Metrica: interrogazione
327 settenari (recitativo) in Gianguir Vienna, van Ghelen, 1724 
Tosto, o servi, il più ricco
Gianguir si oppose; il corso
chiudi, o sultan, l’udito.
né il re in te né l’amante.
Va’. Servi il tuo tiranno.
E questo ancor? Vi estinguo,
Che vuol l’ingiusto padre?
gli empi mi han tolto. Tutto
Con queste io fiamma accendo
                 Con quel sospiro,
vien la calma e ’l sereno,
(E ’l soffro?) Su, a la pugna,
il suo voto e ’l suo orgoglio
Sì. Va’. Del mio Cosrovio
                    Che al suo destino...
                     Non si renda.
                  Non si opponga.
                               È sua morte.
                                 È mia offesa.
buon consiglio è star lungi. (Si ritira)
vuol ragion ch’io ’l difenda
abbandono me stesso?) (In atto pensoso)
Cedo. Vuoi più? D’ingiusti
                    A lui di tanto
cui sedotto e’ m’astrinse,
               Lasciami. Parti.
(Perfido!) E ’l giuramento.
                      Taci. Se ancora
                  Tosto o mi siegui
l’orror de’ tuoi spergiuri.
Eccoti il regio impronto. (Gli dà il sigillo reale)
                Sì. S’io non era
giungono amiche. (Veggonsi in lontano le guardie reali in atto di avanzarsi. Allora volendo anche Gianguir por mano alla sciabla, Mahobet gli afferra il braccio con la sinistra; e alzando con la destra il ganzarro, sta in atto minaccioso di immergerlo nel petto di Gianguir)
                                    Alcuno
                   Ah! Traditore.
Ah! Zama. (Riguardandola in partendo)
                       Sposo... O dio! (Volendolo seguitare, si ferma alla prima occhiata di Mahobet)
Più che a salvezza, a rischio
Partì a tempo. Il re viene. (Si ritira in disparte)
                  Pria ch’altro ascolti,
                                 E quali?
Oltre a l’Indo e al tuo Gange
Cosrovio; ed Agra è in rischio.
Rischio che è sol tua colpa. (A Mahobet)
Ma poiché esser ti piacque,
                       Che ascolto?
                Al sultan già è noto
Qui ’l re. (Andando a Cosrovio)
                    Dillo il tiranno.
che tra i nomi, che han grido
di sprezzo, or d’odio il sei.
                                  Ti opprima,
                  In questo nome
                     (Or l’arti intendo).
                        Mio prence.
                           Vendette,
                                 Prigione.
                           Rapito
                            Si loda
fa ciò che il duol non valse...
                                  Ah! Questo
sino ad altro comando. (Si avanza verso il re)
Da’ il perdon, se l’avesti.
Guardie, a me il regal seggio; (Partono due guardie)
il funesto apparato. (Vien recato a Gianguir il seggio imperiale)
O a’ miei lumi!... O al mio core...
funesto oggetto!... Ah! Quali
Giust’è. Sol manca a questa
Sì. Il più nobil suo fregio.
Partite; e de l’atroce (Le guardie tutte si ritirano in lontano)
tua rabbia. Al trono ascendi
che usurpo; e del mio sangue
Ah! Troppo offeso e troppo (S’inginocchia)
il tuo ferro. In me il vibra
Cosrovio, a qual viltade (Alla voce di Alinda, Gianguir rivolta la faccia e Cosrovio si leva)
m’era il lasciarti in vita.
questo ha di ben, che è breve.
                             Sultana,
                      E anch’io potrei
la pena e ’l fa il perdono.

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