più ’l sospetto che il male.
nol sia per me. Da l’armi
e al quirin Marte. Accette
Lo avremo, amici. Intanto
Non tutto uscì ’l comando
ma su Arisbe, mia spoglia,
Nulla temer. La fede (Piano a Velia)
De la sua prigioniera (A Quinto Fabio)
Ma Ersilia è mia conquista.
Mia l’armi e mia la fanno
fan gloria a chi li soffre
si udrà amante quel Fabio
tremar fino i tuoi stessi
non vien da indifferenza.
più affanni? In che mal punto
fu ’l minor degl’insulti.
la vendetta e ’l gastigo.
che non passi in esempio.
più ardir dal suo gastigo.
più che i nostri cimenti.
No. Qual de’ Peni a fronte,
dal grado ch’io ti diedi.
le luci... Altro egli sembra
vien l’impero, non tolto.
Quattro abbiam sotto l’armi
getti fasci al tuo piede?
Era questo un arcano (Ad Osidio)
non si consiglia il merto
di amaro i miei contenti.
del genio. Un cor, che tanto
de la patria e del sangue.
M’ami, se ’l vuoi. L’amore
(Fosse tal la mia Velia).
(Tal fossi, Erminio mio).
sia l’illustre mia sposa.
sortii. Di Erminio ho ’l nome;
ti chieggo il mio riposo.
e cresceria il periglio).
dirà: «Vien, caro Erminio;
Vien Fabio. Arresta il passo.
non ho che Fabio o morte.
de l’amabil tua vista?...
Fabio, a te solo venni...
Ove è ’l ben de la patria,
Senza porgerti un guardo?
Partite. (Ai littori, i quali partono)
Bella, non perché illustre
Tu ’l promettesti; e ’l chieggo.
Ma che sia più che stima.
Aggiungi: e purché deggia.
che a un dittator rispondi.
Creder mi è forza. Altero
con la legge oltraggiata.
Di non più amar quel volto,
Fabio sia ’l pensier nostro.
ne’ suoi figli il rispetto.
Pur se chiudi i tuoi giorni
Non che un solo, pria tutta
zelo e siavi più in mente
che viva il figlio. I tuoi
che a salvezza di un Fabio
O illustre figlio! O alora (Va ad abbracciarlo)
narra i miei casi; e digli
Scrive al Senato. (In lontano a Fabio Massimo)
Il primo (In disparte ad Osidio)
Ciò ancor sappia il Senato;
Ah! Signor, per qual fato,
che mi serbi il tuo amore
già i casi suoi. Col nome
hai d’Erminio; e se vuoi,
le schiere. Andiam, tribuno.
crescete a la mia chioma.
Chieda risse, odi accenda.
non mi parve in quel punto
Mi premea il tuo periglio,
pensai ch’espor me stesso
Spesso intesi, o soldati,
di un pronto utile ossequio;
Uniam l’armi e i vessilli
che pugnar tu non voglia,