
 se l’ardore è un periglio.
 ASPASIA
750E questo è cor di amante?
 IDASPE, SPIRIDATE
                                                  È cor di figlio.
 
 SCENA VIII
 
 LIDO con guardie ed i suddetti
 
 LIDO
 Principi, perdonate.
 IDASPE
 Che vuoi?
 LIDO
                      La spada. (Accennando ad essi che diano la spada al capitan delle guardie)
 SPIRIDATE
                                          Come?
 LIDO
                                                          Il re dispone.
 L’armi cedete; a questi io vi consegno.
 ASPASIA
 (Ahi! Che sarà? Destino?)
 IDASPE
755Ad un vile il mio brando?
 
 SCENA IX
 
 ARTASERSE e li suddetti
 
 ARTASERSE
 Non è vile chi reca un mio comando.
 IDASPE
 Padre...
 ARTASERSE
                  Perché lo fui, più non ti ascolto.
 SPIRIDATE
 A un figlio?...
 ARTASERSE
                            E perché il fosti, or sei più reo.
 La spada ed ubbidite.
 IDASPE
760Ecco il ferro...
 SPIRIDATE
                            L’acciaro...
 ARTASERSE
 Non tocchi la mia destra
 del parricidio lor gli empi stromenti. (Accenna a Lido che prende le spade dei principi)
 IDASPE
 I numi...
 SPIRIDATE
                    Il ciel...
 ARTASERSE
                                    Non più. Spergiuri e menti.
 Consolati. Vedrai (Ad Aspasia)
765degli odi acerbi tuoi sazio il furore
 su la vita de’ figli e sul mio core.
 Traeteli là dove il nostro nume
 con maestà temuta inspiri a’ rei
 il tardo orror del fallo; ed essi, in quella
770del giudicio tremendo aperta scena,
 morran pria di vergogna e poi di pena.
 
 SCENA X
 
 ASPASIA, IDASPE e SPIRIDATE
 
 ASPASIA
 Principi, io deggio a voi, benché non pieno,
 però dolce il piacer de la vendetta.
 IDASPE
 Che parli?
 SPIRIDATE
                       Che ti sogni?
 ASPASIA
775Al mio piede il tuo amor così si sveni. (A Idaspe)
 Sì, tutto il foco tuo così s’estingua. (A Spiridate)
 Questo sì è cor di amante.
 Or dite, qual di voi vuol la mercede?
 SPIRIDATE
 Chi nulla meritò, premio non chiede.
 
780   Più m’è grata
 l’innocenza sfortunata
 che una rea felicità.
 
    È sciagura la ventura,
 quando costa una impietà.
 
 SCENA XI
 
 ASPASIA, IDASPE
 
 ASPASIA
785Tuo dunque è, Idaspe, il merto.
 IDASPE
 Taci. Lode di colpa è ingiuria atroce.
 ASPASIA
 Pure mi compiacesti.
 IDASPE
 Si fermò ne l’udito
 la tua cruda richiesta e fin ad ora
790non giunse al cor l’empio pensiero ancora.
 
    Nel mirarvi sì spietati,
 vaghi rai, già tanto amati,
 qui mi scordo il vostro amor.
 
    Ma se miei più non sarete,
795voi, bei rai, la colpa avrete,
 io la pena ed io ’l dolor.
 
 SCENA XII
 
 ASPASIA
 
 ASPASIA
 Aspasia, a questi sensi
 non si arrende il tuo fasto? Ah! Sì, s’arrende
 a la pietà che ho del mio amor. Detesto,
800ma forse tardi, l’ire mie. Li bramo,
 ma forse invan, li bramo ambi innocenti.
 Ah! Se mai fosse reo,
 e reo per mia cagion, colui che adoro...
 Questo è un pensier in cui mi fermo e moro.
 
805   Ah! Per chi volete piangere,
 occhi miei, se non piangete
 nel periglio del mio ben?
 
    Questo è il tempo omai di frangere
 quel rigor che racchiudete
810voi ne’ guardi ed io nel sen.
 
 Tempio del Sole.
 
 SCENA XIII
 
 AGAMIRA e CLEOMENE
 
 AGAMIRA
 Tal morì Arsace. A lui,
 non la pietà, chiuse la morte il labbro.
 Il re sa che un suo figlio
 è traditor. Tu gli se’ ignoto e tutta
815sopra i rivali tuoi cade la colpa.
 CLEOMENE
 Innocenti fratelli!
 AGAMIRA
                                   E d’ambi farsi
 qui l’esame dovrà, qui la sentenza.
 CLEOMENE
 Ed io sarò de la lor pena ingiusta
 l’autor?
 AGAMIRA
                  L’autor n’è ’l caso
820che felici ne vuol, senza esser rei.
 CLEOMENE
 Cruda felicità!
 AGAMIRA
                              Vile che sei.
 Così ami Aspasia? I tuoi rivali estinti,
 per chi arderan de l’imeneo le faci?
 CLEOMENE
 Con questa speme, alma t’acheta e taci.
 
825   Per goder un ben sì caro,
 più leggier mi par l’error.
 
    E sperando almeno imparo
 ad averne men rossor.
 
 SCENA XIV
 
 AGAMIRA
 
 AGAMIRA
 In questi de la reggia orridi casi,
830fo core agli altri ed io non l’ho. Sui figli
 cade la mia vendetta e non sul padre.
 Ah! Se l’infido a me tornasse... Giovi,
 sì sì, giovi sperar. Al traditore,
 per chiamarlo al mio sen, voli il mio core.
 
835   Sdegni miei, che far si può?
 Mi convien pur anco amar
 quel crudel che m’ingannò.
 
    E languir e sospirar
 e pregar per ritornar
840in quel sen che mi scacciò.
 
 SCENA XV
 
 ARTASERSE con seguito e poi IDASPE e SPIRIDATE
 
 ARTASERSE
 
    Gran nume, il cui lume
 de l’ombra disgombra
 la nebbia e l’orror,
 
    che al cielo, che al mondo
845col raggio fecondo
 dai vita e splendor,
 
    tu luce, tu duce,
 di re, giudice e padre,
 tra un figlio parricida e un innocente,
850tu rischiara il pensier, reggi la mente.
 
 O figli, che pur figli ancor vo’ dirvi,
 udite e vi atterrisca
 l’enormità del fallo, il sagro luogo
 e questa a noi divinità presente.
855Mi s’insidia l’impero,
 mi s’invidia la vita; e v’è chi tenta
 nelle viscere vostre e nelle mie
 insanguinar la scellerata spada.
 IDASPE
 Qual empio?...
 SPIRIDATE
                              Qual rubel?...
 ARTASERSE
                                                         Contro di lui
860parlan d’Arsace le ferite e ’l sangue.
 Queste fur le sue estreme
 voci. Io le udii. Le stese
 la man su questo foglio,
 perché ebbe orror di profferirle il labbro.
865Su, si confonda il traditor. Leggete.
 SPIRIDATE
 «Per cagion d’una donna, e vita e regno
 t’insidia un figlio e nel fraterno sangue
 tenta immerger fellon l’infame acciaro».
 IDASPE
 Per cagion di una donna?
 ARTASERSE
870Qual pallor? Qual silenzio. Alma confusa
 non sa trovar discolpe.
 IDASPE
 Io reo, signor, dell’esecrando eccesso?
 SPIRIDATE
 Io macchinar stragi al fratello e al padre?
 ARTASERSE
 Perfidi, a che occultarvi?
875Un di voi nella reggia uccise Arsace.
 Ei l’attestò morendo.
 E v’è chi ’l vide e chi l’udì presente.
 V’accusa il tempo, il luogo; e un re non mente.
 IDASPE
 Forza è alfin ch’io sospetti. Ah! Spiridate,
880io tradito da te con tante frodi?
 SPIRIDATE
 Io frodi? Ah! Idaspe, Idaspe,
 tu così le tue infamie in me rivolgi?
 IDASPE
 Tu sei, tu sei l’indegno.
 SPIRIDATE
 Anzi l’amor d’Aspasia è il tuo delitto.
 ARTASERSE
885Donde mai nascer vedo i miei perigli?
 Come è complice Aspasia? (Iniqui figli).
 IDASPE
 Amai la real donna.
 SPIRIDATE
                                       E n’arsi anch’io.
 IDASPE
 Ognun per sé la chiede.
 SPIRIDATE
                                              Ella tutt’ira,
 perch’offesa da te nel morto sposo,
890prezzo a le nozze il capo tuo dimanda.
 IDASPE
 Sa il ciel ciò ch’io risposi.
 SPIRIDATE
 Lo sa s’io detestai l’empia proposta.
 IDASPE
 Ma presto accieca amor.
 SPIRIDATE
                                               Cade ben presto
 una debol costanza.
 IDASPE
895Con la pietà la fellonia si chiude.
 SPIRIDATE
 Chi più cerca ingannar finge virtude.
 ARTASERSE
 Misero re! Misero padre! Tutti
 ti tradiscon, la Grecia, Aspasia, i figli.
 O nozze scellerate! O giorno infausto
900che portò questa furia ai nostri lidi!
 E voi, barbara prole,
 vi scordaste di me? Più giustamente
 mi scorderò di voi.
 IDASPE
 Ah! Ch’io sono innocente.
 SPIRIDATE
                                                 Io non ho colpa.
 IDASPE
905Salvami, o padre, almeno
 da l’insidie de l’altro.
 SPIRIDATE
                                         O dio! Ti caglia
 de la salute tua, de la mia vita.
 ARTASERSE
 Sian racchiusi, o soldati,
 in distinta prigion; se Aspasia è sola
910che vi spinse al misfatto,
 ella palesi a forza
 quanto sa, quanto fece
 e poi la rea, cagion di tanto scempio,
 a l’altrui fellonia serva d’esempio.
 
915   Da voi parto e vi consegno
 a l’orror del vostro fallo.
 
    A chi lascia d’esser figlio,
 nel suo duolo e nel mio sdegno
 sovverrà d’esser vassallo.
 
 SCENA XVI
 
 IDASPE, SPIRIDATE
 
 SPIRIDATE
920Deh, come alor che a me la man porgesti,
 come l’alma non disse:
 «Ella è la man d’un traditor»?
 IDASPE
                                                         Deh come,
 quando al sen mi stringesti,
 non disse l’alma: «Un empio cor v’alberga»?
 SPIRIDATE
925O fé tradita!
 IDASPE
                          O misera innocenza!
 SPIRIDATE
 Tu innocenza?
 IDASPE
                              Tu fede?
 SPIRIDATE
                                                 Aspasia il dica.
 IDASPE
 Non nominar quella crudel nemica.
 
    Non ricordarti più
 quella fatal beltà.
 
930   Per meritar mercé
 in te morì la fé,
 nacque la crudeltà.
 
 SPIRIDATE
 Vanne pur. La tua vista,
 ch’esser solea mio voto e mio contento,
935si cangiò per tua colpa in mio tormento.
 
    Vibra pure
 ostinate le sventure
 su quest’alma, irato ciel.
 
    Mi condanni il padre a torto,
940il fratel mi voglia morto,
 il mio ben mi sia crudel.
 
 Grottesca deliziosa.
 
 SCENA XVII
 
 AGAMIRA, ASPASIA
 
 AGAMIRA
 Finor son rei del pari.
 ASPASIA
 E pari avran la pena. (Ahi! Che tormento!)
 AGAMIRA
 L’avran. Ma quel che ti fuggì dal seno
945è sospir di pietade o pur d’amore?
 ASPASIA
 Male intendi il mio core; è ver, sospira
 ma d’ira invendicata.
 AGAMIRA
 A tuo piacere. (Or qui si giovi al figlio).
 Aspasia, io ti consiglio...
 ASPASIA
950E che?
 AGAMIRA
                Meno di zelo.
 Serva il tuo amore a la comun vendetta.
 Lasciali al caso. Il forte Cleomene,
 che regola d’Atene il senno e l’armi,
 arde per te; per esso ardi tu pure.
955So che fosti regina; il so. Ma il duce
 è per noto valor di te ben degno.
 Anch’egli ha spada, onde s’acquisti un regno.
 
    Volgi ’l guardo ad altro amante.
 Incostante
960tu sarai ma non già sola.
 
    Anche l’ape, se in un fiore
 mancar vede il dolce umore,
 ad un altro allor sen vola.
 
 SCENA XVIII
 
 BERENICE e ASPASIA
 
 BERENICE
 Ahi! Aspasia, che duol! Viene Artaserse
965e da te cerca il reo della congiura.
 ASPASIA
 Venga.
 BERENICE
                Ma quale, oh dio!
 colpevole dirai?
 ASPASIA
                                Nissun di loro.
 L’uno perché non deggio,
 l’altro perché l’adoro.
 BERENICE
970Dunque cadranno entrambi?
 ASPASIA
 E pur convien tacere.
 Così ’l mio affetto in ambidue difendo.
 BERENICE
 Io qui la vita o qui la morte attendo.
 
 SCENA XIX
 
 ARTASERSE e le suddette
 
 ARTASERSE
 Aspasia, agli odi tuoi,
975onde spento mi brami, io non favello.
 Non favello all’amore
 che de’ figli nel seno empia accendesti.
 Tutto perdono al sesso; al fresco duolo
 delle perdite tue tutto perdono.
980Al viver tuo ragiono.
 Scopri qual sia de’ figli
 ministro a’ tuoi consigli.
 BERENICE
 (Ahi! Che dirà? Che spero?)
 ASPASIA
 Parla agli odi, se vuoi. Questi han per gloria
985il risponder. Diranno:
 «Non è colpa odiar chi troppo offese».
 «Parla a l’amor» risponderanno i figli.
 Cercai fors’io di loro? È ver, proposi
 prezzo del letto mio la tua caduta.
990Negaro allor costanti e vidi io stessa
 nel volto lor tutto l’orror dell’opra.
 Che vinto dal desio poscia un di loro
 cercasse di piacermi,
 è colpa d’essi, anzi di te che sei
995odioso a’ nemici, a’ figli, a’ dei.
 BERENICE
 (Respiro e mi consolo).
 ARTASERSE
 Sì ardita ancorché rea?
 ASPASIA
 Rea sarò perché taccio il parricida?
 Torno a dir, non mi è noto,
1000se non che ognuno di essi è mio nemico.
 A la patria, a la Grecia, al mondo il dico.
 ARTASERSE
 Muoiano dunque entrambi e tu con essi.
 BERENICE
 Cieli! Mio bene! Aspasia!
 ASPASIA
 Che far poss’io! Ma parte il crudo. Ah! Ferma.
1005Berenice! Mio cor! Stelle! Chi accuso?
 BERENICE
 E morrà Spiridate?
 ARTASERSE
                                       E seco Idaspe.
 BERENICE
 Serba, Aspasia, il mio bene. (Ad Aspasia)
 ASPASIA
 (Amicizia, che dici? Amor, che vuoi?)
 ARTASERSE
 Né ancora il reo mi sveli?
 ASPASIA
1010(Crudelissimi cieli!)
 BERENICE
 Pietà de la mia speme.
 ASPASIA
 (E tradirò me stessa?)
 ARTASERSE
 Orsù, corro al rigor.
 BERENICE
                                       Soccorso, o dei!
 ARTASERSE
 Vedo nel tuo tacer che ambo son rei.
 ASPASIA
1015Ah! Ferma.
 BERENICE
                        Io so il fellone, odi, trattienti.
 ASPASIA
 Berenice, che tenti?
 Ascolta. Idaspe...
 BERENICE
                                  Segui. Idaspe è reo.
 ASPASIA
 Idaspe...
 ARTASERSE
                   È il traditor?
 ASPASIA
                                             Perdona, o cara.
 Idaspe non errò. (Ad Artaserse)
 BERENICE
                                  Sentenza amara!
 ASPASIA
1020Non errò; tu l’assolvi e tu ’l difendi,
 se fra i nemici han forza e luogo i pianti.
 L’innocente già ’l sai, se a me tu ’l chiedi.
 Se cerchi il reo, non lo dirò ma il vedi.
 ARTASERSE
 Sì sì, scoperto è ’l reo,
1025se palese è l’amante. Ama costei
 e assai più che pietà quel pianto esprime.
 Idaspe favorito è ’l parricida.
 Orsù, morranno entrambi,
 l’uno perché l’incolpi e reo lo chiami,
1030l’altro perché l’assolvi e perché l’ami.
 
 SCENA XX
 
 ASPASIA e BERENICE
 
 BERENICE
 Ferma, ferma. Innocente
 è Spiridate. Il giurerò su questa,
 che infelice mi resta, ultima vita.
 Tu piangi, Aspasia? Ingrata Aspasia, e taci.
 ASPASIA
1035Deh fuggi, Berenice.
 Una furia son io.
 Perduta ho la pietà, rotta la fede;
 sacrilego è ’l pensier, spergiuro è ’l core;
 l’amicizia è tradita, è morto amore.
 
1040   Mi tormenta, mi cruccia, m’affanna
 il rimorso, lo sdegno, il furor.
 
    Si tradisce, si perde, s’inganna
 e l’amica e l’amante e l’amor.
 
 BERENICE
 Povera Berenice!
1045Misero Spiridate! O dio! Già vedo
 cader la falce in sul tuo collo. Il colpo
 col mio cor si divide.
 Seco si mora. Occhi piangete intanto,
 che ben si deve a quel bel sangue il pianto.
 
1050   Quando perde la speranza,
 lice allor che pianga amor.
 
    Insensata è la costanza,
 se tradisce col tacer
 il dover d’un gran dolor.
 
 Fine del secondo atto