di qual fiamma avvampi il cor.
e ’l conforto al mio dolor.
a sprezzare il suo dover.
dà legge a’ tuoi pensier.
né più teme quel mar che sfuggì.
e si scorda que’ lacci ond’uscì.
vi trovo la beltà ma non la fé.
non mi chiedere il perché.
che l’amarne un traditor;
ingannata, anche il suo onor.
Armi ha il ciel per gastigar
quella amando ed or questa beltà.
da più fiori succhiando sen va.
ti dia timor. (Va a sedere in trono. Lucinda segue)
il mio sposo un dì vedrò.
già la vittima cadé. (Vuol posar lo stile e vede il padre)
e più accresce il tuo dolor.
potrai lieta nel seno abbracciar.
giusto ancora saprò conservar.
se in te amore ritorna e pietà.
Vuole il padre ch’io mora. Ahi! Che farò?
Ombre squallide, furie d’amor,
più il mio destin crudel.
L’arte, sì, del bel regnar
da me il mondo apprenderà.
anima senza fé, senza pietà.
Perché con me? Perché tant’empietà?
tempo e sorte, amor e fé.