le mie leggi al greco regno;
da una man che fu altre volte
la sua gloria e il suo sostegno.
Spargerò tutto il mio sangue
E per te cadendo esangue,
non poter per la tua gloria
Se un amico a me rendete,
meco ingiuste più non siete.
Ho pietà d’un core amante,
perché bramo anch’io pietà.
Quanti nodi e quanti ardori
stringa e desti un bel sembiante,
preso ed arso, il cor lo sa.
Regi affetti, ove tendete?
Dolci amori, a che penate?
So per chi, se ben nol dite,
S’egli è degno, a che tacete?
S’egli è vil, perché l’amate?
Addio, pensa e poi risolvi,
signor sei della tua sorte;
scegli vita o scegli morte;
ti condanna o pur t’assolvi.
Dal livor, che freme in corte,
più nimici, allorch’è forte,
e più macchie, allorch’è pura.
Che un gran merto in debil core
desta invidia e fa timore.
Se v’aggrada il pianger tanto,
una stilla di quel pianto
risparmiate ancor al mio cor.
Parto, o cari, e da voi chiedo
più costanza e meno amor.
non disarma il mio destino
ed accresce il mio dolor.