Tel dissi e nol credesti.
degno è il suo error. La scure
la mia salvezza. Ah! Guarda
stassi e da un ramuscello
Tale anch’io del più fido
sono ingegnosa! Eh! Lungi,
lo stringerai. Già imposi
O dio! Lascia che almeno,
Tua sono; e tutti assolve
Cara Enon, finch’io viva,
Quanto, ahi! quanto fien brevi
farai crescer quest’acque
dal tuo amore il tuo sangue,
dal tuo sangue il tuo amor.
mi fugge il padre. Il fato
Ella è amante; ella è moglie;
lieto il lasciai, già certo
ritorna e fa’ che tosto...
Gli si sciolgano i lacci,
E ’l promesso perdono?...
ben tosto avranno il vanto
non lieto. In nuovo sposo
sangue il talamo è sparso.
Tanto il tuo impero e tanto
non ti chiese il mio sdegno.
trovarti. Io ne avea tema.
Di sangue?... Ah! Mi faresti
tremar, s’Egle non fossi.
basta a scompor di un’alma
fosse... No. Taccia il labbro
mi parla in tua discolpa.
Grato m’è il suon di queste
Gli anni supera il senno.
Astrea regge i suoi passi.
Né v’ha chi a’ suoi non renda
pien di vita il mio figlio.
Giusto re, non ti aggravi
chiama il giudice iniquo.
che, quand’io pur volessi
vanne; e se il ver narrasti,
tutto il regio mio sangue
più di quello che or sono.
Paride a me qui venga. (Parte una delle guardie reali)
re, non mancò alle leggi.
che, se osservata, ingiusto,
sia vero, in mia condanna.
Mal ti ostini in tuo danno.
non son gli altrui spergiuri.
qual altri al suo supplizio.
de’ suoi giorni l’estremo.
Duolmene. Io l’avea caro;
Volli un miglior serbarti
altro vedi, altro scegli (Mostrandole Cleone)
(Or torna Egle a piacermi).
O dei! Pur da te imposto...
or tel dice il mio affanno.
Mal nel mio cor leggesti;
che, s’io ricevo il torto,
non fa reo chi ubbidisce.
Senza espor la mia testa...
Che vuoi? Di quell’ingrato
Tu sprezzata, io tradita,
vaglia l’esser tuo amante,
tuoi torti il compiangessi?
Che sì, che in te risorse
Siagli la tua. Va’. Prega.
dal tempio al ceppo il vostro
Non privare un tuo sguardo
Quel guardo in nuova pena
Su via. Prendilo e vanne.
Oimè! (Lo guarda e subito altrove rivolgesi ma stendendo il braccio, come in atto di rispignerlo, dà campo a Paride di prenderle la mano e poi di gettarsele a’ piedi)
mi trovi e poi m’uccida. (Enone piange)
che all’ombra tua le sparga
il tuo sangue e il mio pianto,
Tutto i tuoi falli e tutto
pace m’hai tolto e spene.
chiusi i bei lumi al giorno,
Paride è il tuo Alessandro.
Priamo in affar sì grande
nol lasciasti alle fiere?
Ma prescritta mi è l’altra
se non mi rendo ingiusto;
e non posso esser giusto,
de’ tuoi crucci il più fiero.
potrebbe il cor. Ma, oh dio!
Ma dopo la promessa (A Priamo)
Del tuo venir si sparse (A Priamo)
serbarlo al tuo giudicio.
Deh! Posto avessi in opra (Ad Eurialo)
più non mi uscì del labbro;
padre e signor, mi è cara
degli oltraggi, dei pianti?
Sposa... Amor mio... Che gioia!
dubbio ancor del suo fato.