mio l’ubbidirle. Io mostro,
fallo, che gli altri irrita,
piaccia a te solo. A petto
per suo riposo? Eh! Figlia,
pontiche e armene e atteso
non fuggirà al mio sguardo
l’opre mie troppo eccede,
Vi applaudo e ’l voglio; e alora
di eccelse idee guerriere,
gli è indifferente o abbietto.
di lei; n’esalta il merto,
qualunque sia che ardisca
co’ suoi mal nati affetti
L’altra figlia ho perduta.
non v’è fren che mi arresti.
de’ miei spasimi a parte,
Farnace... O dio!... Farnace,
non darti. In tua difesa...
de l’esser mio, che intesi
piaccia agli dii, me sola
più che ogni altro. Oprar tutto
Tremino d’un tuo pianto (Fiero)
Frena, o dio! frena l’ire.
sposo e signor ti accolsi,
s’ei tiranno esser voglia.
Cauti consigli, o prence...
Lasciami. O crudel donna!
Chi sa che tanta un giorno
Figlio, a sì bei sponsali,
quando ancor non vi fosse
più soavi e più giuste...
chieggo nel nodo illustre?
Perfido. Ecco il tuo arcano,
Or parla il zelo; e a l’uopo
Ubbidisci... (Farnace vuol replicare e Mitridate nol lascia)
Ladice, io ne arrossisco.
smentiano il labbro. A pena
lagrime. In quel suo fosco
Prence, non ostinarti. (Piano a Farnace)
pagherà il fio... Soldati....
Non portiamo agli estremi
te attendo, o mia Ladice.
tacque il mio affetto. Ardire
È ver... Ma... Che far vuoi,
non sa amar chi non vanta
non andrà Gordio. Il nodo
Or con qual fronte a Gordio
mi offrirò? Qual d’Aristia
mercede! Io più che padre
de’ miei danni è ’l più greve,
Dei, che al Ponto e a l’Eusino
«Regio patto. (Gordio spiega e legge il patto dell’alleanza)
e su questa, a cui stendo
fa’ sì che il letal ferro
(Io non ho pace). (A parte. Incamminandosi tutti per entrare nel tempio, si arrestano in vedendo Dorilao frettoloso che verso loro sen viene con la spada in mano)
col ferro e più col guardo.
moglie i cauti consigli...
e la mano e ’l consiglio.
Tanto ti duol che Aristia
sia di Farnace al fianco?
e amor mi chiama al campo;
Colà tra i rischi e l’armi?
né mi si astringa a peggio.
d’ira armato e di ferro...
sì rei pensier. Ti abbraccio (S’inginocchia)
Getta al suo piè quel ferro,
per poi condurti io stesso
che questa man, che questo
acciar sia ’l tuo omicida.
trionfo a’ tuoi nemici. (S’ode in lontano suono di timpani e trombe)
nel suo campo temesse. (Si avanza verso Farnace)
Padre, e signor... (Andandogli incontro)
Han qui a spegnersi l’ire?
la guerra a Roma? O vieni
sono in tua offesa. Il solo
che è tua. Quella ti nego
tolgasi da la terra. (Veduta Aristia uscir della tenda, va furioso verso di lei)
che ti offusca la fronte,
Signor, tutti i suoi falli
si divieta al tuo figlio.
Addio. Al padre ubbidisci.
che non m’esca un comando,
l’anime ha il ciel congiunte.
è ’l mascherar gli affetti
Farnace, io ’l feci; e parto,
e di quel che ti ho tolto
che con miglior consiglio
là il dover, là d’Aristia...
Salverò Aristia e a costo
in qual tempo a me vieni?
Aristia.. Ahimè!... Che narri?...
Per lo sposo io sol temo,
Chi sa che il ciel qui tratto
non m’abbia in tua salute.
del prence? Ove il lasciasti?
lo spirto in sen. Va’. Salva
Farnace a me. (Alle guardie) Segrete
Qual ombra? Qual inganno?...
la guerra, ovunque è Roma.
La trovo in voi; né esenti
far peggio in nostro danno.
Quando in più grato ufficio, (Correndo verso Farnace)
giù da coteste braccia, (Levandogli e gittando poi la catena)
Guardie, partite. Anch’egli
l’onor... (Vuol presentare a Farnace la spada e Apamea gliela leva di mano)
ch’ei presta a’ tuoi sponsali,
ecco il pronubo anello (Gli dà l’anello di Mitridate)
Donna real, quai posso?...
(Mi rode ira e dispetto).
mi acheto. Ad altro sposo
Sembri fuor di te stesso.
Conviene anche a chi regna
che in te dubbio esser possa.
che il mio... Vien chi l’accese.
il dover fa i suoi sforzi;
Ti ammiro e ti compiango.
Di tanto io non mi pregio.
Perché appunto io l’amava,
nozze, onde alcun di speme
Attendi. A la regina, (In lontano ad Ostane)
del pegno a te commesso. (Ostane vuol fermar Gordio; ma questi si avanza verso Ladice e le parla all’orecchio presente Apamea)
mi si è l’anima in petto.
sia amor di padre, il provo.
Gordio il sa. Fu in quel tempo
Emilio, un de’ più illustri
varco, ove il cor vacilla.
Non frammetter più tempo.
certo in qualche aspro rischio.
de la regina; e in queste
Statene in guardia, o voi
Ai preghi di Ladice, (Si avanza verso di loro).
e più che ad altro, Aristia,
mi degni, io stimo il dono
del figlio, a cui mi unisci.
tua mente, usa ai trionfi
e poi lascia ch’io ’l vino
suon ne accompagni e canto. (Farnace prende la ghirlanda e la mette intorno il vaso; lo presenta dipoi a Mitridate che lo versa nella tazza)
Qual dubbio or più rimanti?
a l’amabile sposa. (Farnace cavasi di dito l’anello, datogli da Mitridate, e lo pone nella tazza che poi da lui vien presentata ad Aristia)
Io t’ho quasi in un punto
Qual pianto, qual supplicio
questo, che senza inganno
Salva sei; pur t’abbraccio.
Mia diletta germana. (Si abbracciano)
goder, se pianse. Aristia,
Odio in me spegne e lutto.
quai linee in centro. I patti
tra gli agi e le lusinghe
V’è chi ne freme e occulti