Fa’ di me ciò che ti piace
Questo core e questa vita,
perch’è tua, sol m’è gradita;
a un tuo cenno ella soggiace;
quando vuoi, morir saprò.
Le dà fasto la grandezza.
Vago sei , volto amoroso;
ma ti affligge un non so che.
Dillo a me per tuo riposo;
quell’affanno e che cos’è?
Sento anch’io nel mio contento
che mi affligge un so che.
S’io nol so, che pur lo sento,
chi può dir che cosa egli è?
sono instabili ed infide;
alma saggia e cor ch’è forte
non disperi allor che piange,
non si gonfi allor che ride.
(Quanto vago è quel sembiante
che mi accende e m’innamora!)
(Ma più fida e più costante
è quest’alma che ti adora).
So che vuoi parlar d’amore;
sa piacer la tua favella.
Non dar luogo a rea speranza,
così vuol la mia costanza
e il tenor della tua stella.
Non lasciar d’amar chi t’ama,
sinché hai l’alma in libertà.
Quando avrai la fé di sposa,
schiva allora e disdegnosa,
l’onor servi e non l’amore,
saprò amar ma con più fede.
Scema il merto alla costanza
e il disio della mercede.
Care selve, a voi ritorno
Quello è pure il patrio monte;
questa è pur l’amica fonte;
e sol io non son più quella.
Pietà voglio anch’io da te.
Non sei quella e pure il core
va dicendo: «Quella sei».
Sul tuo volto io lieta miro...
Quella madre che sospiro.
Quella figlia che perdei.
Nel tuo volto ognor godrò.
Avrai parte nel mio core.
Al consorte il primo amore,
Vedi, o re, nel mio contento
la grandezza del tuo dono.
Così grande in me lo sento
che il poter di più bearmi
manca a te, manca al tuo trono.
Non partir da chi t’adora. (A Roberto)
Ad amar segui chi t’ama, (A Costanza)
che mi è caro il vostro amor.
De l’ardor, che in sen chiudete,
gelosia non sento ancora.
Con l’amor non mi offendete;
dolce ardor, nodo immortale,
stringi l’alma, annoda il core.
Bianca man, col tuo candore
di un bel core ancor fai fede.
Di quest’alma, ove amor siede,
spirto e vita è sol l’onore.