Non ti chiamo al regno, al soglio
con la speme o con l’ orgoglio
ma col zelo e con la fede.
Perché l’alma più mi alletti,
quell’onor, che a me prometti,
sia tuo don, non mia mercede.
Bacio un brando a cui dovrò
Resta, iniquo, e resta in preda
al timor della tua sorte.
Certa è già la tua rovina
e ogn’istante ti avvicina
Son offeso; e tutta Menfi
corra stragi e cada esangue.
dell’intero egizio impero
lavi ’l pianto e tinga il sangue.
Di’ al tuo cor che io il voglio amante
quanto amar quel cor saprà.
Di’ al tuo amor ch’io il vo’ costante
Direi: «T’odio» ma non posso;
direi: «T’amo» ma non lice.
Da que’ rai che un tempo amai,
più non esce o fiamma o dardo
che mi accenda o che m’impiaghi.
Il lor pianto solo ha vanto
di far sì che all’odio mio
sieno cari e sembrin vaghi.
Vo’ dar vita a chi è il mio bene
Ma se il cor non potrà odiarlo,
Per saper s’io provo amore,
tu il dimanda. Ei tel dirà.
E se al cor non credi tanto,
vedi quanto e qual ei sia
sempre, o bella, avrai soggetto
col mio core anche il suo cor.
Ei t’inchina ed io ti adoro,
ei per legge del rispetto,
Di’ al tuo amor che aspetti un poco
tenga almeno acceso il foco
che vi resta ancor per me.
Oggi cada a’ piè del soglio
Forse allorch’io mentirò,
le vendette avrà il mio bene,
le sue pene avrà il crudel.
Vo’ contento il mio regnante,
da me avrà le sue vendette;
Perché morte? A lui, perché?
Basti a te l’avergli tolto
Son costante e non paventa
l’alma mia catene e morte.
che felice io più non sia
ma non già ch’io non sia forte.