Dario, Serse e tanti altri
Temistocle a noi venga. (Alle sue guardie)
e a te chiede inchinarsi.
gli anni e le cure. Uom greco,
Temistocle, il tuo arrivo
Ah, de’ miei mali a lungo
Gran re, quando a’ tuoi doni
sembra in vista turbato).
qualunque ei sia. S’è giusto,
e più d’ogni altra Atene,
Brama che agli odi antichi
non poca parte e a’ Persi
tuo prima, or suo nimico,
Ecco l’ostro e lo scettro.
v’ha raccolti un mio cenno.
qual mai l’Asia non l’ebbe,
Basta, perché sia grande,
t’accosta al regal trono;
Ciò che udii, ciò che vidi
Mi vuol fuor del suo seno?
tu pur vuoi la mia morte.
con quel duol che conviene
Oh stelle! (Abbracciandosi)
E a me porgi un amplesso?
Duce, ti attende al campo
Basta che tu il confermi,
Non ravvisi Clearco? (Lo guarda)
t’amò? Quel che tu amasti?
Colà piacqui a un Clearco;
ei piacque agli occhi miei.
son di me stesso un’ombra;
l’orgoglio del tuo sangue!
val più regni e più scettri.
dal tuo letto al suo regno. (Con voce sdegnosa)
Palmide ancor non l’ama. (Imperiosa)
quanto ha vita e grandezza.
del tuo amor, del mio sangue.
s’è già sparso il tuo amore.
Ciò che ti diedi ogni altro,
(Qual sia lo sai, cor mio).
qui vedi, in questo punto,
Oh ciel! Per sì gran sorte
altra sorte, altro sposo.
Più non si tardi. E dove,
Signor, mia patria è Atene.
Palmide? Oh dio! (Che sento?
Rifletti al tuo periglio,
è il mio maggior periglio.
E che? Vorresti il prezzo
Degna sei che ognun t’ami,
D’un eroe forma un empio.
Egli, Arsace, è ancor fermo
altra e più gran vittoria
Troppo, ah troppo mi giova
Non son questi, o Cambise,
Vieni, vieni, o Clearco; (Alzando gli occhi a Clearco)
non vo’ doverti il padre.
Col tuo cor ti consiglia;
porgi, o figlia, a Clearco.
Eccola. (Eraclea porge la destra a Clearco)
ciò che l’onor ti chiede.
Non fia mai ver che i numi
che li cangi in mia pena?
Col tuo cor ti consiglia;
qual di voi fia più forte?
Speme e timor l’han vinto.
Troppo nel gran giudizio,
Vieni, invitto guerriero,
Dunque, a vincer la Grecia,
Quell’onor, che a me rendi,
prezzo è del lor coraggio.
spieghi le perse insegne?
al tuo scettro ubbidisca?
a quel ben che m’hai dato.
Cambise, a un tal rifiuto
(Io temo insieme e spero).
E tu il mio sdegno apprezzi,
tra la gloria e la morte.
Convien torti il mio affetto,
darti in mano alla Grecia,
vano al pari ed ingiusto.