No, vi ho compagni. In breve
Tua amistà non si stanchi;
Dalla nota di audace (Ad Areta )
Non ti sforzo ad affetti.
Ma qual pro dall’inganno?
che spender non mi è dato,
ch’ei non rinfreschi ognora
trar solinga i miei giorni,
che aver può un’infelice.
il rifiuto o il contrasto.
la coppia illustre. Io voglio
Principi, il valor vostro
Sdegno è vizio d’uom vile;
datevi amico amplesso; (Fa abbracciargli insieme)
È ver; ma ogni altro affetto
Mio re, se impetrar posso
saria offendere entrambi;
amore, io non ti offendo.
volga il mio bel tiranno,
ma mio costume il fugge).
che il mio core è per altri,
(O per me grato annunzio!)
È vero, è ver. Tua figlia
non gradia le mie fiamme.
Solco, o figlia, gran mare
Siami stella il tuo amore.
che non fei? Che non dissi?
lor non desti le braccia?
Se l’affetto ti oltraggia,
ma non quel da un malvagio.
Sì, figlia sei, ma figlia
mi han detto i tuoi sospiri
mal potrai farlo. In ambo
chi più piace ha più merto.
Vuoi sceglier bene? Eleggi
su’ miei sponsali; e intanto
Ov’è il ferro? Ove l’ire?
È ragion che di un premio,
benché il mio ne sospiri.
dal mio re. La sua scelta
non siam noi di noi stessi.
Timocrate... (Come sopra)
a un indegno? A un vigliacco?...
tanto impero in me stesso;
Sedetevi e mi udite. (Tutti e tre siedono)
Vendica il padre mio. (Piange, abbracciandone le ginocchia)
Ahi! Che dir posso? (Levandosi)
quel sangue a lui rimasto
l’ultimo addio... Mi manca
vigor... che più mi lasci...
non cerco altro conforto.
che agguaglino il suo fallo,
troppe volte andai contro,
Non si cangi il supplizio;
Scortinmi i tuoi custodi.
Nicandro, a tempo giungi.
Deh! Non perderne il merto
Amico, tu non m’ami, (Nicandro ritorna)
ma non la tua... Che miro?
Di Selinunte il sangue...
non si placa ombra offesa.
Il vuoi? Fa’ che al coltello
L’odio non cambia oggetto.
sta l’una e l’altra vita.
Tardi, in chi amar non posso,
Ma tu, che a prova intendi
qual sia d’amor la forza,
che sa morder chi ’l preme.
io tutt’altro che oltraggi
Vivrò... Vivrò... Ma posso
Che veggio? Il ponte alzarsi...
forse or vien tratto. Or forse
Re, tu sospendi il cenno,
il collo. Io piego il capo.
ei non l’ama o men l’ama.
L’ombre premono il giorno
Dal dover di esser giusto
nulla v’ha che ti assolva.
degno e di miglior sorte,
vanne. Fra pochi instanti
Perché scioglierne i ceppi?
rendila al padre estinto.
Chi toglie un reo da pena
non del mio cor. L’ho sparso
l’offerta al tuo gran nume
Re, parlo alla tua gloria.
fu desir ch’io tua fossi.
Ne ho comandi e ne ho preghi.
per offrirmi in sua vece.
sulla morte, ch’io chieggo,
mancava ancor. Mi affretto
(Ah! Nicandro, Nicandro!) (Tra sé in atto pensoso)
non infamia al tuo amico.
(Chiuso è il cor dall’affanno).
uno schiavo e un tiranno).
Grazie, Areta, al tuo sdegno,
che in mio arbitrio lasciasti
s’anche un sol condannassi;
che la morte ad entrambi.
«dea, che preservi ognora
di ombreggiarne altra idea;