che in Ascalona ha ’l vanto
conosce, ond’ella è adorna,
Degli uomini è ’l più vile
rimorso il frena e questo
Orsù, Arbace, un ossequio,
Ah! Che in mezzo a quell’ire
quanto più vaghe or siete!
figlia, de’ primi amplessi.
che primo in me accendesti.
Quando Aliso ebbe i primi
miei fanciulleschi affetti,
con cui ne segnò i patti.
Grandezza o troppo altera
Riedi, o Mennone, al campo;
Grazie agli dii. Sì grande
Ma fa’ che in faccia al campo
Mia figlia? A te d’intorno
stan rischi e pensi amori?
quel ben che m’hai promesso.
core anch’egli è di donna,
e se il suo amor giugnesse
a tentar la mia gloria...
l’amor di un re? Fortuna,
Qui a sorprender mi affretto
Mennone con Semira. (Come da sé)
non sia chiusa a’ miei prieghi.
nieghi, già tutto nieghi.
E questo ancor. Resista (Piano ad Arbace)
il mio core e ’l mio trono.
belle campagne e a l’ombra
or d’un orno, or d’un faggio
quale or ne avrei, potendo
chiami trono e grandezza?
Va’. Regna. Non m’importa
Tu piangi? Eh! Dimmi il lieto
Mennone, ah! sii più giusto.
Lo spero; e alor tua sposa
Nino e Belesa... O dio!...
Siam gli stessi. Col grado
quanto in darla io contento.
Nol niego; ed a me stesso
e ’l tuo re sia di morte.
sia in avvenir tuo regno.
di costanza in chi l’ama.
Per chi nacque a lo scettro,
Gli ostri natii con queste
la serie e de’ miei casi?
Mi avveggo. A un re, a un fratello
per me, ciò ch’io per lui
prima le sue discolpe. (Da sé)
Vedi alterigia! Attende (Piano a Belesa)
Rimorso? Eh! Principessa,
quel volto, in cui fierezza
la mia stessa incostanza.
al suo letto e al suo trono.
Ah! Principessa. (Piano a Belesa)
Scuoti il gel da le vene,
Quant’è, pure a’ miei lumi
vil fossi stata e indegna,
per Mennone io non l’era.
Ma il domestico obbrobrio
quel d’un monarca in tutti
che, a qualunque mi osasse
Tanto in mio pro non fece
Qual altro inciampo adunque
Sì, e questo ferro asciutto
non andria del lor sangue,
campion de la tua gloria.
Perfido! Oh! L’altrui braccio
Simmandio ha qualche arcano
taciuto anche a la figlia.
possa ostentar dal trono,
Perfida! T’ho pur giunta.
E che vuoi che ne faccia?
fantasmi ingombro è ’l capo!
leggo i nomi in que’ tronchi.
Ahi! Ahi! Che furie perfide!
quel cor, se mel togliete.
Ma in pensar che i finora
e più ne avrei se, mentre
Figlia, in Simmandio alfine
che in Ascalona un tempo,
che Mennone, il più prode
Se de le ingiurie atroci,
Ma troppo avvezzo è ’l guardo
Ben risolvesti, o figlia.
Che più tardiam? Ne attende