fiorisse, or che ti veggo,
togliesse agli occhi miei
il pentimento e il duolo.
cui di far tocca in sorte
che, que’ labbri baciando
Che fier destino è il mio!
mi faccio a que’ begli occhi,
Ebbe almen qualche tregua,
diam fine, Uranio. Meglio
Tal la mia ninfa io spero,
né il posso amar. Giammai...
Questo, a cui tu mi astringi,
A che, ninfa, a che fuggi?
nel bollor del mio sdegno
Il ciel, poich’io non posso,
Voglia il cielo che invano
Perché sorda a’ suoi preghi?
Perché duro a’ suoi pianti?
Gran che! Lesbin mi disse
mi risponde il tuo duolo?
Ferma, crudele, il passo;
tu ascolti ’l mio martire,
Ah Narciso, Narciso! (Pensosa tra sé stessa, nulla bada ad Uranio)
non la ragion ma il senso.
ma con la doglia in seno,
ognun taccia. Io v’ascolto.
Ahi, che miri, o Narciso? (Contempla la sua immagine nell’acque)
Due pupille o due fiamme?
Fuggi, o vile Narciso, (Mostra voler levarsi e partire ma poi si arresta)
ti trattiene e i tuoi rischi
Mi accosto e tu ti accosti;
porgo il labbro e tu il porgi;
Ahi, che l’onda frapposta (Lo ritira, sdegnoso e dolente)
Ahi, con qual fronte, o ninfa,
Vibra il colpo, che tardi?
Non lasciar che in ferirmi
ha il tuo sembiante impresso.
di affetto e compiacerti.
andrò fra’ boschi e mesto
andrò alle fonti, ai fiumi
Forse col troppo amarti?)
(Esci pur dal mio petto, (Guarda Uranio)
Perché deggio più amarti?
(Sofferir più non posso).
Deh, ferma, ascolta. E tanto
più candida e più fredda,
se tanto in me ne accendi?
(Qual mai dolor l’opprime?)
Chi v’ha tolto, o pupille,
della fronte e del ciglio?
fermezza? E qual divenni? (Sorge dalla fonte)
fuggir, se l’ho nel core?
la cagion perché io mora,
Voi... Ma qual nova sorge
Con qual coraggio, o ninfa,
poiché in fiore rinacque,
O fior, che in te ritieni
ti toglie agli occhi miei?
troppo angusto a capirla!
Solo in quella ch’io sento
Son morti, oimè! Son morti
si cangino per doglia (Si apre il prospetto e vedesi un cielo)
Ma qual novo portento! (Comparisce Narciso ed Eco)