da un dubbio Marte; e in questo
Non facciam torto al cielo
Che? Soffrirei ch’uom nato
che la mia quasi è vinta;
non so se a pien contento.
Non più, che in pro del giusto
Da un rio timor mi assolve
Glaucia, a chi spada impugna,
L’onta soffrirne e ’l danno
porti Ormonte il suo fasto
Glaucia, sin dove Ormonte
Prence, invan più mi arresta
A te scettro, a te deggio
Quant’ho, tutto è tuo dono.
Ormonte, in mio vantaggio
Il tuo? Cisseo me elesse;
mi fosse un sì gran bene?...
se ancor vi fosse Ormonte.
No. Quel fraterno affetto,
Giusto è, sì, principessa,
tua offesa e mia sciagura,
lo splendor di tue fasce.
Qualunque e’ sia, gli basta
che l’apprezzi chi regna.
troppo fidi in tuo fasto,
Ma finor tacque il padre.
che sue grazie sien dono,
è ’l mio nome, a Tersandro
pastor, sì, cui più greggi
Fia tempo. Or de’ miei casi
non men che in altre spoglie,
quando Glaucia a noi venne;
Più di Ormonte il sol valse
brando che molti scettri.
Se il re tanto a lui deve,
non servì che a sé stesso.
Cieli!... Ma vana è forse
mi palpiti, fa’ ardire). (Si avanza)
che in me sia, vengo astretto
Pesa il merto con l’opra,
(Qual favellar!) Non altra
Tu ad Ormonte sii giusto,
N’hai già largo compenso,
di Aglatida anche il nome.
più debbo? O padre! O figlia!
Vorrei... Ma... Senti, Ismene.
prove de’ suoi spergiuri,
Ecco Ormonte; ed oh! quanto,
quella bontà in Ismene?...
Ti arresta. In tuo soccorso,
No. Cisseo, benché ingrato,
con la forza l’oltraggio.
Dei!... Che farò? Aglatida
e da Glaucia il consiglio.
non han credito, o Glaucia.
Di lei si cerchi. Erginda
Degno è di te il comando.
e abbiamo entro noi stessi
(Raccolgo attenta i detti).
(Conviene il tempo e ’l luogo).
Quai doni? Arco o ghirlanda.
Egli è desso. Egli è desso.
fia ’l piacer! Quale il mio!
Ecco, Ormonte, al tuo core
e ’l nostro amor, che quanto