Ecco il giorno, in cui tutto
per gli alti dei, custodi
di questo regno, il giuro,
Parti. Sugli occhi istessi
Sire, il veggo. Al tuo amore
cui più de’ scogli han reso
non le manchi un diadema,
di mie provincie. Asmondo...
Re, se a chi leggi impone
leggi arreco, il condona.
(Di Elfreda? O me infelice!)
ed estremo è ’l mio bene,
non anche è stretto; e Asmondo
Sarai moglie... Ahi! Qual nome?
Vuole il re le mie nozze?
più non mi espor. Più tosto
D’altro bello e’ si accese...
dal mio suol? Che al suo giunga,
ove i’ sia mostra a dito,
Oltre il Baltico e l’Orse
trasse, mentito il grado,
(O dio! Fu quello il tempo,
Eh! Non son, principessa,
Ma se hai cari i suoi giorni,
Eccolo... Io son perduta.
ricusarmi un tuo sguardo?
Di’, per quella ten priego
(Opportuno è ’l momento).
Sire, egli è vero adunque
Mio fratello, ah! ti vinca
Sì, caro, e a me, se puoi,
vuol ch’io vada ad Alvilda.
Legge è del re, mio prence,
(Sivardo? O dio! Qual nome
de l’onor d’un tuo sguardo.
Vanne; qui ’l prence attendo.
qual nel sen mi si è desto
Qui... fra poco... Sivardo...
Sivardo? O nome! O Alvilda!
Entri il principe. (Affetti,
(Questi è Aldano, o miei lumi?
Questi è ’l danico Marte?
Questi è l’amor? Son quelli
gli atti, i moti, gli accenti,
Ah! Se fosse, occhi miei,
Anche nel tuo silenzio (Si avanza)
tutta in sen mi si scosse
l’alma sdegnosa; e in questo
mal poss’io... (Sivardo, preso un seggio, si asside)
Il sembiante... Lo sguardo...
l’alma i suoi sensi. Aggiugni
(Qual voleste, o mie brame,
Amor dunque... Ma siedi. (Siede)
non gli è scudo bastante.
Che diresti? (O periglio!)
labbro incauto, trascorri?) (Si leva)
Piacer puote a chi ’l mira
che più eccelso ha l’aspetto,
che vedesti in Norvegia...
Dunque io sposa, io regina
Frena l’impeto. Ancora...
Mio poter, se’ schernito.
Stretto è già ’l nodo; e ’l regno
pria ch’ei ti abbia tradito;
l’altro perché non piace».
Il tuo merto, i miei prieghi
se ne perdesti il frutto?
la mia vita era il prezzo
di un accento e di un guardo.
Non più. Già troppo intesi
Principe, a’ piè di quella
Che perdono io ti chieda?
Lascia che a pianger vada;
Su miei fidi, ci attende,
i miei prieghi, il suo bene,
Vieni fra queste braccia,
dagli sdegni agli amplessi?
L’odio, l’amore e gli altri,
E un trono, a cui t’invita
E in te gli ultimi sforzi
pria fa’ applauso e poi core.
e le ingiurie e le pene».
(Più non resisto). Hai vinto.
Già vo. Di Alvilda a’ piedi,
spergiuro, ingrato... (Affetti,
E di altrui per mio voto?
Io piango, quando Alvilda
scopo de l’ire. In quella
Assai già dissi. Al forte
con l’amor non discolpo. (S’inginocchia)
Or mi ascolta e rimira. (Snuda uno stilo)
(M’inorridisce). Parla. (Girita esce della fortezza per la porta segreta)
la cagion de’ tuoi torti,
la rea de le altrui colpe.
l’ire in me estingui. Ogni altra
taci. E in me tu l’accetta
o sia mio, quand’io torni,
Il più fier de’ miei mali
che mi tragga al tuo aspetto