Dirò ad altri: «Mio tesoro,
ma con l’alma il dirò a te.
In amarti, o mio diletto,
tradirò per troppo affetto,
Mi usciria per gran diletto
fuor del sen l’alma e la vita;
ma la sento al cor più unita
nello stringerti al mio petto.
Il mio giubilo, il mio orgoglio
è regnar sul tuo bel core.
Piacer, gloria, vita e soglio,
tutto tutto ho nel tuo amore. (Si ritira in disparte con Argonte e co’ tartari)
e il maggior de’ vostri figli,
ombre avite, ombre immortali,
di onorar non vi arrossite.
Sarai mio; (A Cino) (lo dico a te), (A Sivenio)
(E a chi parlo amor lo sa). (A parte)
Tu mio sposo (A Cino) e tu mio re, (A Sivenio)
servi al fasto ed all’ amore.
(Sol chi regna in sul mio core (A parte)
meco in trono ancor godrà).
Col mio labbro giura il campo...
Giura Cino e giura il regno.
Chi ci elegge in re la legge,
sarà il giusto e sarà il degno. (Tutti vanno a sedere a’ lor posti)
Io vassallo? Io giurar fede? (Si leva con impeto)
Non si serva con mia pena
Vaga fronte, ch’ostro cinga,
può dar crollo e far lusinga
Morte vuoi? Va’ pur, crudele.
Addio, cara. Addio, mia sposa.
Vado a vincere o a morir.
Vincerò ma più tranquille,
vo’ mirarvi e poi partir.
Vanne, segui il caro bene
nuncio a me della sua sorte.
Fra il timore e fra la spene
da te attendo o vita o morte. (Si parte)
non disperi del suo bene,
è in soffrir l’iniqua sorte.
Fa spavento alle sue pene
Tempo è già di armarti, o core,
Chi sa poi che non diventi
Alma amante, io vorrei pace
e la chiedo ad un ingrato.
crudeltà da un dispietato.
Per te sola il petto forte
sfida morte e non paventa.
La mia fede o solo chiede
te seguir nella tua sorte
Deh! Mi lascia un cor più forte.
Prendi il core in quest’amplesso
e in recarlo alla mia sposa
le dirai che per lei moro.
Dille poi che a me non dia
nel bel sen morte più ria
la pietà del suo martoro.
raro esempio al lieto Eliso.