le mie leggi al greco regno.
da una man che fu altre volte
la sua gloria e ’l suo sostegno.
La cagion de’ suoi martiri
Ma se avvampo e fatta amante
vo gemendo ognor costante,
Se io potessi al caro bene
con le labbra mi legò. (Qui s’apre da tutti due i lati il gran padiglione, nel cui mezzo si vede un regio trono sontuosamente alla persiana addobbato)
Spargerò tutto il mio sangue
E per te cadendo esangue,
non poter per la tua gloria
più morir, mi attristerò.
Se un amico a me rendete,
meco ingiuste più non siete.
Ho pietà d’un core amante,
perché bramo anch’io pietà.
Quanti nodi e quanti ardori
stringa e desti un bel sembiante,
preso ed arso, il cor lo sa.
Regi affetti, ove tendete?
Dolci amori, a che penate?
So per chi, se ben nol dite,
S’egli è degno, a che tacete?
S’egli è vil, perché l’amate?
Addio, pensa e poi risolvi.
Signor sei de la tua sorte;
sciegli vita o sciegli morte;
ti condanna o pur ti assolvi.
Quando il bene è a noi vicino,
pur c’inganna la speranza,
s’in un punto dal destino
di disperde in lontananza.
Dal livor, che freme in corte,
più nemici, allorch’è forte,
e più macchie, allorch’è pura.
Che un gran merto in debil core
desta invidia e fa timore.
Se vi aggrada il pianger tanto,
una stilla di quel pianto
risparmiate anco al mio cor.
Parto, o cari, e da voi chiedo
più costanza e meno amor.
non disarma il mio destino
ed accresce il mio dolor.
saggio cor rimova il piede.
Che ministri fian di pene,
che sian falsi e menzogneri,
siane esempio la mia fede.
Del sovrano eroe d’Atene...
sparse in mare un mar di sangue;
de l’Egeo ne l’onde ultrici
tomba diede a l’Asia esangue.