e si taccia e si difenda).
Resti pur, resti al tuo core
del suo sdegno o del suo amore
dolce amore o sdegno acerbo
Mi abbandona la speranza;
fan più acerbo il mio dolor.
Con la morte di un tiranno
E dal trono a me usurpato
senza dirvi che vi adoro.
Tor da voi l’ultimo addio,
egli è un dir che per voi moro.
Con la destra il fido sposo
Con l’inganno e col valore
il mio core torna al regno.
braccio forte e scaltro ingegno.
Mi s’insidia e vita e impero;
ma mia pena assai più ria
sei pudica, hai nobil core;
ma il poter, più che l’amore,
ti fe’ sposa e ti fe’ mia.
se per te non sento ardor,
Se col labbro dir nol sai,
lo dirai con questo ardente
mio sospir che vien dal core.
S’io son rea, se infida io sono,
qui mi svena e ti perdono
la mia pena e i tuoi furori.
ma spergiura e scellerata...
ditel voi, miei casti amori.
Mora Fausta... Fausta? Oh dei!
Non vi ascolto, affetti miei,
S’ella offese il letto e il trono,
Non rispondo. Mi confondo.
Rea se parlo, rea se taccio.
Tutto è colpa al mio pensier.
con un foco, con un ghiaccio
Alma, di’, che far si può?
Che risolvo? Ancor nol so.
Vasta nave in mar turbato
Vola questa e toglie quella
e all’orror della procella.
Al mio core io vo dicendo
che infedel tu non mi sei.
Ti discolpo e ti difendo,
che tu sia qual ti vorrei.
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