Questo dardo e quest’arco
del fort’Ettore il figlio.
d’Ilio già stanche e vaghe,
fa’ ch’ei cresca a la speme
de l’Asia; e alor conosca
quanto v’invidio! A Priamo
di quel Pirro è la sposa,
per soffrir che tu, o donna,
Orsù, ti siegua anch’egli.
che pretesti a schernirti.
Li cerca invan. Dai ceppi
Su, vieni; ed a quest’ara,
il tuo Astianatte ancora,
sveglia l’ire a vendetta,
ne rendeva infelici. (Eleno va incontro a Pirro e gli parla in lontano)
Lo farà, che, se è saggio,
la Grecia. A tanta guerra
togliendola al tuo fianco.
abbiam del nostro affetto.
Va’ pur. De la tua schiava
quel cor che mi abbandona .
quel core, in cui col nome
questa terra e quest’aure
sia in lui d’Ettore il seme.
io ’l so... (Eumeo esce e osserva attentamente Ulisse in disparte)
Stranier, chi sei? (Ritirandosi alquanto)
La voce... il noto volto...
vil compenso al gran danno.
sciagura ho il sol conforto
ciò che chiede il mio sdegno.
Il mio figlio ella uccise.
che tu, in onta de’ patti,
pria che il morso e ’l veleno
Buon per me che a dar leggi,
Rieda Ermione agli Atridi.
pieno anche a me si lasci
Eh! Guai per te, se meglio
Io da Ulisse, io da tutta
con chi è femmina e madre.
che tu e Cassandra, entrambi
mio amor, dal lieto Eliso,
Quell’Oreste, che un tempo
bella Ermione, a te riede
qual vieni? E qual mi trovi?
ti piace Ermione? O troppo
contra Pirro i tuoi sdegni.
sul tuo labbro i miei doni
mi offrissi e ancor più regni,
vengo ed accetto il dono;
se si oppone, il mio amore
Pur nol trascuro. Ermione
custodie ed al suo Oreste.
Siam soli. Omai da quelle
Oh! Se l’incontro e al fianco
deponi e quegli abbraccia
Sì, ch’ei non tolga un giorno
Ti volgi addietro e temi?
Di che? Morto è Astianatte.
che ne temo anche l’ombre.
porgo, a te i prieghi umili...
Dammi il figlio e poi priega.
trema. Qui son due figli;
anche il vero è sospetto.
Che non fanno i lunghi anni?
Guardo l’un, guardo l’altro;
Eh! Non d’Ulisse il cenno,
O ’l piacer che ho in mirarti
quel turbamento in fronte.
Temo Ulisse e i suoi doni.
Dei nuovi oltraggi, o donna,
Ma condannato a morte, (Voltandosi verso Telemaco e sorridendo)
quel picciol astro, ond’egli
che in ogni sasso un qualche
Tu dunque in sì rio passo,
Nel fior degli anni e appena
Grida; ma il tuo Astianatte
Guerra pria che servaggio.
non ne oscuri il bel fregio
Pirro, che madre e figlio
sottrasse a morte, Pirro,
O fede! O amore! O sposo!
Tutto sia pronto. A l’opra
Fuggir, perché? Si parta.
tien su Ermione sprezzata?
non fa per me. Va’. Corri
giustifico, se ’l chieggo.
Or vanne e de’ miei scherni,
perfido re... Che veggio!
varian anche gli affetti.
mi saranno i tuoi scherni.
Pirro, il figlio d’Achille,
l’ultimo addio ne prenda.
se tal chiami il sepolcro.
fortuna, apro il mio core.
T’inganni. In faccia a’ numi
che questa destra istessa, (Traendosi di seno uno stile)
con l’acciar che tu vedi,
Saggio sia più che forte;
Me ignaro, e ben tel dissi,
ragion ma in quella il sesso
con l’altrui sangue. Andiamo.
e sa chi è Pirro. Andiamo.
Ma... Il dirò pur, che dirlo
non vuole e le due estreme
O a me ingrata! O a te iniqua
non puoi, che a chi vuol morte
può su Astianatte, il tuo
Che fo? Qual laccio deggio
perdendo il caro oggetto,
non tue congiure, Oreste,
Pirro e s’egli era un degno
Tal ei non è che un’altra
nei lor figli, la gloria.
si accinge Ulisse! Estinti
Ma che risponde Ermione? (Si avanza verso Ermione)
e un dì queste, che or sono
vele apprestinsi e sarte.
Non più indugio. A le navi.
chiaro e immortal. Ma quanto
la penna altrui che finge
fia che pregio e chiarezza