Aminta, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO PRIMO
 
 Giardino.
 
 SCENA PRIMA
 
 EURIDICE e DIONISIO
 
 DIONISIO
 Addio regina, addio, da questi lidi
 ove l’ira del mar me dietro all’orma
 della rapita Elisa,
 della cara germana avea già spinto,
5l’odio tuo mi respinge.
 Siracusa mi attende; io parto e il core
 meco non vien; teco riman su queste
 spiagge fatali a sospirar di amore.
 EURIDICE
 La Tessaglia ov’io regno,
10principe generoso, in ogni tempo
 d’ospite sì sublime
 si pregerà. Se agli occhi tuoi già piacque
 questa, di un lungo duol misero avanzo,
 sfortunata beltà, se non t’amai
15come il tuo cor forse chiedea, ne incolpa,
 più ch’Euridice, il fato. Amar non lice
 fuor che il suo sposo a una real consorte,
 benché tradita sia, benché infelice.
 DIONISIO
 Io partirò, soffri che il dica ancora;
20ma né lunga stagion né vario clima
 potrà stancar la mia costanza; ognora
 ti amerò qual ti amai.
 Sì, partirò (ma senza te giammai).
 EURIDICE
 Vanne e un amor ti scorda
25che a te non giova e ch’io non cerco.
 DIONISIO
                                                                   E questo,
 questo è il tuo sol comando,
 cui di ubbidir mi è tolto.
 Euridice mi vieta
 che t’ami il labbro e vuol che t’ami ’l volto.
 EURIDICE
30Dionisio...
 DIONISIO
                      Già leggo
 ne’ tuoi lumi ’l tuo sdegno. Io parto; ammorzi
 sol questo addio l’ire già accese e almeno
 concedi al dolor mio
 un sol sospiro; egli è l’estremo addio.
 
35   Sovvengavi talvolta,
 pupille, che vi adoro.
 
    Chi sa che non abbiate
 pietà, benché spietate,
 pensando al mio martoro.
 
 SCENA II
 
 EURIDICE
 
 EURIDICE
40O del mio lungo duol fide custodi,
 solitudini amiche, a me più care
 delle città superbe,
 o quanto gode, o quanto
 di trattenersi in voi
45l’afflitto cor con libertà di pianto.
 Qui qualora piangendo
 meco ragiono al traditor mio sposo,
 parmi che l’empio i miei lamenti ascolti,
 or superbo, or pietoso.
50Aminta, iniquo Aminta,
 tu gli adulteri amplessi in me sognasti,
 con svenar nel mio seno anche il mio onore
 e col mio onore il figlio,
 genitore e marito
55egualmente spietato.
 O memoria crudele! O cor rubello
 che l’ami anco sì iniquo, anco sì ingrato!
 
    Lascia di amarlo... Oh dio!
 Tu rispondi, cor mio,
60che non si può.
 
    Tanto ei non è crudel
 quanto son io fedel;
 sia barbaro, sia perfido,
 ognor l’adorerò.
 
 SCENA III
 
 ELPINO ed EURIDICE
 
 ELPINO
65Lieti avvisi, o regina.
 EURIDICE
 Che rechi, Elpin?
 ELPINO
                                   Serena il volto. Aminta...
 EURIDICE
 Oimè, che avvenne?
 ELPINO
                                        Ed Euristeo morendo...
 EURIDICE
 Che?
 ELPINO
             Fu Celia presente
 ed Adrasto il narrò.
 EURIDICE
                                      Nulla t’intendo.
70Dimmi, che sai di Aminta?
 Che di Euristeo? Che mai ti disse Adrasto?
 Parla. Il fato nimico
 quali nove sciagure a me destina?
 ELPINO
 Lieti avvisi, o regina.
 EURIDICE
75Taci, o folle.
 ELPINO
                         Ecco Celia, essa confermi
 quanto ti dissi.
 
 SCENA IV
 
 CELIA e i detti
 
 CELIA
                               Alfine
 movonsi gli astri avversi
 de’ tuoi mali a pietà. Scoperta Aminta
 ha l’innocenza tua. Piange il suo fallo
80e il tradimento altrui.
 EURIDICE
                                          Celia, ed è vero?
 Si è pentito l’iniquo? Ah, tu m’inganni.
 CELIA
 Io ingannarti? Cotanto
 non oserei.
 EURIDICE
                        Parla e ti assidi.
 CELIA
                                                       Ascolta.
 ELPINO
 Io già tutto le dissi un’altra volta.
 
 SCENA V
 
 EURIDICE e CELIA
 
 CELIA
85Ben ti è noto che Aminta
 spinto da cieco sdegno
 stabilì la tua morte.
 EURIDICE
                                       Il ciel pietoso
 mi sottrasse al periglio.
 CELIA
 Ma cadde allor trafitto
90l’innocente Alessandro.
 EURIDICE
                                             Il caro figlio.
 CELIA
 Tu sfuggisti. Egli estinte
 le antiche fiamme, ad opre eccelse inteso,
 del macedone impero
 stese i confini.
 EURIDICE
                              Ed in tre lustri ’l sole
95mezza scorrer li vide
 l’Asia con l’armi e con la fama il mondo.
 CELIA
 Vicino a morte intanto
 langue il fratel di Aminta,
 il perfido Euristeo.
 EURIDICE
                                      Nome fatale
100ad Euridice.
 CELIA
                          Il re, che l’ama, seco
 langue per gran dolor né trova pace.
 L’iniquo allor, che forse
 vieppiù sentia de’ suoi delitti ’l peso
 che l’orror della morte, intorno gira
105torbidi i lumi e sospirando i ferma
 nel mesto re: «Risparmia» ei disse «Aminta,
 il tuo dolor. Meglio conosci omai
 Euristeo quando il perdi. In un germano
 ti svelo un traditor, ti addito un empio».
110Tacque e poscia soggiunse: «Alle mie luci
 piacque Euridice e l’adorai. Sprezzato,
 di adultera e lasciva
 a te l’accuso e il credi e del tuo sdegno
 qual vittima innocente
115ella cadea ma la difese il cielo,
 il ciel che or me punisce assai più giusto».
 Volea seguire; e Aminta: «Ah traditore»
 gridar volea; ma l’empio
 chiude le luci, il senso perde e more.
 EURIDICE
120O giusta morte! O tradimento! O numi!
 CELIA
 Pianse d’allora il tuo pentito Aminta.
 Sé stesso condannò; tornò ad amarti.
 Per monti e valli, abbandonato il regno,
 va di sospiri e pianti...
 EURIDICE
125Pianga pure il crudel. Tutto il suo pianto
 non cancella i suoi falli,
 non ripara i miei danni;
 ma donde avesti ’l grande avviso?
 CELIA
                                                                Tempe
 ne risuona di gioia e in lieti viva
130plaudon ninfe e pastori al tuo contento;
 e il seppi anch’io dallo straniero Adrasto.
 EURIDICE
 È possibile, o dei!
 CELIA
 Chi sa che Aminta a’ piedi tuoi non venga?
 EURIDICE
 Celia, ah Celia! Io vederlo
135così offesa e tradita? Io sofferirlo?
 Perfido, io pur svenarti,
 trafiggerti vorrei!
 CELIA
                                   Placa, o regina...
 EURIDICE
 Sì, trafigger quel core... Ah no, pria questo
 mi si trafigga, o dio!
140perché ancor nel mio sdegno
 il mio sposo tu sei, l’idolo mio.
 
    Bramo di vendicarmi
 e non vi assente il cor.
 
    Sdegno mi porge l’armi
145e me le toglie amor.
 
 SCENA VI
 
 CELIA e ADRASTO
 
 ADRASTO
 Celia, tu cui son noti
 del regio cor tutti gli arcani, ancora
 si è placata Euridice? Ancora Aminta
 può sperare il perdon?
 CELIA
                                            Credimi, Adrasto,
150non è sì leve impresa
 placar donna irritata e amante offesa.
 Ancor nel dubbio core
 della mesta regina
 succedono a vicenda odio ed amore.
 ADRASTO
155E l’infelice Adrasto
 può sperar che tu l’ami
 dopo tanto rigor?
 CELIA
                                   Non lusingarti,
 già il mio cambiai col cor di Silvio, ond’io
 vivo sol col suo core ed ei col mio.
 ADRASTO
160E per Silvio mi sprezzi? In che gli cedo?
 In che non vinco? Al corso
 meco si provi e al canto; avrò di lui
 più snello il piede e più gentil la voce.
 Egli, vil di natali e di fortune,
165guarda greggi non sue...
 CELIA
                                              Sentimi, Adrasto.
 Per lunga serie d’avi,
 tu non hai chi ti agguagli.
 A te sudan più aratri,
 a te pascon più armenti; e illustre sei
170per virtù, per natali e per fortuna;
 ma Silvio è più vezzoso agli occhi miei.
 
    Nel mio Silvio il core amante
 spera e trova il suo gran bene.
 
 SCENA VII
 
 SILVIO e i suddetti
 
 SILVIO
 
    E di Celia il bel sembiante
175fa l’onor delle mie pene.
 
 CELIA
 Silvio.
 SILVIO
               Celia.
 CELIA, SILVIO, A DUE
                            Mia vita.
 ADRASTO
                                               (O gelosia!)
 CELIA
 Mira, Adrasto, in quegli occhi
 del mio rigor la più gentil discolpa;
 se all’amor tuo render non posso amore,
180tanta beltà ne incolpa.
 ADRASTO
 Sia pur Silvio il tuo vago; ei dì piacerti
 abbia tutta la gloria, alfine Adrasto
 trionferà.
 SILVIO
                     Non temo.
 ADRASTO
                                           Eh folle! Celia
 più che donna non è. Sol perché t’ama
185si cangierà.
 CELIA
                        Non lo sperar. Tu solo
 il mio nume sarai, l’anima mia.
 SILVIO
 Celia.
 CELIA
              Silvio.
 SILVIO, CELIA A DUE
                            Mia vita.
 ADRASTO
                                               (O gelosia!)
 SILVIO
 
    Sì sì, più che nel mio,
 ho vita nel tuo sen,
190mio dolce e caro ben.
 
    Unito al tuo bel core,
 con dolce nodo, amore
 ivi ’l mio cor ritien.
 
 CELIA
 
    Sì sì, sento che ha vita
195in me quel tuo bel cor,
 mio dolce e caro ardor.
 
    Alma al tuo core è il mio,
 dal tuo la prendo anch’io
 e ne ha la gloria amor.
 
 SCENA VIII
 
 ADRASTO
 
 ADRASTO
200Ancor forza è ch’io taccia e che nasconda
 il mio grado real? Silvio trionfa
 di Adrasto e il soffrirò? Tanto ti deggio,
 sacra amicizia. Tanto
 m’imponi, Aminta. Io ti ubbidisco, a prezzo
205anche de’ miei sospiri,
 anche della mia pace e del mio pianto.
 
    Fido amico a te sacrai
 le mie gioie, i miei tormenti.
 
    Amo, peno e so tacer,
210sol perché nel mio piacer
 tutti trovo i miei contenti.
 
 Cortile del palazzo di Euridice.
 
 SCENA IX
 
 AMINTA
 
    Cari sassi,
 dolce albergo del mio bene,
 
    a voi giro afflitto i passi
215per dar fine alla mia vita
 o conforto alle mie pene.
 
 SCENA X
 
 ADRASTO e AMINTA
 
 ADRASTO
 Mio re, dove ti porta
 la cieca doglia? Ove l’affetto? Fuggi
 la fatal reggia; fuggi
220la sdegnata Euridice, ancor non certa
 del suo duolo o non sazia.
 AMINTA
 Perdi, amico, i consigli. È giunto il giorno
 che della sorte mia decida i casi.
 O col pianto o col sangue
225s’ha da placar l’irata sposa; omai
 forz’è ch’io parli. Ho già taciuto assai.
 ADRASTO
 Scegli almeno altro loco
 men sospetto e men noto; ad ogni sguardo
 non ti scoprir. Parlano meglio, allora
230che non han chi gli osservi, i nostri affetti.
 AMINTA
 Caro Adrasto, al tuo zelo,
 nel maggior de’ miei mali, o quanto io deggio!
 Seguo i consigli tuoi. Vanne e là, dove
 nel sordo lido il vicin mar si frange,
235verrai con ciò che possa ad Euridice
 del mio dolor far fede.
 ADRASTO
 Ben risolvesti. Ivi mi attendi.
 AMINTA
                                                        Amico,
 sappi che ogni momento
 moltiplica le morti al mio tormento.
 ADRASTO
 
240   Dia pace al tuo martir,
 dia fine al mio dolor
 il ciel pietoso.
 
    Onde godiamo in sen
 di chi ci fa languir,
245io felice amator,
 tu lieto sposo.
 
 SCENA XI
 
 AMINTA
 
 AMINTA
 Quale speme è la tua, misero Aminta,
 condannata la sposa, ucciso il figlio!
 Che risolvi? Ove vai? Mori, infelice.
250E sarà men crudele
 la morte tua, se non la miri in fronte
 alla tradita tua fida Euridice.
 Mori e fuggi quegli occhi... Ah no, mia sposa,
 sì, cara sposa, io vengo,
255con un dolore al mio delitto eguale,
 a chiederti una morte
 degna dell’ira tua. Tu sola avrai
 l’onor della vendetta;
 e in onta del mio duol a te la serbo.
260Chi sa che il sangue mio
 non estingua i tuoi sdegni? E a me talvolta
 tu non venga notturna
 a bagnar sospirando
 di qualche lagrimetta e l’ossa e l’urna.
 
265   Pria di morir godrò
 almen di rimirar
 que’ cari lumi,
 benché sdegnosi,
 
    lumi che scintillar
270per me più non vedrò
 dolci e pietosi.
 
 Spiaggia di mare.
 
 SCENA XII
 
 DIONISIO e CELIA
 
 DIONISIO
 (Il volto quello è di Elisa).
 CELIA
 (Oimè! Ravviso in lui
 il mio real germano).
 DIONISIO
                                          (È dessa, il guardo,
275il portamento, il moto agli occhi miei
 la confermano Elisa).
 CELIA
 (Misera me, s’ei mi conobbe! È meglio
 ch’io mi allontani).
 DIONISIO
                                      O cara, o da me tanto
 sospirata germana.
 CELIA
280Che! (Che farò!)
 DIONISIO
                                 Perché mi fuggi, Elisa?
 Dionisio son io,
 non mi ravvisi? O pur t’infingi?
 CELIA
                                                             (Come!
 Fingerò non capirlo).
 Che mi chiedi? Chi sei?
 DIONISIO
                                               (Stessa è la voce.
285Non m’ingannai). Quanti perigli e quanti
 mi costò la tua perdita! Più regni
 e più mari tentai per rinvenirti,
 dietro gli empi ladroni;
 sfidai rischi e naufragi.
290Mi è tolto in Siracusa
 tornar senza di te; quanto giulivo
 sarà nel rivederti ’l vecchio padre
 che ancor bagna di pianti ’l crespo volto!
 CELIA
 Men t’intendo o  ravviso,
295signor, più che ti miro o che ti ascolto.
 DIONISIO
 Che! Tu Elisa non sei? Di Siracusa
 tu principessa?...
 CELIA
                                  Io Celia son, di Tempe
 vile e povera ninfa;
 e la breve capanna è il regno mio.
 DIONISIO
300(Occhi, voi mi tradite).
 CELIA
 (Per te finger mi è forza, o cieco dio).
 DIONISIO
 Ma s’Elisa ella fosse,
 a che mentirne il grado?
 Come qui in Tempe e in libertà, se preda
305fu d’ingordi pirati?
 Perché in rustiche lane?
 CELIA
 Addio, signor...
 DIONISIO
                               Con tanta fretta, o ninfa...
 CELIA
 Senza il noto custode errar dispersa
 troppo lasciai la fida greggia e forse
310sgridar me ne potria l’austero padre.
 DIONISIO
 Hai padre ancor?
 CELIA
                                   Cui bianco
 i lunghi e molti verni han reso il crine.
 DIONISIO
 Va’, s’Elisa non sei.
 CELIA
 Celia son, non Elisa.
 DIONISIO
315Ma ch’Elisa tu fossi io giurerei.
 CELIA
 
    Non so qual pensi;
 e il guardo bugiardo
 ti gode schernir.
 
    Se il core che brama
320fa lega co’ sensi,
 con facile frode
 si lascia tradir.
 
 SCENA XIII
 
 DIONISIO e poi ARASPE
 
 DIONISIO
 Non so ancor se sia questo
 stato sogno od incanto... O fido Araspe,
325qui te appunto attendea. Partir da Tempe
 deggio e tentar grand’opra.
 Tanto di amici e d’armi
 dal naufragio crudel rimase a noi
 quanto basta a compirla.
330Dov’io già risolvei,
 meco verrai co’ miei più fidi; e intanto
 pronti stiano gli abeti a scior dal lido.
 Vanne, opra e taci; io nel tuo amor confido.
 
    Nel sen di una beltà
335mi guida, o dio d’amor;
 
    e allor trovar potrà
 la bella pace il cor.
 
 SCENA XIV
 
 AMINTA e ADRASTO
 
 AMINTA
 E credi che il mio bene,
 la mia bella Euridice,
340che tanto e tanto offesi,
 possa mirar placata e me felice?
 ADRASTO
 Mio re, confida; e intanto
 prepara il cor ch’ella qui viene.
 AMINTA
                                                           O numi!
 Con qual cor? Con quai lumi?
 ADRASTO
345Spera.
 AMINTA
                Che mai?
 ADRASTO
                                    Perdono.
 AMINTA
 Dopo il mio error?
 ADRASTO
                                     Per ottenerlo, tutti
 spendi i preghi, usa l’arti;
 chi ti detesta infido,
 se ti trova fedel, puote anco amarti.
 
350   Tanto è sdegnosa femmina amante
 quanto il suo bene crede infedel.
 
    Ma s’ei risolve di esser costante,
 ella ancor lascia di esser crudel.
 
 SCENA XV
 
 AMINTA
 
 AMINTA
 Viene Euridice. Dimmi,
355risolvesti cor mio? Cinto da mali,
 che paventi? Che pensi? Io già ti veggo
 da mille affetti lacerato. Ah, fuggi...
 No no... Rimanti... Oh dio!
 Che risolvi? Che fai?
360Ti consiglio alla fuga e tu non puoi;
 ti esorto alla costanza e tu non l’hai.
 
 SCENA XVI
 
 EURIDICE e AMINTA
 
 EURIDICE
 Cessate alfin, cessate...
 AMINTA, EURIDICE A DUE
                                            (Oimè, che veggio!)
 AMINTA
 (Quella è la mia Euridice).
 EURIDICE
 (Quegli mi sembra Aminta)
 AMINTA
365(Che farò?)
 EURIDICE
                         (Non m’inganno).
 AMINTA
                                                            (Ardisci, o core).
 EURIDICE
 Che fa l’empio? Che pensa?
 AMINTA
 Pensa morirti a’ piedi.
 EURIDICE
                                            Ah traditore!
 Sei tu Aminta o m’inganno?
 Devo credere agli occhi?
370Devo dar fede al cor? Parla, rispondi.
 AMINTA
 No, mia giusta regina,
 no che Aminta non sono. Ei fu altre volte
 il tuo fido, il tuo sposo. Ei fece un tempo
 le tue delizie e tu le sue facesti.
375Io, misero, qual sono?
 Sono un crudele, un sanguinario, un empio,
 orror de’ tuoi pensieri,
 scopo dell’ire tue. Son quegli, o dio!...
 EURIDICE
 Non più, iniquo, non più, troppo rammento
380gli oltraggi tuoi. Ben ti ravvisa il core
 e sento che mi parla
 e conosco che parlo a un traditore.
 Ma tu ancora comprendi
 qual io mi sia? Vedi a chi parli? Io sono,
385se nol sai forse, io sono
 quella stessa Euridice...
 AMINTA
                                              Ahi!
 EURIDICE
                                                         Tu sospiri?
 Di che? Rammenti forse
 quanto ti amai? Quanto serbai pudica
 del giogo marital le caste leggi?
390O più tosto rammenti
 che in guiderdon della mia fede, ingrato,
 che in premio del mio amor le leggi hai poste
 di giudice e consorte
 tutte in obblio per condannarmi a morte?
 AMINTA
395Mia regina, ingannato
 dal perfido Euristeo,
 che far dovea? Che far potea? Chi mai
 temuta avria perfidia
 in un germano accusator? Chi mai...
 EURIDICE
400Dovea crederlo ogni altro
 ma non Aminta. Ei qual ragione avea
 di sospettare in me colpa sì enorme?
 Che non pensar qual vissi? E la mia vita
 ti servia di discolpa. Anche i delitti
405hanno il lor grado; e in un sol giorno istesso
 non si passa giammai
 da una grande innocenza a un grand’eccesso.
 AMINTA
 Errai, nol nego, errai;
 ma l’error fu innocente; ei conceputo
410fu dal timor, non dal voler...
 EURIDICE
                                                     E dove
 apprendesti, spietato,
 a condannar senza difesa? Forse
 le discolpe attendesti?
 Maturasti le accuse? Era inonesta?
415Quando? Con chi? Qual fu la prova? Un solo,
 un lieve indizio e ti perdono. Iniqua
 fu l’ingiusta sentenza,
 soscritta dal tuo cor; l’esserti moglie
 era tutto il mio fallo. Ah, se volevi
420di un eterno imeneo scior le ritorte,
 dovea bastarti almeno,
 senza svenarmi ’l figlio,
 senza tormi l’onor, darmi la morte.
 AMINTA
 Regina, io sono il reo, tu sei l’offesa.
425Del mio fallo non vengo
 a chiederti ’l perdon ma la vendetta.
 Hai la vittima e il ferro. (Le presenta il dardo)
 Non per altro viss’io
 che per cader dalla tua man ferito,
430che per morirti a’ piedi, (S’inginocchia)
 colpevole e pentito.
 Su, che fai? Che più badi? Il colpo attendo.
 EURIDICE
 Vuoi morte? E a me la chiedi? (Tace alquanto)
 Pensi che in crudeltà possa imitarti?
435Odio, Aminta, il tuo fallo,
 non la tua vita. Vivi,
 vivi pure, infedel, ma il tuo delitto (Aminta si leva)
 si asconda agli occhi miei. Vanne sì lunge
 che di te non mi resti altro che il nome
440ed il solo dolor di averti amato.
 Se ancor m’ami, prescrivi
 leggi al tuo duol; sia questa
 la mia vendetta e la tua pena. Vivi.
 
    Vivi ma non ardir
445di rivedermi più, sposa tradita.
 
    Soffri del tuo fallir
 la pena più crudel nella tua vita.
 
 SCENA XVII
 
 AMINTA, poi ELPINO
 
 AMINTA
 Vivi! Qual dura legge,
 Euridice, m’imponi?
450Ch’io ti ubbidisca e viva?
 Come possibil fia
 senza l’anima mia?
 ELPINO
 Mio re.
 AMINTA
                 Chi sei?
 ELPINO
                                   Non mi ravvisi? Elpino,
 il tuo fedel.
 AMINTA
                        Tu Elpino?
 ELPINO
455Signor...
 AMINTA
                   Tu quel cui già la morte imposi
 del mio innocente figlio?
 ELPINO
                                                Io quegli sono...
 AMINTA
 E mi ubbidisti? Il sangue
 mi si agghiaccia nel sen. Fuggi, t’invola;
 celati agli occhi miei. servo mal nato,
460carnefice spietato.
 ELPINO
 Doveva al cenno tuo...
 AMINTA
                                          S’egli era ingiusto,
 perché ubbidirmi? A che eseguirlo?
 ELPINO
                                                                    È dunque
 colpa l’esser fedele?
 AMINTA
                                       In rimirarti,
 de’ miei delitti in me si accresce il duolo.
465Uccisor del mio figlio, empio ministro,
 fuggi e col mio dolor lasciami solo.
 
    Senza orror,
 non ho cor di rimirar
 chi ’l mio figlio mi svenò.
 
470   In piagar quell’innocente,
 alma barbara, inclemente,
 come il cor non ti mancò.
 
 ELPINO
 Or va’, misero Elpino,
 va’, servi in corte, alfine
475diverrà la tua fede il tuo delitto;
 ma non m’importa. Aminta
 è pentito dell’opra e non Elpino.
 
    Rido della sua collera
 ma so che in fumo andrà.
 
480   Minacci pur vendette,
 gran smanie, gran vendette,
 ma poi si placherà.
 
 Il fine dell’atto primo